Cosenza, operazioni antidroga. Spina: tutto fumo e niente coca

Avevo appena comprato (a Cosenza si dice: è fattu na storia), per poi rivenderli e alzarci la fumata, 30 grammi di fumo e 10 di erba da un pusher che conosco da sempre, e felice e contento mi sono avviato verso casa. Tempo 10 minuti dallo scambio con il pusher, arrivato nei pressi della mia abitazione, vengo avvicinato da due persone che si qualificano come poliziotti. Buongiorno mi dicono, e favorisca i documenti. Porgo loro il documento d’identità, e senza neanche aprilo, mi dicono: dove hai nascosto la droga? Quale droga, dico. Non fare il furbetto replicano, lo sappiamo che ce l’hai. E mi “invitano” a seguirli in questura. I due, che erano in borghese, durante il tragitto in macchina si mostrano gentili e generosi di consigli: “ti conviene tirala fuori adesso, altrimenti, una volta in questura, saremo costretti a farti una bella ed approfondita perquisizione”.  

Ok dico, e tiro fuori la “storia”… e aggiungo: è tutto quello che ho. Una volta giunto in questura, dopo le formalità di rito durate alcune ore, vengo rilasciato con una bella denuncia e l’obbligo di firma. È chiaro che a “denunciarmi” è stato il mio pusher, lo stesso che mi aveva venduto il fumo dieci minuti prima, nessun altro poteva sapere della “storia”, e l’arrivo dei poliziotti in borghese sotto casa mia, non mi è sembrato per niente casuale. Ho capito dall’ esagerata soddisfazione che mostravano i poliziotti di fronte al loro superiore, per il sequestro dei miei 40 grammi di fumo, manco fossi stato Escobar, che il pusher, in cambio della sua “libertà”, mi aveva venduto agli sbirri. È evidente che i poliziotti avevano bisogno di rientrare in questura con un sequestro e un arresto, e gli serviva qualche caggio da incastrate – qualcuno nella tagliola ci deve finire, devono fare numeri -, e il pusher per salvarsi ha pensato bene di fare il mio nome. L’ultimo coglione al quale aveva appena venduto 40 grammi di fumo”.

“Tutti sanno che a Cosenza la malavita obbliga tutti i pusher a comprare ogni tipo di droga da loro. Anche il fumo.  Un fumo di scarsissima qualità che pagano poco più di un euro al grammo e che rivendono a noi pusher a non meno di 5 euro al grammo. La qualità di questo fumo è talmente scarsa che tutti i consumatori lo conoscono come il “puzzone”, e viene venduto in piazza a 10 euro al grammo.  A chi piace consumare della sana e salutare marijuana si tiene lontano da questo insano prodotto. Ed è proprio partendo da questo ragionamento che ho deciso di mettermi in proprio. Il puzzone non fa per me, ma non fa anche per tanta altra gente ho pensato, conoscendo bene l’ambiente cosentino: in città c’è bisogno di uno spaccio di qualità. E così ho iniziato a viaggiare tra Cosenza e Napoli, “trasportando” in città diversi etti di fumo di alta qualità. Ho pochi e selezionati clienti ai quali cedo non meno di 30 grammi a storia. Non spaccio la “dieci”. E gli affari vanno a gonfie vele. Compro a 7 euro e rivendo anche a 15 euro al grammo. Ma la “fama del mio fumo” non ci ha messo molto a giungere alle orecchie dei “cristiani” che, a meno di un mese dall’apertura della mia attività di spaccio, si sono presenti sotto casa mia. “Scusa compà ta putimu dì na cosa”, mi hanno detto avvicinandosi a me con fare minaccioso. “Vida ca sta marcannu mali, si vu spaccià ti devi servire da noi. Ni simu capiti? Chistu è u primu e l’ultimo avvertimento”. Ok ho detto: messaggio ricevuto, chiudo subito bottega. E così ho fatto. Ho informato i miei clienti della sospensione del servizio, e me ne sono tornato alla vita tranquilla. Ma è durata poco. Pressato dai clienti ho continuato, con qualche maggior accorgimento, dopo una settimana dall’incontro con i cristiani, a spacciare un po’ di grammi di fumo. Fino a quando una mattina mentre uscivo di casa si sono presentai davanti a me tre persone.

