Il ponte dei patrioti

(di Michele Serra – repubblica.it) – Forse con lo stesso criterio che ispirò Sanremo Giovani, avremo Ponte sullo Stretto Giovani. È l’indicazione dei patrioti meloniani, e del più stagionato ministro della Cultura Sangiuliano che assicura di avere personalmente parlato con le legioni dei giovani progettisti: “Hanno il fuoco negli occhi”, ha detto, a riprova che il senso del ridicolo è presente, in questa classe di governo, in percentuali infinitesimali.

Questa annunciata autarchia del progetto è in evidente polemica con il monopolio mondialista delle archistar. Che effettivamente, a giudicare da alcune opere, diciamo così, non leggiadre, come la Nuvola di Fuksas all’Eur, non meritano tutte quante, in blocco, uguale plauso e riconoscenza della comunità (la Nuvola di Fuksas è il solo luogo al mondo nel quale io abbia avuto una crisi di agorafobia pur trovandomi al chiuso). Ma neanche meritano, in blocco, lo stigma del nazionalismo, che ha questo irrimediabile difetto: suona provinciale e cafone anche quando abbia le migliori intenzioni.

Ma poi, come mai dovrebbe essere, un Ponte sullo Stretto “tricolore”, come suggerisce, sopraffatto da un empito di amor patrio, il deputato Saverio Romano? Con i pilastri a rigatone e i cavi portanti a fusillo? Michelangiolesco, dunque a campata muscolosa, un dito d’acciaio che da Reggio va a toccare il dito siculo? Con l’asfalto di Dolce&Gabbana, borchiato? Popolano e pittoresco (piace ai turisti) con hostess in costume regionale che riscuotono il pedaggio, e i carretti siciliani che lo inaugurano, come nelle copertine della Domenica del Corriere di mezzo secolo fa?
Noi ne capiamo poco, ma il governo chieda consiglio a Renzo Piano, che per quanto archistar mondialista è pur sempre di Genova. Suggerirà di fare un ponte a forma di ponte.

Ponte sullo Stretto: no alle archistar ma sia firmato da giovani italiani, Rampelli e Sangiuliano mettono il timbro sull’opera voluta da Salvini

Un ordine del giorno al dl Ponte del vicepresidente Rampelli e le dichiarazioni del ministro della Cultura alla Biennale di Venezia. E un’idiosincrasia antica di FdI verso le firme dell’architettura. Romano (Noi Moderati): “Si chiami Tricolore”

Ponte sullo Stretto: no alle archistar ma sia firmato da giovani italiani, Rampelli e Sangiuliano mettono il timbro sull'opera voluta da Salvini

(di Stefano Baldolini – repubblica.it) – No alle archistar. Sì a un Ponte sullo Stretto di Messina con un’identità culturale nazionale, europea e mediterranea. Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera e architetto, mette il timbro sul decreto Ponte, che ieri ha ottenuto la fiducia a Montecitorio con grande soddisfazione del ministro alle Infrastrutture Matteo Salvini: “Si passa ai fatti dopo 50 anni di chiacchiere”, aveva twittato il leader leghista.

“Al di là degli indispensabili requisiti statici – dichiara Rampelli che ha presentato un ordine del giorno al dl recepito con modifiche dal governo – e dell’impiego di tutte le più moderne tecnologie costruttive si sancisce quindi che l’opera diventi il simbolo del genio architettonico che ha strabiliato il mondo proprio partendo dalle conquiste strutturali e dalle soluzioni estetiche provenienti da quel quadrante geografico. L’indirizzo è quello di non fare copia e incolla di altri ponti e viadotti esistenti in ogni angolo del mondo, ma di creare un oggetto originale e ben inserito nel paesaggio e nella storia dei luoghi”.

In attesa di capire meglio a chi e come sarà affidata la progettazione esecutiva del ponte a campata unica di oltre 3 km, quali siano le dimensioni del “quadrante geografico” indicato da Rampelli e a quali conquiste strutturali e soluzioni estetiche ci si riferisce – acquedotti e ponti romani? Templi della Magna Grecia? – c’è da sottolineare che l’avversione di FdI per le cosiddette archistar arriva da lontano, dai tempi delle contestazioni delle scelte architettoniche e urbanistiche del centrosinistra nella Capitale. Dalla vituperata Ara pacis di Richard Meier catalogata a “pompa di benzina”, alla Nuvola di Fuksas nel quartiere simbolo del razionalismo dell’Eur.

Proprio sul cantiere della Nuvola, nel 2016, arrivò a protestare l’attuale premier Giorgia Meloni: “Sommata alle vele di Calatrava fa un miliardo di euro. Soldi dei romani che potevano essere spesi per risolvere il problema delle buche”, denunciò in un video l’allora candidata al Campidoglio (non arrivò al ballottaggio, vinse la M5S Virginia Raggi).

Un anno dopo, l’attuale presidente della Commissione cultura, scienza e istruzione della Camera Federico Mollicone ricordava così l’architetto Giorgio Muratore: “Ci divideva la politica, ma ci univano le mille battaglie in difesa della bellezza e dell’architettura razionalista. Onorati di averlo conosciuto e aver condiviso con lui la campagna contro l’Ara pacis di Meier. Ebbe il coraggio di sfidare le Archistar chiamate dalle amministrazioni di sinistra a devastare il centro di Roma. Rutelli e Veltroni dovrebbero omaggiarlo e inginocchiarsi al suo passaggio”.

Lo stesso Rampelli, intervenendo in Aula lo scorso marzo – si discuteva della proposta di una commissione d’inchiesta sulle periferie -, definì archistar “‘quei luminari’ cui è stato consentito di progettare Scampia o Corviale, vivendo però a Posillipo o a piazza Navona in appartamenti lussuosi”.

Tornando al Ponte sullo Stretto di Messina, è stato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano a evocare i criteri che dovrebbero guidare la scelta degli eventuali progettisti. “Ho parlato con loro, hanno il fuoco negli occhi e voglia di fare”, le parole del ministro dopo aver incontrato le giovani promesse del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia: “Stiamo discutendo di una importante realizzazione in cui l’Italia sarà protagonista: mi sono proposti nomi di architetti molto noti ma io ho detto: ‘perché non lasciamo spazio ai giovani? E penso che si farà così’”.

Insomma, se davvero partirà nel 2024, il Ponte dello Stretto sarà firmato da giovani, italiani, e con un’identità culturale nazionale, europea e mediterranea. E chissà che non finisca per chiamarsi “Tricolore”, come ha auspicato il deputato di Noi Moderati Saverio Romano, che nel suo intervento alla Camera ha parlato di “simbolo dell’unità e della coesione del Paese”.