Cosenza, una città di benestanti

Nella corsa ai rincari di quest’ultimo anno, Cosenza, nostro malgrado, risulta la città, che più delle altre, ha aumentato il costo di diversi servizi. Secondo l’Unione Nazionale Consumatori, che ha stilato la classifica completa delle città con i maggiori rincari per quanto riguarda servizi di alloggio, di ristorazione, cibo e bevande, elaborando i dati Istat relativi all’inflazione, Cosenza primeggia per i rialzi sul carrello della spesa. Ristorazione +11,5%, cibo e bevande +14,6% in più rispetto all’anno scorso. E a questi rincari si aggiunge anche il costo del caffè. A dire che Cosenza è la città con la “tazzina del bar” più cara del Sud è Assoutenti. Stando ai dati ufficiali forniti dal Mimit, Assoutenti afferma che a Cosenza il caffè al bar è aumentato addirittura del 36,4%, passando da una media di 0,88 euro del 2021 agli attuali 1,20 euro.

Che il costo della vita è in continuo aumento, e nessuno sembra poterlo fermare, lo hanno capito tutti gli italiani che vivono onestamente del proprio lavoro. Lo stipendio vale sempre meno, e arrivare alla terza settimana è una impresa al limite della sopravvivenza. Gli indiscriminati e ingiustificati aumenti di servizi primari quali luce, gas, mutui, benzina, hanno creato enormi buchi nei bilanci economici di milioni e milioni di famiglie italiane, costrette a tirare ancor di più la già tirata cinghia. Il caro vita colpisce tutti. Ed è chiaro che incide di più sul lavoratore dipendente, sul precario, sul sottopagato, sul lavoratore a nero, sulla partita Iva, sul lavoratore a progetto e chi più ne ha più ne metta. Ma in tutto questo ai cosentini è toccato una sorte ancora peggiore: subire anche il rincaro sul rincaro. Il perché di questi aumenti sugli aumenti, A Cosenza, francamente non si spiega. Fosse stata Dubai dove gira solo gente “ccura guagna” che non teme certo gli aumenti, avremmo capito. Ma a Cosenza dove la disoccupazione è alle stelle e lo stipendio medio in una azienda privata si aggira sui 1000 euro al mese e 1300 al mese nel pubblico impiego, dove non esistono attività produttive di rilievo, ne centri economici e finanziari, l’aumento sull’aumento proprio non trova nessuna giustificazione.

Come mai un prodotto alimentare a Cosenza costa il 6/7% in un più rispetto alle altre città italiane? Chi ha deciso questo aumento sull’aumento che caratterizza Cosenza: le aziende produttrici, o il proprietario del supermercato? Non siamo degli esperti, ma sappiamo che gli aumenti dei prodotti di largo consumo devono tener conto del reddito pro capite degli abitanti del luogo. E Cosenza non ha i “parametri giusti”, in materia di reddito pro capite, tali da far pensare ad una ricchezza diffusa da giustificare il rincaro sul rincaro. Nelle città dove il reddito pro capite è il doppio del nostro, gli aumenti sugli aumenti non ci sono stati. Da noi un aumento di 100 euro al mese sulle spese quotidiane, determinano il passaggio, per una famiglia, dalla condizione economica di sopravvivenza, all’indigenza. Mentre per chi guadagna il doppio di un lavoratore cosentino, un aumento di 100 euro può essere sopportato.

Come spiegare allora questi aumenti sugli aumenti? Forse il “mercato locale” ha annusato che a Cosenza a guagna gira, nonostante statistiche, dati, sondaggi, e numeri che dicono il contrario. Siamo, per il mercato locale, una città povera del povero Sud, solo sulla carta. Per il mercato ce lo possiamo permettere di pagare un rincaro sul rincaro. E lo conferma il podio nella classifica dei rincari sulla spesa e il ristorante. Potrebbe essere così. Altrimenti come? Siamo una città di benestanti, per chi decide gli aumenti sugli aumenti, che non bada ai rincari sui rincari, anche se in tanti non lo sanno.