Giustizia nel caos. La strana nomina a procuratore capo di Salerno del dottor Peppe Borrelli

Quella che di seguito proponiamo ai nostri lettori è la ricostruzione degli eventi che hanno portato alla nomina a procuratore capo di Salerno del dottor Giuseppe Borrelli. Nello scritto non c’è nessuna accusa al dottor Borrelli, che tra l’altro dalla vicenda Palamara è uscito pulito. Ma il nostro mestiere è quello di guardare oltre quello che appare, e dalla ricostruzione qualche dubbio di legittimità su questa nomina, sorge. Dubbi legittimi che non inficiano la storia e la professionalità del magistrato, ma come si dice: è la stampa, bellezza.

Tutto inizia il 30 maggio del 2019, quando la Guardia di Finanza, su mandato della procura di Perugia, bussa a casa Palamara. I finanzieri hanno l’ordine di sequestrare tutto il sequestrabile, i pm di Perugia sono alla ricerca di prove a carico dell’ex pm romano di origini calabresi già presidente dell’Anm ed ex componente del Consiglio superiore della magistratura nonché consigliere della corrente Unicost, indagato per corruzione. Insieme a Palamara i finanzieri notificano un avviso a comparire al consigliere del Csm Luigi Spina e al pubblico ministero Stefano Fava, entrambi risultano indagati per rivelazione di segreto e favoreggiamento. “Faccia di tonno” al secolo Luca Palalmara non è stupito dall’arrivo dei finanzieri, se l’aspettava. Sapeva bene che il suo nome era spuntato fuori da una informativa della GdF (2018) da qualche anno sulle tracce di una vera e propria paranza massomafiosa operante in Sicilia, e non solo.

Ed è proprio nel corso di questa inchiesta condotta dalle procure di Roma e Messina, che gli investigatori vengono a conoscenza dello stretto legame tra Palamara e l’imprenditore Fabrizio Centofanti, lobbista e faccendiere per tutte le stagioni legato a Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto alla Regione Lazio del governatore e segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti. È da tempo che i finanzieri, su ordine del procuratore Luigi De Ficchy seguono Centofanti. Le indagini riguardano la corruzione dell’ex presidente di sezione del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio, ad opera proprio del faccendiere romano. E così il 6 aprile del 2017 i pm Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Rodolfo Sabelli, ordinano la perquisizione dell’abitazione di Centofanti. Quello che trovano i finanzieri è sconvolgente e va al di là delle loro aspettative. Dai tanti cassetti spuntano fuori “documenti” che portano alla luce una capillare rete di rapporti tra Centofanti e ambienti della magistratura. Gli investigatori trovano degli elenchi con nomi e cognomi di importanti magistrati della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato e delle Commissioni tributarie: il libro paga dei magistrati corrotti. Tra quei nomi c’è anche quello dell’allora presidente dell’Anm Luca Palamara.

L’inchiesta va avanti e i finanzieri scoprono che il lobbista Centofanti tra il 2013 e il 2017 “regala” a Palamara e alla sua compagna Adele Attisani circa 70 mila euro: sette viaggi (Dubai, Ibiza, Londra, Favignana, San Casciano dei bagni) e tre vacanze (Madonna di Campiglio, Sardegna e Madrid, dove la Roma giocava in Champions) con la sua famiglia. Di più, Centofanti paga anche trattamenti per la Attisani nella beautyfarm del Grand Hotel di via Veneto, spostamenti con autisti personali da e per l’aeroporto di Fiumicino e trasporto di mobili da Roma a Locri. Si fa inoltre carico di ristrutturazioni (23mila euro), lavori impermeabilizzazione di terrazze e fioriere , manutenzione dell’impianto elettrico e di videosorveglianza (22mila euro), realizzazione di coprivasi in alluminio e di una tapparella (11mila) nella casa della Attisani.

Nell’estate del 2018 il fascicolo riguardante Palamara finisce per competenza a Perugia. I pm umbri decidono di installare un “trojan” nel cellulare di Palamara, e inizia, così, a venire fuori di tutto. I pm scoprono l’esistenza di un vero e proprio “Sistema Palamara”. Della paranza fanno parte anche il deputato del Pd Cosimo Ferri (giudice in aspettativa ma capo riconosciuto di Magistratura indipendente) e Luca Lotti. La triade decideva e pilotava le nomine dei procuratori in tutta Italia con una unica finalità: piazzare uomini fidati a capo di procure importanti per meglio controllare eventuali inchieste a carico degli amici degli amici. Una vera è propria associazione a delinquere di stampo massomafioso. Tra le tante nomine “trattate”, oltre alla nomina del procuratore capo della capitale, quella di procuratore capo di Perugia. Una nomina che sta a cuore a Palamara che, dopo il caso “Centofanti”, sa di essere finito al centro di una inchiesta condotta dalla procura di Perugia. Ed è per questo che decide di muoversi, sa che il tempo stringe, e mobilità la sua squadra.

