Reggio. Le legge di Caridi e Cannizzaro nell’inchiesta Alchemia: “I tuoi amici sono nostri amici”

Mentre il suo “rivale” Sandro Nicolò è uscito da poco dal tunnel degli arresti, e i suoi “colleghi” Marco Siclari e Domenico Creazzo passano le pene dell’inferno, Ciccio Cannizzaro paradossalmente stava vivendo il suo momento politico migliore (anche se le Comunali di Reggio sono andate decisamente male) sguazzando a destra e a sinistra, mettendosi le medaglie sul petto per i milioni che arriveranno per l’Aeroporto dello Stretto e rampognando addirittura Morra sul rapporto tra mafia e religione con tanto di lodi al Santuario di Polsi e alla sua “mafiosità”.

Più volte abbiamo commentato questo stato di cose con il fatidico “cose da pazzi” perché Ciccio Cannizzaro, figlioccio di Totò Caridi, lo sanno tutti chi è ma nessuno, proprio nessuno, avrebbe pensato che qualcuno si sarebbe preso la briga di sparare tre colpi di pistola alla vetrata della sua segreteria. Noi non sappiamo chi è stato e cosa ci può essere dietro ma sappiamo bene chi è il soggetto Cannizzaro e non abbiamo nessun problema a ricordarlo, con la speranza che prima o poi a Reggio la magistratura seria si “ricordi” anche di lui e non si faccia abbindolare da qualche “protettrice”, che evidentemente gli consiglia anche le “strategie” da utilizzare. Di seguito, una ricostruzione che mai come oggi ritorna di grande attualità. 

10 dicembre 2009, interno, notte. La scena è quella del capannone di Pantaleone Contartese, soggetto che per la Dda di Reggio Calabria è molto vicino alla ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. A quell’incontro a Limbadi, luogo di frontiera tra la ‘ndrangheta reggina e quella potentissima dei Mancuso, nel Vibonese, partecipano diversi soggetti in odor di ‘ndrangheta, su tutti Girolamo Giovinazzo, detto Jimmy, ritenuto il capo della cosca di Cittanova. A quell’incontro, però, partecipa anche Antonio Caridi, in quel periodo assessore comunale di Reggio Calabria e poi divenuto assessore regionale e senatore, fino al momento dell’arresto, nell’ambito dell’inchiesta “Mammasantissima”, poi confluita nel maxiprocesso “Gotha”.

Quella riunione, documentata dall’inchiesta “Alchemia” (anch’essa confluita in “Gotha”), è tra gli elementi principali che spingono i magistrati antimafia a portare avanti l’accusa di connivenza con la ‘ndrangheta di Caridi: si tratterebbe infatti di uno dei vari incontri tenuti per pianificare il supporto elettorale delle cosche all’uomo forte del centrodestra reggino.

Proprio nell’ambito del procedimento “Gotha”, l’ufficiale dei Carabinieri, Salvatore Farina, ripercorre quello strano rapporto tra Caridi e il suo staff e soggetti vicini alla ‘ndrangheta. All’incontro nel capannone di Contartese, infatti, partecipano, come è emerso già in sede di indagine, anche il factotum di Caridi, Peppe Iero (attualmente imputato), nonché il figlioccio politico di Caridi, l’attuale deputato di Forza Italia, Francesco Cannizzaro.

A quanto già emerso in sede di indagine, ora vanno aggiunti i particolari resi in aula al cospetto del Tribunale presieduto da Silvia Capone.

All’ora di pranzo di quel 10 dicembre 2009, Caridi parla infatti al telefono con Giovinazzo e i due definiscono i dettagli per la sera. Giovinazzo chiede: “Ma poi Francesco viene?”, “Francesco sì”, risponde Caridi e poi Giovinazzo dice testualmente: “Fai tu, i tuoi amici sono nostri amici, sei libero di fare quello che vuoi”. Il “Francesco” per gli inquirenti è proprio l’attuale deputato forzista, Francesco Cannizzaro, che effettivamente partecipa all’incontro.

Le indagini (e quanto emerso in aula) avrebbero provato il sostegno elettorale di Giovinazzo a Caridi, già a partire dal settembre 2009, fino alle Regionali del marzo 2010, che vedranno la stragrande vittoria di Caridi, nei ranghi del centrodestra di Giuseppe Scopelliti. Da Caridi, Cannizzaro avrebbe appreso molto in termini politici. E’ anche lui che, giovanissimo, si relaziona proprio con Giovinazzo, il quale dice: “Qua siamo tutti con Antonio”, cioè Caridi.

Diverse le riunioni prodromiche alle elezioni tra il gruppo Caridi e il gruppo Giovinazzo. Non solo nel capannone di Limbadi, ma anche in luoghi molto più ameni. Come il lussuoso “Uliveto Principessa Park Hotel”. Nella struttura ricettiva, Jimmy Giovinazzo sarebbe stato di casa. E, di conseguenza, anche Caridi & co.. Incontri politici, convegni, riunioni, ma non solo, a detta del carabiniere Farina: “Giovinazzo ha messo a disposizione spesso delle stanze o bungalow, o comunque le strutture anche per pranzi, cene o comunque attività che non erano istituzionali, erano finalizzate a questioni private”. Caridi, Cannizzaro e altri avrebbero utilizzato, ospiti di Giovinazzo, i locali dell’Uliveto Principessa anche per incontri di natura personale e privata: “I locali messi a disposizione della struttura Uliveto Principessa Park Hotel da parte di Giovinazzo Girolamo a favore di Caridi o Cannizzaro sempre erano per fini istituzionali, anzi” riferisce in aula Farina.

Perché, come dice Giovinazzo a Caridi, “i tuoi amici sono nostri amici”. Funziona così, nella Piana di Gioia Tauro. Proprio dove, quasi dieci anni dopo, il candidato Cannizzaro farà il pieno di voti, diventando deputato della Repubblica…

Fin qui l’ottimo collega Cordova, che all’epoca (era gennaio 2019 neanche molto tempo fa) aveva sollecitato anche un ottimo (purtroppo senza seguito) intervento dei Cinquestelle… “Il caso Cannizzaro ci fa riflettere, fa riflettere il Meetup Reggio 5 Stelle cittadini attivisti di Reggio Calabria, la città simbolo del sud nefastamente nota per i primati da ‘Ndrangheta.

Noi siamo quelli che hanno denunciato tutto ciò che va contro i valori del Movimento 5 Stelle, valori in cui crediamo e ci siamo sempre battuti anche esponendoci al fuoco amico.

In un articolo traspare la giusta indignazione di chi non ha paura di raccontare i fatti per come sono, senza filtri, per poi constatare l’assordante silenzio di tutti, associazioni a tema comprese.

Noi rispondiamo al Dispaccio da cittadini, liberi e consapevoli di cosa sia la ‘ndrangheta per Reggio e per il mondo intero questa piaga dilagante che si chiama mafia. Rispondiamo dicendo che sottoscriviamo ogni parola scritta e che faremo del nostro meglio per mettere tra le priorità del nostro operare civico la lotta alla criminalità organizzata.

Poniamo la nostra fiducia nel Ministro della Giustizia Bonafede che siamo sicuri non si girerà dall’altra parte e nel Senatore Nicola Morra Presidente della Commissione Antimafia il quale conosce bene l’argomento e di cui siamo certi che sarà presente e persistente anche a Reggio”. Meetup Reggio Cinque Stelle – Amici di Beppe Grillo