Cosenza, omicidio Ruffolo: arrestati esecutore e mandante

Svolta sull’omicidio di Giuseppe Ruffolo, ucciso a Cosenza, nel quartiere di Città 2000 (all’inizio di via degli Stadi) nel novembre del 2011 a colpi d’arma da fuoco. Due persone – esecutore e mandante – sono state arrestate dalla polizia di Stato a conclusione di indagini svolte dalle squadre mobili di Cosenza e Catanzaro e dal Servizio centrale operativo e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, sotto la guida del procuratore capo Nicola Gratteri.

Si tratta di Roberto Porcaro e Massimo D’Elia. I due sono accusati di omicidio aggravato dal metodo e dall’agevolazione dell’associazione mafiosa, oltre che di porto illegale di armi. L’indagine, suffragata dal contributo delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, avrebbe permesso di ricostruire le dinamiche maturate in seno al clan mafioso Lanzino-Patitucci che avrebbero poi portato al delitto.

Roberto Porcaro

In passato Ruffolo era finito nelle maglie della giustizia assieme al padre, entrambi titolari di un’agenzia di trasporti, perché ritenuti entrambi responsabili di alcuni episodi di usura ed estorsione nei confronti di un dipendente pubblico della città.I dettagli dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11, negli uffici della questura di Cosenza, alla presenza del questore e degli investigatori degli uffici impegnati nelle indagini.

Due gli elementi su cui gli investigatori si erano concentrati all’epoca dei fatti. Anzitutto il litigio che Ruffolo aveva avuto poco prima dell’agguato mortale, probabilmente per una richiesta di soldi, una “tassa” che l’imprenditore non aveva voluto pagare tanto da aggredire chi s’era permesso di chiedergliela.

E poi lo scooter con cui è stato compiuto l’omicidio…

C’è poi lo scooter Yamaha Majesty in sella al quale l’assassino ha colpito Ruffolo bloccato nel traffico al volante della sua fiammante Giulietta nera. Il proprietario della moto, già individuato così come quanti hanno usato il mezzo negli ultimi mesi, è stato sentito dagli agenti ai quali però pare avere dato una versione non troppo convincente. Stesso discorso per gli altri cinque, tutti cosentini, che si sono passati di mano in mano il dueruote.

Nelle tasche di Ruffolo era stato trovato anche un pezzo di carta con nomi e cifre appuntati.

Gli inquirenti hanno ascoltato la versione dei congiunti di Ruffolo che era stato da poco rimesso in libertà dopo l’arresto del marzo 2010, quando finì in manette anche il padre, per una storia d’usura. Pure su questo terreno gli agenti stanno lavorando con attenzione, così come non stanno tralasciando altre ipotesi che però col passare dei giorni perdono consistenza. (…) Qualcosa in più è invece venuta fuori dal foglietto contenente nomi e cifre che Ruffolo aveva in tasca e che è stato anch’esso sequestrato dagli investigatori, così come altri oggetti personali.