Nonostante la consapevolezza di essere attenzionato dai colleghi di Perugia, Palamara continua a dimostrarsi sicuro e spavaldo, segno evidente della ferma convinzione di essere un intoccabile, del resto non ha niente da perdere, un tentativo deve farlo. Ha in testa una unica cosa: fermare l’inchiesta di Perugia a suo carico e vendicarsi dei pm romani che l’hanno incastrato. È talmente sprezzante che il 23 maggio, una settimana prima di subire la perquisizione che renderà di dominio pubblico la sua vicenda, dopo che la commissione Incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura aveva appena votato i tre candidati per la guida della Procura di Roma, e in testa risultava Marcello Viola, sostenuto dal gruppo Magistratura indipendente e candidato occulto di Palamara, ma c’era ancora da superare lo scoglio del “plenum del Csm”, intercettato al telefono con Cesare Sirignano dice: “E secondo te io mollo? Mi devono uccidere. Peggio per chi si mette contro me”.

Cesare Sirignano la figura chiave per capire il perché Luca Palamara e lui parlavano continuamente del dottor Giuseppe Borrelli.

Pm della Dna, Cesare Sirignano, è stato un magistrato a lungo in prima linea nell’inchiesta contro i casalesi e ha firmato catture eccellenti. Un nome di peso della magistratura napoletana. Cesare Sirignano e Luca Palamara sono amici, militano nella stessa corrente ed entrambi giocavano con la nazionale magistrati. Ma a testimoniare l’amicizia tra i due ci sono ben 24 telefonate tra il primo e il quindici maggio (2019) dove l’argomento discusso è sempre lo stesso: le nomine di magistrati ai vertici del Csm e delle procure, ed in particolare discutono sulla nomina del procuratore capo di Perugia, che, come detto, sta a cuore a Palamara.

Faccia di tonno ha bisogno di qualcuno su cui contare da piazzare alla procura di Perugia. Deve fermare l’inchiesta su di lui e imbastirne una farlocca contro i suoi due principali nemici: Paolo Ielo e Giuseppe Pignatone. Ed è proprio in questo momento che il nome dell’attuale procuratore capo di Salerno Giuseppe Borrelli inizia a circolare nei discorsi tra i due.

È il pomeriggio del 7 maggio del 2019 quando il telefono del pm Sirignano squilla. A chiamarlo è il suo amico Palamara che gli dice: «ma questo (Borrelli, ndr) ce l’ha le palle per farlo? Perché mi dicono che è il candidato di Area». Sirignano lo tranquillizza: «Ho parlato con Peppe (Borrelli, ndr) e gli ho detto: “Guarda che se vai tu a Perugia, è perché sei affidabile. E capiscimi cosa vuol dire questa parola”. Gli ho anche detto: “Te la devo spiegare?”. E lui ha detto: “No no, ho capito”. Io e te siamo troppo legati per dirti che Borrelli è 99 per cento».

La telefonata continua con le perplessità di Palamara sulla “disponibilità” di Borrelli, e Sirignano ancora una volta lo tranquillizza.

Palamara: «Eh… deve aprire un procedimento penale su Ielo… cioè stiamo a parlà di questo… non lo farà mai!»

Sirignano: «Io non lo so se Ielo è amico di Melillo… Se sono della stessa parte… tieni conto che Melillo e lui stanno in contrasto però»

Palamara: «Melillo e Borrelli?»

Sirignano: «Se voi non li uccidete questi qua…»

Palamara: «…non lo faremo mai…»

Sirignano: «…è chiaro che questa cosa non si fa»

Palamara: «Esatto»

Sirignano: «Uccidere questa gente significa andare a mettere le pedine nei posti giusti…significa dare visibilità alle vostre scelte».

Una prima considerazione: è chiaro che a consigliare Borrelli come procuratore capo a Perugia a Palamara è Sirignano. Anche se va detto che prima ancora un tentativo di abbocco Palamara per fatti suoi con Borrelli l’aveva fatto (ne riferiremo domani). E qui arriva la prima domanda: perché Sirignano che sa bene di parlare di cose che non attengono alle sue “competenze d’ufficio”, consiglia proprio Borrelli a Palamara?

1 – (continua)