Cosenza-Sassuolo. Berardi e le sue radici: Bocchigliero, Mirto Crosia, Longobucco e il fascino del San Vito

Una delle maggiori attrazioni della sfida di oggi tra Cosenza e Sassuolo di Coppa Italia (Stadio Marulla ore 18) sarà Domenico Berardi, il Campione d’Europa calabrese, che peraltro sta vivendo un’estate molto particolare per le voci di mercato che, come quasi ogni anno, lo vogliono in partenza da Sassuolo. Lui, appena qualche giorno fa, alla presentazione della squadra, ha detto che non sa se resterà ancora in neroverde ma oggi comunque sarà al suo posto e rivedrà quello stadio San Vito, oggi intitolato a Gigi Marulla, che aveva già visto appena ragazzino, nell’estate del 2009, quando sembrava che fosse ad un passo dall’indossare la maglia rossoblù del Cosenza. E per noi è l’occasione giusta per ricordare le radici di Berardi. 

C’è solo un posto dove Domenico Berardi, il ragazzo di Calabria Campione d’Europa si sente al sicuro: Bocchigliero. Su questa terrazza alta 900 metri con doppia vista spettacolare (da un parte il mare Ionio, dall’altra i boschi della Sila) l’attaccante che ha acceso la fantasia degli italiani ha mosso i primi passi, inseguendo sogni e palloni. E’ il suo posto dell’anima, quello che non si rinnega mai, neppure quando diventi ricco e famoso, con i giornalisti in pressing costante, ma dribblati come difensori.

Bocchigliero è l’incipit di una bella storia a lieto fine. Bocchigliero è molto, ma non è tutto. Ci sono altri due luoghi speciali: Mirto Crosia e Longobucco. Se uniamo questi tre paesi, formiamo un triangolo: circa 50 chilometri in linea d’area. Il colore dominante è l’azzurro: come il cielo, come il mare. Anche in inverno. Ma l’azzurro nel calcio vuol dire Nazionale. Berardi appariva già da anni un predestinato e il suo triangolo speciale ne è una prova: allargando i lati, sulla cartina i nomi dei paesi diventano Cerisano, Corigliano e Cutro. E allora, direte? Beh, lì sono cresciuti Simone Perrotta, Gennaro Gattuso e Vincenzo Iaquinta, i tre calabresi Campioni del Mondo nel 2006. E a Bocchigliero si è festeggiato come fosse stato Carnevale. Come quando Domenico segnò 4 gol al Milan di Allegri. Era il 2014, sono passati 7 anni ma a volte è giusto attendere il talento. E per Domenico Berardi è stato certamente così. Nel corso degli Europei a Bocchigliero la comunità, con il supporto dell’amministrazione comunale e di Silambiente Servizio Civile, ha deciso di omaggiare Domenico Berardi con due manifesti alle due entrate del paese (in Via Russi e presso Il Girone) recanti la scritta “Benvenuti a Bocchigliero – Il Paese di Domenico Berardi”. E la gente non attende altro che il ritorno di Mimmo per festeggiarlo come si deve. 

PALLEGGI INFINITI — Francesco Marra snocciola ricordi su un bimbo biondo nato per giocare a calcio. “Quando Domenico aveva 7-8 anni è entrato a far parte della squadra del paese di Bocchigliero, ero il direttore sportivo. A quell’età tutti sognano di diventare calciatori, lui pensava solo a divertirsi. Magari palleggiando per 20 minuti senza mai sbagliare. Un fenomeno”. A Bocchigliero sono tutti orgogliosi di Berardi: “E’ nato a Cariati perché lì c’è l’ospedale, ma è di qui. Lui lo puntualizza sempre le poche volte che parla…”.

“Sono nato a Cariati Marina perché lì c’era l’ospedale, ma per 12 anni ho vissuto a Bocchigliero, il paese della mia famiglia, nell’entroterra dell’Appennino silano. In seguito ci siamo spostati a Mirto dove ho iniziato a giocare nel Castello, la locale squadra affiliata al Cosenza. Mio padre Luigi lavora all’Anas, mamma Maria è casalinga, sono il più giovane di tre figli dopo mio fratello Francesco, che ha studiato e lavora a Modena, e mia sorella Severina…”. Queste le parole testuali di Mimmo Berardi. Ma di suo fratello Francesco parleremo a breve.

