Cosenza, piazza Fera/Bilotti: le “cantate” di Barbieri

L’imprenditore Giorgio Barbieri è stato in carcere per due mesi nel 2017 prima di ottenere il beneficio degli arresti domiciliari. E poi ancora un altro mese a febbraio di quest’anno. Per uno come lui abituato a ville, palazzi storici, ristoranti, grandi alberghi e quant’altro, dev’ essere stata dura sopportare le restrizioni che la cella impone.

Abituato com’è ad essere servito e riverito, la casanza gli sarà parsa un luogo infernale. Deve fare tutto da solo. Pulire, lavare, rifare il letto. Dalle nobili frequentazioni con politici di rango, aristocratici, banchieri, imprenditori, passare all’ora d’aria con spacciatori, ladri, assassini, non deve essere stato per lui cosa facile. E per giunta siamo già alla terza esperienza, per cui le condizioni mentali del soggetto saranno davvero allo stremo.

Una cosa dalla sua però ce l’ha: a ‘mmasciata. Sì la ‘mmasciata che i boss hanno fatto arrivare fin dentro le celle dove è stato recluso Barbieri a tutti i picciotti: don Giorgio è cosa nostra e va trattato con riguardo.

Intanto, il Gip nel formulare le motivazioni che lo avevano costretto a restare in cella, prima delle inevitabili “cantate”, aveva dipinto un Barbieri non solo intraneo alla cosca Muto, e quindi un uomo d’onore a tutti gli effetti, ma anche fortemente ammanicato con la pubblica amministrazione corrotta senza la quale non avrebbe mai potuto gestire e farsi affidare appalti, e così scrive.

“… Barbieri e Longo (il suo storico braccio destro, ndr) nel tempo hanno messo in piedi una rete relazionale pervasiva e stratificata che trova sponda fertile anche negli apparati amministrativi con i quali interloquivano nel corso degli anni, sì da poter anche su costoro adoperarsi per inficiare la genuinità delle acquisizioni documentali e dichiarative operate”.

Giorgio Ottavio Barbieri

In sostanza, scrive il Gip, senza l’aiuto di Occhiuto, e dei suoi dirigenti, per quel che riguarda l’appalto di piazza Fera/Bilotti a Cosenza, Barbieri non avrebbe potuto fare quello che ha fatto.

Il famoso livello politico che ancora in questa inchiesta manca.

Si dice che Barbieri, in queste sue brutte esperienze con il carcere, abbia ricevuto diverse visite da parte dei pm che seguono l’inchiesta, e che lo stesso pur di avere una misura meno afflittiva abbia dimostrato la sua disponibilità a collaborare. Tant’è vero che ha ottenuto i domiciliari in entrambe le circostanze.

Quello che i pm vogliono sapere è chi sono i politici coinvolti nei suoi intrallazzi. E Barbieri li ha accontentati, parlando dei suoi rapporti con Occhiuto e con gli altri soggetti politici della Regione, Oliverio in primis, responsabili degli appalti di Lorica (nuova funivia) e Scalea (aviosuperficie).

Pare che Giorgio non l’abbia presa bene quando ha saputo che Occhiuto (all’epoca della prima carcerazione) lo ha rinnegato negando di averlo frequentato. E pare che Giorgio sia saltato dalla sedia quando ha letto che il suo arresto, secondo Occhiuto, è da addebitarsi alla sua ingenuità e alla cattive compagnie.

Pare siano state proprio queste parole a convincere un Barbieri deluso a raccontare per filo e per segno ai pm i suoi legami e gli intrallazzi messi in piedi con Occhiuto. Dalle serate romane prima dell’affidamento dell’appalto, fino all’assegnazione della gara.

Ora Barbieri è di nuovo in carcere e vedremo se ancora una volta le dichiarazioni dei cosiddetti “pentiti” (tra i quali Barbieri è diventato una specie di numero uno) saranno sufficienti per escludere dalla pubblica amministrazione chi, come Occhiuto, lucra indisturbato da più di sette anni.