Cosenza Pride, la Patatina: sì ai party (a vigna), no ai gay

Da quando il sindaco Occhiuto ha comunicato il suo No al patrocinio comunale al Cosenza Pride, tutti si sono rivolti a lei chiedendole di prendere una posizione. La lei in questione è Eva Catizone, da noi detta Evelina la patatina. Tutti si rivolgono a lei perché è stata il primo sindaco di Cosenza a parlare di laicità delle istituzioni, di sovversione, di moltitudini che si incontrano, di diritti civili. E tutti si aspettavano e si aspettano dalla Patatina una presa di distanze, chiara e netta, dal No di Occhiuto.

Ma la Patatina, poverina, non se la sente di mettersi contro il suo capo, del resto gli accordi con Occhiuto sono chiari: la consulenza in cambio del totale asservimento ai suoi voleri. Con perdita di dignità inclusa.

E’ dura per chi come la Patatina è abituata ad atteggiarsi a persona emancipata restare in silenzio in questo momento.  Soprattutto alla luce dello squallore che sta venendo fuori dalle legioni di fake che Occhiuto ha sguinzagliato sui social. Un orrore di scritti che rivelano in tutta la loro conclamata ignoranza il vero volto dell’occhiutesimo. Quello che nascondono in tempi di elezioni e che tirano fuori quando il tuo voto non gli serve più. Un mix di razzismo, omofobia, pregiudizio, paura, espresso da chi giustifica la propria intolleranza verso il diverso, appellandosi ad una presunta ostentazione di “facili costumi” che questo genere di manifestazioni porta con se. Un orrore di concetto che meriterebbe solo una fragorosa pernacchia. Tanto è ipocrita.

Dei facili costumi di questa corrotta classe politica che ci ha ridotto in mutande (a proposito di facili costumi), invece non vi scandalizzate? L’importante è apparire. Se ti vesti bene e rubi 50mila euro al Comune come ha fatto Cirò, nessuno si scandalizza, ma se a rubare i 50mila euro fosse stato un gay con le piume di struzzo, oppure nu nivuru, o nu piddrizzuni locale, allora sì che lo scandalo sarebbe scoppiato. E’ così che ragionano gli occhiutiani. E’ l’abito che fa il monaco. Infatti gli intellettuali mobilitati da Occhiuto parlano di tolleranza. Sapendo bene che tale termine mal si adatta alla comprensione o all’inclusione. Tollerare vuol dire sopportare. E questo ti fa capire la filosofia di fondo dell’occhiutesimo.

La Patatina non può fare e dire niente, altrimenti addio alle tartina al caviale e allo scampagnino a vigna tutte le sere. Meglio i party (a vigna) che i gay.

E così abbiamo deciso di chiederle una sua presa di posizione in versi:

Patatina patatosa, di vestito color rosa dimmi un po’, che ci hai da dì?

Non favelli, ti sta cì?

Patatina patatosa, dicianilla ancuna cosa

la parola si è bloccata, tiani à lingua ‘nturciniata?

Patatina patatosa, con la coscia un po’ bramosa

se è la tua è petalosa, se è di un gay è scandalosa.

Patatina patatina, un pochetto birichina libertaria e libertina, ù stipendiu è na ruvina.

Fa cangiari à vista ì l’uacchi, e la coerenza ti l’ammucchi

proporremo alla bisogna, darti il premio d’à vrigogna.

Patatina stai silente, ma lo vuoi o no l’aumento?

fossi in te io lo direi, W il Maschio abbasso i gay.