Gratteri: la ‘ndrangheta controlla il 30% dei voti, ma poi fa candidare Magorno

Se a dire che la ‘ndrangheta controlla il 20/30 % dei voti, è Nicola Gratteri allora ci possiamo credere. Una rivelazione che lascia sgomenti quanti credono ancora che il voto in Calabria, e non solo, sia un voto libero. A dire il vero quelli che credono nella democrazia e nella libertà di voto, sono veramente pochi. Perché tutti, o quasi, sanno che fare un favore al boss di turno, votando il suo candidato, può, in questo sistema marcio e corrotto, tornare sempre utile: al contrario, fare uno sgarro al boss, specie se vivi in un piccolo centro, dove lo stato e le sue “diramazioni” sono totalmente assenti, non conviene. Mettersi contro il boss del paese non è mai cosa saggia.

Ed è in questo clima che i calabresi, e non solo, si apprestano ad andare alle urne, condizionati dallo strapotere mafioso che da noi imperversa in ogni angolo della regione, esclusa Cosenza. Dove si sa che non esiste il voto di scambio, la ‘ndrangheta, la corruzione elettorale, la masso/mafia, e dove tutti i cosentini sono totalmente liberi di votare chi gli pare, senza incorrere in guai con politici corrotti appoggiati dalle ‘ndrine locali.

Al netto della città di Cosenza che resta un esempio unico al sud Italia, ma direi dell’Italia intera, per la sua specchiata moralità politica, viene da chiedere a Gratteri: ma lei, signor procuratore, nel pronunciare frasi così importanti, non sente il peso della sua inutilità – data dall’inefficacia dell’ azione repressiva nei confronti della ‘ndrangheta – visto che la ‘ndrangheta è così forte da determinare l’elezione di parlamentari e senatori?  Cosa fa lei per impedire che la ‘ndrangheta controlli il 30% dell’elettorato?

Una delle scuse che Gratteri offre al pubblico quando afferma questo genere di cose è: la colpa è della mancanza di una legge forte e ben strutturata utile a combattere la ‘ndrangheta, e il voto di scambio. Come a dire: la colpa è sempre degli altri. Lui fa quello che può, ma se non ha gli strumenti giusti per lavorare la colpa non è mica sua. Ecco perché Gratteri ci tiene a fare il ministro: vorrebbe costruire un articolato legislativo più incisivo di quello attuale nella lotta alla ‘ndrangheta, o se preferite alla masso/mafia. Ma per fare questo c’è bisogno, dice Gratteri, di una maggioranza in parlamento solida e compatta, e soprattutto determinata a votare una legge forte contro la ‘ndrangheta, e il voto di scambio. E siccome – stando a tutti i sondaggi nessuno schieramento avrà la maggioranza – quello che si profila sarà un governo costretto a stringere alleanza spurie, deboli, e destinate a durare poco, Gratteri, preferisce, se così sarà, restare procuratore capo della DDA di Catanzaro. Con una maggioranza debole non si possono fare riforme coraggiose. Del resto se quello che si prospetta è una alleanza Renzi/Berlusconi, per Gratteri, fare il ministro di Berlusconi, Dell’Utri, Verdini, e compari vari, non è il massimo. Perderebbe un po’ la faccia. Ed è per questo che Gratteri ripiega nel dire: sono felicemente procuratore capo della DDA di Catanzaro, e tale voglio restare.

Questa potrebbe essere una buona notizia per tutti i calabresi. Persa la velleità politica, almeno in questa tornata elettorale, Gratteri potrebbe concentrarsi sul suo lavoro, eliminando magari qualche mafioso dalle liste prima che sia troppo tardi.

Se da un lato è vero che procedere contro i politici corrotti e i masso/mafiosi per voto di scambio è difficile – per provare questo reato c’è bisogno di elementi concreti – dall’altro è pur vero che quando i magistrati della DDA di Catanzaro si sono trovati in mano una intercettazione del deputato Magorno che dalla sua viva voce si vantava, con il braccio destro del boss Muto, dei favori fatti alla cosca, nessuno di loro ha mosso un dito. Nonostante la limpida intercettazione fatta dai carabinieri del ROS che seguivano il braccio destro del boss, e si sono imbattuti “per caso” nel deputato.

Perché i pm della DDA di Catanzaro non hanno promosso nessuna azione contro il deputato Magorno che oggi risulta candidato nel listino bloccato al Senato dal PD? Perché, consapevoli di questo, i magistrati della DDA di Catanzaro, non hanno inteso chiedere un’autorizzazione a procedere? Eppure tutti, compreso Gratteri, hanno ascoltato quella registrazione, che non si capisce com’è finita sulla scrivania del direttore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni, che l’ha resa di dominio pubblico.

Qui siamo di fronte ad una prova che più prova non si può: è lo stesso deputato Magorno a confessare, a sua insaputa, la sua appartenenza al clan Muto. Ma nonostante ciò, Magorno continua tranquillamente la sua carriera politica e presto ritornerà in Senato per curare gli affari della ‘ndrangheta. Magorno fa parte di quel 30% di cui parla Gratteri.

La mancanza di una legge contro il voto di scambio, in questo caso, come tutti capite, c’entra poco. E nonostante i vari tentativi da parte di Gratteri di dare la colpa alla politica che non legifera su questo, se guardiamo questa storia al netto della risaputa onestà di Gratteri, tutti capiamo che c’è qualcosa che non va. Qualcuno ha di fatto insabbiato l’inchiesta sul coinvolgimento politico, all’indomani dell’operazione Frontiera (58 arresti di presunti affiliati alla cosca Muto, nell’alto Tirreno cosentino), di Magorno ed altri, nei loschi affari della ‘ndrangheta.

Quello che mi chiedo è questo: come mai il dottor Gratteri non ha mai chiesto al direttore Pollichieni come è venuto in possesso di un così importante documento dei carabinieri? Del resto il dottor Gratteri è di casa al Corriere della Calabria, più volte è stato intervistato dal direttore, e con lo stesso ha partecipato a diverse iniziative pubbliche. Ma di questo non hanno mai parlato. Come mai?

Quindi non è vero che se la ‘ndrangheta controlla il 30% dei voti, la colpa è solo dei politici che non fanno le leggi, ma anche dei magistrati che, evidentemente, non fanno il proprio lavoro. Ma questo Gratteri non lo dice.