All’inizio ho pensato: eccoli che arrivano, pensando ai “cristiani”, e mo’ mi pestano, ma non appena giunti davanti a me la situazione è stata chiara. Buongiorno polizia, dobbiamo procedere ad una perquisizione presso la sua abitazione. Prego accomodatevi, ho detto, pensando già che una volta sopra avrebbero trovato due panetti di fumo, per un totale di 200 grammi. E così è stato. Sequestro, denuncia e arresti domiciliari. Come sono arrivati a casa mia l’ho capito subito. I cristiani che mi hanno minacciato, non potendo passare alle vie di fatto contro di me in questo momento delicato per la malavita cosentina, hanno pensato bene di vendermi alla polizia. Troppi arresti, troppi pentiti, tutti si sentono sotto controllo e gira voce di possibili altre retate, non conviene fare strusciu, hanno pensato. A casa mia sono arrivati direttamente e a colpo sicuro. Qualcuno gli ha detto che spacciavo, e non è stato certo un mio cliente. È stato l’avvocato a spiegarmi che su di me non c’è stata nessuna indagine preventiva, ma una “segnalazione”. Tutto questo sta bene alla malavita e alla polizia, che così fa vedere alla gente che lavora… tanto a finire nei guai siamo sempre noi, mentre i cristiani continuano a spacciare tranquillamente e a vendersi le persone. Io ora non spaccio più. Lo compro per me, e me lo fumo. A tutti i pusher do un consiglio: non vi fidate di nessuno, a Cusenza su tutti cantari e confidenti”.

Queste sono due storie vere che ben rappresentano quello che sta succedendo, in merito alla repressione dello spaccio, in città. In queste due storie, simili a tante, i protagonisti sono sempre gli stessi: il confidente protetto dalla polizia che spaccia tranquillamente, il pusher di serie Z o quello che vende sottobanco che finisce in galera, e il fumo. Che corrisponde al copione che sta seguendo la mobile comandata dal questore Spina. A conferma di ciò, l’intensa attività della questura, nell’ultimo mese, tutta incentrata sulla repressione dello spaccio in città, con tanti sequestri e arresti. Nell’ultima settimana viaggiano al ritmo di un sequestro al giorno.

Ma quello che nessuno evidenzia è che in queste brillanti operazioni si sequestra solo fumo e erba. Nella città dove è acclarato che si consuma più cocaina che farina ppè i lagani, la cosa suona strana. E speriamo non solo a noi. I segugi della mobile, aizzati dai confidenti, scovano persino “laboratori della droga” dove si fabbricano spinelli, ma non hanno mai trovato un covo dove si spaccia cocaina a etti. Eppure tutti dicono, procuratore capo in testa, che a Cosenza scorrono fiumi di cocaina, ma il dottor Spina non ne trova neanche un grammo. A sentire i tanti pentiti l’attività principale della malavita cosentina è proprio lo spaccio di coca, ma Spina trova solo fumo e erba. Ogni tanto qualcuno gli fa trovare non più di 10 grammi di coca confeziona a bustine di un grammo di cui almeno 6 sono sostanze da taglio, giusto per non farla troppo sporca. Poco a fronte del consumo medio che, a Cosenza e provincia, gli esperti stimano in due chili a settimana. Restando bassi. Sta cosa suona strana solo a noi? Senza voler accusare il dottor Spina di niente, men che meno la mobile, magari è colpa dei confidenti che si cantano solo i venditori di fumo, la sua azione di contrasto allo spaccio, a guardare i risultati che sono oggettivi, si potrebbe definire: “tutto fumo e niente coca”.