Depurazione, la grande bufala dell’attentato: il gip Carpino sbugiarda Granata e l’amica della moglie

Da sinistra: Ettore Bruno, il solito assessore di Occhiuto, Vizza e Maximiliano Granata

Il Tribunale di Cosenza sezione Gip/Gup ha emanato un’ordinanza il 15 settembre 2015.

L’ha firmata il giudice per le indagini preliminari Salvatore Carpino.

E’ un’ordinanza molto importante al fine di valutare l’operato di chi vorrebbe continuare a gestire servizi delicatissimi come la gestione della depurazione delle acque reflue (con annessi impianti) e il Consorzio Valle Crati.

Il giudice Carpino ha rigettato una richiesta di arresto (misura cautelare coercitiva) nei confronti di Francesco Pezzulli proposta dal pm Donatella Donato sulla scorta di una denuncia del presidente del Consorzio Valle Crati Maximiliano Granata, il quale prima ha subito un attentato incendiario alla sua autovettura e poi ha abilmente pilotato i sospetti sull’indagato “ideale”.

Lo ha fatto con piena consapevolezza. Gli era stata portata davanti una polpetta avvelenata e l’ha rispedita al mittente. Motivandola con tutti i crismi.

imgtrib IL TESTIMONE NON DICE NIENTE

Partiamo dal testimone oculare dell’incendio dell’autovettura, Francesco Greco, che, riconvocato in procura, confermava di non poter riconoscere con assoluta certezza l’autovettura di Pezzulli.

“… Tenuto conto del fatto che “l’identità” riscontrata da Francesco Greco è limitata al modello ed al colore dell’autovettura visionata, non può, evidentemente, attribuirsi il necessario grado di “certezza” al riconoscimento effettuato dal Greco, salvo ipotizzare (ma mancano i relativi riscontri) che L’UNICA autovettura Peugeot 106 esistente di colore rosso e con determinate caratteristiche strutturali, sia quella in uso a Francesco Pezzulli…”.

Non solo.

“In assenza dei necessari riconoscimenti in ordine ai soggetti che si trovavano a bordo dell’autovettura in questione (il Greco precisava di non essere in grado di riconoscerli), non può neppure escludersi che il Pezzulli quella sera non era, in realtà, a bordo dell’autovettura”.

“Si ritiene, in definitiva, che il quadro accusatorio nei confronti del prevenuto non sia affatto sufficiente per affermare, con la dovuta tranquillità, il suo coinvolgimento (diretto o indiretto) nel grave danneggiamento dell’autovettura in uso a Maximiliano Granata”.

LE INTERCETTAZIONI

Non manca neanche il tentativo di cogliere in fallo Pezzulli attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali. E che ci vuole? Il problema è che nessuna di queste si dimostrerà utile ai disegni di Granata. E quella che viene citata nell’ordinanza è al limite della barzelletta. Il pm Donato cerca a tutti i costi di dimostrare che Pezzulli sia interessato ad un articolo della Gazzetta del Sud sull’attentato a Granata.

Ecco le frasi-chiave.

“Prendi la Gazzetta”… “La Gazzetta devi prendere”… “La Gazzetta, ha detto, compra la Gazzetta, hai capito?”…

“La conversazione – scrive il gip Carpino -, pur potendo indicare una sorta di “interessamento” del Pezzulli alla vicenda incendiaria ai danni di Granata (il quotidiano “Gazzetta del Sud” il giorno dopo in cui è avvenuta la conversazione, aveva pubblicato un articolo di cronaca in cui si parlava dell’atto intimidatorio nei confronti del Granata e delle ricerche da parte delle forze dell’ordine di un’autovettura utilitaria di colore rosso), non è però di certo indicativa, stante la sua assoluta genericità del coinvolgimento di Pezzulli Francesco nella vicenda de quo…”.

Granata e Occhiuto
Granata e Occhiuto

LE PRESUNTE MINACCE

Leggere l’ordinanza con la quale il gip Carpino scagiona completamente Pezzulli, scusate la franchezza, è una goduria…

“Ciò premesso, deve ritenersi insufficiente, in assenza di riferibilità al prevenuto del danneggiamento mediante incendio dell’autovettura in uso al Granata, il quadro indiziario nei confronti di Pezzulli Francesco, con riguardo alla contestazione di tentata estorsione. Invero, le altre condotte ipotizzate nei confronti del Pezzulli (minacce telefoniche dal contenuto ingiurioso e incontro avvenuto a piazza Europa) non presentano, pur tenendo conto delle circostanze esistenti al momento del comportamento posto in essere dall’indagato ed il contesto in cui lo stesso veniva a realizzarsi, i requisiti dell’idoneità ed univocità degli atti necessari per la configurabilità del delitto tentato”.

“In particolare, con riferimento all’unico messaggio di testo (sms) inviato da Francesco Pezzulli al Granata (“Favanculo cacagliusu”, (ovvero vai a quel paese, balbuziente, ndr), la persona offesa, nella circostanza, non ha riferito di altri “contatti” telefonici dello stesso tipo con l’indagato), appare evidente come il significato del linguaggio e del messaggio, pur considerando le abitudini locali, non possa considerarsi nè idoneo nè soprattutto univoco per configurare i “segni del delitto di estorsione programmato”.

Per quanto riguarda, poi, l’incontro di persona tra il Granata ed il Pezzulli, in Cosenza nei pressi di piazza Europa, è la stessa persona offesa a riferire del contenuto “chiarificatore” dell’incontro medesimo, avvenuto in assenza di una qualsivoglia minaccia (manifesta o implicita, palese o larvata, diretta o indiretta, reale o figurata, orale o scritta, determinata o indeterminata) nei confronti del Granata. 

Ferdinando Aiello
Ferdinando Aiello

FERDINANDO AIELLO

“Rimangono da esaminare – scrive ancora il gip Carpino – le sollecitazioni da parte del Pezzulli nei confronti del parlamentare Aiello Ferdinando (anche tramite il suo autista Girimonte Amedeo), dirette a risolvere i suoi problemi lavorativi con la società che gestisce il depuratore. Deve rilevarsi, al riguardo, che l’indagato era stato assunto presso questa società proprio su segnalazione dell’onorevole Aiello.

Ebbene, la decisione del Pezzulli di rivolgersi all’onorevole Aiello, già intervenuto in favore dell’indagato per la sua assunzione, rientra nella prassi deprecabile, ma purtroppo diffusa, della “segnalazione e/o raccomandazione” per risolvere i propri problemi di carattere burocratico. Questo atteggiamento, di contro, non pare davvero rilevare ai fini della configurabilità del delitto di tentata estorsione nei confronti del Granata”.

Siamo all’epilogo. Ancora dolci parole per Pezzulli e mazzate in testa agli autori del “complotto”.

“In conclusione, questo giudice ritiene che, in assenza di altri riscontri investigativi, gli elementi posti a fondamento della richiesta di misura coercitiva non possano considerarsi sufficienti per fondare un giudizio di sussistenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’indagato”.

Il pm Donatella Donato ha proposto appello al Tribunale di Catanzaro dieci giorni dopo la “mazzata” di Carpino. Il processo è in corso e non sarebbe male che tenesse conto anche delle inchieste della procura di Cosenza nei confronti di questo mentecatto e delle sue squallide coperture giudiziarie.

3 – (continua)