Gratteri, la massomafia a piede libero e la differenza con Falcone, Borsellino e Scopelliti

Il procuratore Gratteri, prima o poi, dovrà iniziare ad occuparsi seriamente dei potentissimi micro e macro-feudi della pubblica amministrazione calabrese, in cui si spadroneggia in barba alle leggi, ai regolamenti e al minimo senso del pudore, per soddisfare, in piena impunità, interessi privatistici, di “partito” (sic!) e di clan, se non proprio i “porci” comodi. Sì, è vero. Gratteri ha costretto il presidente della Regione Mario Oliverio all’obbligo di dimora per un quasi banale abuso d’ufficio, vedendosi respingere, tuttavia, non solo la richiesta d’arresto ma persino il coinvolgimento “mafioso” del Palla Palla calabrese. Di conseguenza, anche questa sua “impresa” è diventata più che altro una barzelletta, e il farsesco obbligo di dimora sanzionatogli è caduto, com’era ampiamente prevedibile, il 20 marzo dell’anno scorso (senza neanche il rinvio per un altro processo…) grazie al ricorso in Cassazione presentato dagli avvocati Veneto e Belvedere. Gli ingredienti per una Waterloo di Gratteri, del resto, c’erano veramente tutti. Basti pensare che qualche anno fa, per una altrettanto banale inchiesta riguardante rimborsi gonfiati, l’impresentabile Nicola Adamo aveva trascorso sei mesi fuori dalla Calabria… Il doppio della pena espiata da Oliverio (appena tre mesi): il teorema accusatorio, insomma, si è rivelato un disastro. Ma in compenso, sotto il profilo politico, è stato “perfetto” per azzoppare Palla Palla e tirare la volata – come si dice in gergo ciclistico – alla vittoria di Jole (la capra) alla Regione. 

E stendiamo il fatidico velo pietoso sull’efficacia dell’ultimo strombazzatissimo blitz di dicembre, Rinascita-Scott (“la più importante operazione dopo il maxiprocesso di Palermo”, ipse dixit…), pesantemente “attaccato” dagli annullamenti della Cassazione per soggetti come Gianluca Callipo, il carabiniere Giorgio Naselli e tanti altri.

In Calabria lo sanno tutti: sono i signorotti di questi micro e macro-feudi a uccidere, con gli stessi metodi e codici delle mafie, di cui condividono la mentalità fino al punto di legittimarla persino simbolicamente, i sogni dei giovani calabresi, spingendoli a emigrare o, se scelgono di restare, costringendoli a zittirsi e adeguarsi. Sono questi piccoli boss, spesso autonomi o addirittura sovraordinati rispetto al ceto politico, e pagati profumatamente da uno stato che non li controlla, anzi ne approva gli atti discrezionali e criminali, a decidere del futuro di tutti, anche di quelli – pochi in verità – che si ribellano. Se non si interviene con il bisturi su questi corpuscoli bacati del tessuto istituzionale calabrese, il male si allargherà sempre di più, fino a non lasciar traccia di speranza. A tutto questo, naturalmente, va aggiunto anche il potere sempre più grande ed invasivo della massomafia, alla quale tutti questi soggetti sono affiliati da patti d’acciaio, che Gratteri dice sempre di essere sul punto di fermare ma che poi, immancabilmente, viene lasciata libera di continuare a manovrare come se niente fosse. Insomma, più passano i giorni e più a questa “primavera” di Gratteri credono sempre meno persone.

Nicola Gratteri in Calabria teoricamente dovrebbe fare le stesse cose che hanno fatto Falcone, Borsellino e anche Scopelliti (visto che la sua triste storia è tornata d’attualità) in Sicilia. Anzi, di più. Qualcuno dice che a differenza dei colleghi siculi, Gratteri si trova nella “felice” situazione della ‘ndrangheta che, per qualche ragione ancestrale non meglio specificata o che magari si può trovare nei soggetti ancora a piede libero (e purtroppo sono tanti), “rispetta” magistrati come lui.

La mafia invece non ha parenti né amici, specie se è vero, com’è vero, che stringe patti di ferro con lo stato deviato… E così Falcone, Borsellino e Scopelliti riposano in una tomba e Gratteri fa finta – almeno fino ad oggi – di combattere la vera massomafia come gli ha rimproverato il procuratore Lupacchini. A noi piacerebbe tantissimo che lo zio Nicola si scuotesse dal suo torpore e la finisse di dire sempre le stesse cose nelle decine di interviste inutili che rilascia, ma al momento non abbiamo proprio nessun motivo per innalzarlo ad “eroe” e la delusione avanza a grandi passi. Anche se la speranza che si “svegli” alberga ancora, in un piccolo angolino nascosto, nei nostri cuori.