Giustizia nel caos, negli intrallazzi dei magistrati c’è sempre un avvocato

Per mettere a segno un buon colpo alle casse della pubblica amministrazione, ad un sindaco con attitudine al ladrocinio e alla rapina, serve necessariamente la complicità del dirigente comunale. Senza la complicità del dirigente comunale produrre un atto amministrativo tarocco da cui ricavare denaro, per un sindaco malandrino è pressoché impossibile. Paradossalmente conta di più il dirigente nelle truffe e nelle ruberie, che un sindaco. Perché il dirigente è quello che firma gli atti amministrativi, quello che convalida i lavori, che dispone i pagamenti, che trova le risorse, che storna cifre da un capitolo all’altro. I grandi affari si fanno solo con la complicità del dirigente e dei funzionari. Se un sindaco fallito e pieno di debiti, dedito alla truffa e al furto trova sul suo cammino delinquenziale un dirigente incorruttibile, porre in essere un qualsivoglia tipo di ladrocinio diventa impossibile. Di più: il rischio va oltre al semplice fallimento dell’attività criminale quando c’è un dirigente comunale onesto, perché il vero pericolo è quello di essere denunciato.

Stessa cosa succede per i magistrati corrotti, che per essere tali hanno bisogno di un corruttore. E nel 99% dei casi chi si pone a mediazione tra l’imputato e il giudice corrotto è l’avvocato. Una figura fondamentale, come quella del dirigente pubblico, nel giro delle sentenze taroccate e delle indagini insabbiate. Difficilmente un giudice corrotto concorda la sentenza direttamente con l’imputato. Nessuno si espone a tale rischio. Un contatto diretto con l’imputato lascia sempre qualche “traccia”, mentre è normale per un giudice parlare, incontrare, e discutere con un avvocato. Nessuno si insospettisce se un avvocato parla con un giudice, si può sempre addurre una qualche motivazione d’ufficio. Cosa non possibile con l’imputato. È chiaro che generalizzare non è mai cosa buona, e questo vale per tutte le “categorie”. Non tutti gli avvocati si prestano a corrompere giudici. Così come non tutti i giudici si lasciano corrompere da qualche avvocato.

C’è da dire, però, che in società ci sono ruoli e mestieri che, a differenza di altri, vanno svolti con cura e delicatezza, e quello dell’avvocato, al pari di quello del magistrato, è un mestiere “delicato”, ed è per questo che quando si scoprono le loro magagne l’asticella dell’allarme sociale si alza. Se scopriamo che il nostro commercialista ricicla i soldi dei clan, possiamo sempre decidere di cambiarlo senza subire nessun danno; ma se scopriamo che il giudice che segue la nostra causa è corrotto e che inciucia con il nostro avvocato, magari perché abbiamo denunciato qualche potente che va salvaguardato, il danno di un eventuale accordo sottobanco a nostra insaputa, non riguarda solo “chini cci ‘ngappa”, che è già quanto dire, ma l’intera comunità: una Giustizia malata non garantisce la pace sociale.  E l’impunità per i potenti genera, all’interno delle istituzioni, una condivisa cultura mafiosa, alla quale tutti, consapevoli o meno, si adeguano fino a rendere opinione comune che in Italia, la legge non è uguale per tutti. Un danno enorme per la Giustizia che si nutre principalmente della fiducia del “popolo”. Una fiducia che non c’è più.

Senza la mediazione dell’avvocato intrallazzato difficilmente va in porto una sentenza aggiustata. Infatti non è un caso che in tutte le operazioni che riguardano la masso/mafia c’è sempre uno o più avvocati che dirigono la baracca del malaffare. Non esiste loggia massonica coperta senza la presenza di avvocati. Non esiste fuga di notizie riservate senza il loro zampino. Non esiste depistaggio o insabbiamento di inchieste, senza l’impegno dell’avvocato. È talmente antica la collusione tra magistrati corrotti e avvocati mafiosi che Cossiga definì l’Anm, proprio perché impelagata nella turpe pratica della compravendita della Giustizia, una associazione a delinquere di stampo mafioso. Alla luce di questo, come definire la Camera penale? Di sicuro Cossiga direbbe: un locale di ‘ndrangheta.

A certi avvocati non serve conoscere il Diritto, il Codice penale o saper impostare una arringa. Non servono doti oratorie o lampi di genio per vincere una causa, non sono queste le doti richieste ad un avvocato di “grido”, quello che più conta è: a quanti giudici può arrivare? Sono queste le qualità richieste a certa avvocatura. Che incassa soldi a palate. Ed infatti in questo mestiere c’è chi incassa milioni, e chi invece non arriva a duemila euro al mese. Una disparità economica così marcata, esiste solo in pochi mestieri. E quello dell’avvocato è tra questi. Segno evidente di corsie preferenziali che funzionano solo per pochi.

In soldoni: più sei bravo ad apparare i processi, attraverso il versamento di corpose bustarelle ai magistrati, più sei ben visto in società, e dalla politica. E giù con gli incarichi pubblici e privati come se piovesse. Perché a tutti gli intrallazzatori a certi livelli serve un avvocato bravo che sa come muoversi in determinate circostanze: quando certi potenti finiscono nella tagliola di qualche magistrato onesto, la prima cosa che fanno è quella di nominare l’avvocatone di grido locale e nazionale, con ottime conoscenza in magistratura e in politica, affidandogli un compito preciso: arrivare al giudice e apparare la sentenza. E se questo non è possibile, trovare il modo di screditare il giudice onesto e sostituirlo con altro giudice più accomodante. Si sa: certi avvocati, che al 99% garantiscono la vittoria in tribunale, solo in pochi se li possono permettere. Questo genere di servizi costano un occhio della testa, ecco perché le loro prestazioni non sono alla portata di tutti, ma solo di quelli che rubano milioni e milioni di euro. Ed è per questo che gli avvocati in America, e non solo, vengono definiti squali.

“Se non ci fossero persone cattive non ci sarebbero buoni avvocati”, perciò esistono due tipi di avvocato: gli avvocati che conoscono bene la legge ma che fanno la fame, e gli avvocati che conoscono bene il giudice e sguazzano nell’oro. Solo quest’ultimi, per come vanno le cose, possono dirsi “bravi”. Tutto il resto serve solo da contorno per dare al cittadino la parvenza di una Giustizia che funziona… ma solo per chi se la può permettere.