Francesco Patitucci: uno strano arresto

Francesco Patitucci (foto Cn24tv)

E’ psicosi pentiti a Cosenza. Un vociare nei quartieri e per le vie della città continuo e costante. Argomento: chi si è pentito oggi? E giù di supposizioni e ipotesi.

Un susseguirsi di analisi “comportamentali” di questo o quel malandrino la cui interpretazione mira a comprendere chi rientra ancora nei canoni malandrineschi e chi no, ovvero: chi si è pentito o sta pentirsi, e chi no.

Già, perché è dal comportamento del malandrino che si capisce la via che sta per intraprendere. Certo è che per cogliere queste “sfumature”, bisogna conoscere codici e liturgie di questa sottocultura. Conoscenza che deriva da due fattori: o perché condividi a guapparia e ne fai parte, e quindi capisci subito se c’è qualcosa che non va nel tuo compare; o perché la guapparia la vivi tutti i giorni, tuo malgrado, e sulla tua pelle, ed hai imparato a conviverci. E questo ti ha reso un “esperto” in materia.

Allora, chi meglio di chi vive nei quartieri sa cogliere queste sfumature? Nessuno. Perché è nei quartieri popolari che sopravvive ancora questa sottocultura. Alimentata dalla disoccupazione, dalla miseria, dalla disperazione di cui i nostri quartieri sono pieni. Purtroppo. E che i nostri politici non vogliono vedere. La voce del quartiere difficilmente sbaglia. E non mi riferisco al mero pettegolezzo.

Da tempo oramai a Cosenza questo fenomeno del pentitismo ha raggiunto livelli altissimi. Siamo, in proporzione, la città con più pentiti d’Italia. Non c’è retata a Cosenza dove, dopo gli arresti, non escono 2 o 3 pentiti. Questo oramai la gente lo sa, ecco perchè non appena arrestano qualcuno subito si “attenziona”. Tutto il quartiere è affacciato alla finestra a scrutare comportamenti e azioni del “giro” dell’arrestato per capire se sta scivulannu. Così è stato anche per l’arresto di Francesco Patitucci. Un arresto che è suonato strano a tutti.

Franco Pino
Franco Pino

Francesco è da sempre nu guagliuni i malavita. Cresciuto sotto l’ala protettrice di Gianfranco Ruà, nella potente cosca che fu di Franco Pino. Una testa calda a detta di tutti. Spesso sopportato dalla stesso Pino per amuri i Ruà.

La sua specializzazione è sempre stata l’estorsione. Patitucci da che bazzica il giro, è stato coinvolto in tutte le inchieste che riguardano i clan a Cosenza. Dal Garden in poi, fino a Terminator 4. Ha riportato molte condanne. E gli investigatori lo dipingono come un pezzotto della mala cosentina. Nella seconda guerra di mafia è il suo nuovo gruppo a vincere: Lanzino/Patitucci/Gatto.

Un messaggio chiaro anche all’allora nascente gruppo degli zingari: noi ci siamo, e a Cosenza ci devono dare conto. Una ascesa criminale quella di Patitucci che lo porta, dopo gli arresti di Lanzino e Presta, a diventare il referente unico del clan, perché ancora in libertà.

Il boss Lanzino
Il boss Lanzino

Ma Patitucci, si dice, fa di testa sua. Intasca e non divide. Fa quello che gli pare e non dà conto a nessuno. Se decide di estorcere questo o quel commerciante, lo fa e basta. Guai a chi gli dice qualcosa. Negli ultimi tempi non stava simpatico quasi a nessuno. Visto il suo comportamento.

Gira anche da qualche mese una voce che vuole che dalla bacinella del clan siano spariti 300.000 euro. O meglio, non sono stati mai versati. Qualcuno indica Patitucci come il responsabile di questo “mancato versamento”. E la pressione, per sapere che fine hanno fatto questi soldi, su di lui, da parte dei sodali, aumenta. Si dice di lui che ultimamente fosse in giro in continuazione a rastrellare soldi. Quasi come chi sta facendo le valige per partire per sempre, sapendo di non tornare più, e allora si ricoglia tuttu chiru ca si po’ ricoglia.

Addirittura “il quartiere” dice che anche il suo faraonico matrimonio è stato fatto per raccogliere denaro. Che leggenda vuole abbia racimolato quasi 150.000 euro.  Buste da mille euro e passa. Insomma pare che il Patitucci abbia accumulato un discreto gruzzoletto. E che non sia più disposto, visto che qui se la cantano tutti, di passare, vista anche l’età (56 anni), il resto della sua vita in prigione. E così, da tempo si è messo in contatto con i PM antimafia, rendendosi disponibile ad una collaborazione.

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Patitucci sapeva benissimo che il suo nome nei verbali di Foggetti, e non solo, era presente un rigo sì e l’altro pure. Ogni azione criminale commessa a Cosenza, in un modo o nell’altro, lo vede sempre protagonista. Come sapeva del suo coinvolgimento nell’inchiesta di Rende. Infatti il suo nome è nell’ ordinanza di custodia cautelare.

Una ventina di anni, se gli va bene, non glieli leva nessuno. A come sta messo giudiziariamente. Così, dopo aver parlato con i Pm, Patitucci decide di saltare il fosso. Si narra che già in passato avesse avuto questo “impulso” di pentirsi, ma era stato richiamato all’ordine in tempo. E non se ne fece niente. Per non destare sospetti e non allarmare i suoi sodali, pare che i Pm in accordo con Patitucci abbiano messo in scena il finto arresto dello stesso, avvenuto il 19 febbraio di questo anno.

Patitucci, dopo essersi recato a Commenda in mattinata al funerale del padre di Adolfo D’Ambrosio (anch’esso destinatario del provvedimento cautelare per i fatti di Rende, attualmente è detenuto), presidiato dai carabinieri, decide nonostante il divieto di recarsi a Cosenza (rottura di obblighi). Cosa che lui non poteva fare essendo sorvegliato speciale.

calibro22

Forse sperava che vedendolo avviarsi verso Cosenza, i carabinieri di Rende intervenissero per arrestarlo? E invece lo lasciano andare. Patitucci ha da qualche secondo attraversato il confine tra Rende e Cosenza e si avvia su viale Parco. In contemporanea al centralino del 112 arriva una telefonata che lo segnala a bordo di una vettura in direzione Cosenza e probabilmente armato. Così viene raggiunto dai carabinieri che lo fermano e dopo averlo perquisito lo trovano in possesso di una pistola calibro 22.

Un’ arma che nel “giro” ha destato più di una perplessità. Perché non è un’arma adatta alla difesa. In genere serve solo per fare il botto. Certo, rimane sempre un’ arma letale a pochi metri. Ma per un boss come lui andare in giro con una pistolicchia di quel genere non è il massimo della mafiosità. Specie se teme per la sua vita. Non ti difendi con quell’arma. E poi è talmente piccola che se avesse voluto i carabinieri avrebbero potuto anche non trovarla. E finisce dritto dentro.

calibro22 mano

Possibile che uno sgamato come lui, commetta tanti errori tutti insieme? Perché avviarsi a Cosenza quando sa benissimo che i carabinieri lo hanno visto? E poi che ci va a fare al funerale del padre di D’Ambrosio, sapendo che è sotto controllo (il funerale era pieno di poliziotti che scattavano foto ai partecipanti), armato?

Sembra quasi voler dire: eccomi sono qui venitemi a prendere. Perché se non è così, non ti comporti come si è comportato Patitucci che ha fatto di tutto per farsi notare. Questo è quello che dice il “ quartiere”, e secondo me anche questa volta non si sbaglia.

GdD