Prima c’è da analizzare questo carattere ombroso che fa un po’ storcere il naso agli addetti ai lavori. “E’ soltanto timido e riservato – spiega Marra – e Bocchigliero è la sua isola“. Dove è stato fondato il primo fan club Domenico Berardi: quando gioca il Sassuolo questo angolo nascosto di Calabria si trasforma nella via Emilia. Dopo il quarto gol al Milan nel 2014 la gente festeggiava in strada. E siccome gli iscritti erano in aumento (Bocchigliero ha 1.444 abitanti), è stata anche inaugurata la nuova sede. Bocchigliero, dunque. Fino a 10 anni. Poi il lato del triangolo magico si sposta a Mirto Crosia, sulla costa jonica. Dove il padre Luigi, dipendente Anas, e la mamma Maria vivono tuttora.

GOL E BIRICHINATE — “Era il capitano, il più forte. Ma di allenarsi non aveva voglia. I compagni facevano giri di campo, mentre lui restava a palleggiare. E allora gli ho detto di andare via: non era un buon esempio. A testa china ha obbedito…”. Paolo Conforti, ex portiere, è stato l’allenatore che ha capito in un amen le qualità di Berardi. “Talento puro, ma il carattere andava forgiato. Il giorno della sgridata è tornato indietro dopo 10 minuti, chiedendo scusa a tutti. E’ un po’ così, va instradato. Ma non in campo, i movimenti che fa, quel suo andare da destra a sinistra per poi calciare all’improvviso, sono doti naturali. Lo fa d’istinto. Per questo è letale”.

Berardi nella stagione 2006-2007 gioca nel Castello di Mirto segnando a ripetizione: calcio e calcetto. “Facevamo entrambi i campionati. E lui era fortissimo pure nel campo piccolo: una volta a Oriolo con un tiro dalla sua area mise k.o. la traversa. E lo fece calciando di destro… Non è un caso”. Il piede naturale di Domenico sarebbe il sinistro. Sarebbe. Ancora Conforti: “Alla fine dell’allenamento lo mettevo a calciare con i portieri: dieci palloni per volta. Anche per mezz’ora di fila: sinistro e destro. Faceva caterve di gol”. Troppi gol per la categoria Allievi provinciali. Ecco perché l’anno dopo è tesserato con l’A.C. Rossano che partecipa ai tornei regionali. L’allenatore resta sempre Conforti, e qualche anno fa questo passaggio è tornato d’attualità per il premio preparazione (una sorta di riconoscimento per chi ha cresciuto un futuro giocatore professionista) che il Sassuolo avrebbe dovuto versare. Circa 20 mila euro, una inezia considerando l’attuale volere del cartellino (più di 20 milioni) a metà tra neroverdi e Juve (a proposito: a 12 anni il ragazzo disse no a un possibile trasferimento a Torino, non voleva lasciare la Calabria).

Nella stagione 2008-2009 il talento di Berardi esplode definitivamente. Si interrompe il rapporto con l’Ac Rossano e torna a giocare per la scuola calcio Il Castello. «Vincemmo la finale del Comitato zonale di Rossano battendo 3-1 il Cassano con una tripletta di Domenico. A Cosenza, nella struttura del Marca, disputammo la finale provinciale Allievi con la Silana e il Campora San Giovanni: un triangolare deciso ancora da lui: 3-0 e 3-1 con altre due triplette di Berardi. Per quanto fosse introverso fuori dal campo – racconta Conforti – si trasformava durante le partite: cattiveria agonistica, forza e nessuna paura a prendere botte.

Ma da queste parti è una questione d’onore come spiegano Conforti e Riccardo Voltarelli (papà del cantautore Peppe, recentemente scomparso), preparatore atletico del Castello. “Quando nel 2009 il Sassuolo decise di tesserarlo, il dirigente Gianni Soli ci disse che se non rinunciavamo al premio preparazione lo avrebbero rispedito indietro. E noi abbiamo dato la nostra parola per il bene di Domenico. E la abbiamo rispettata”.

L’affare concluso dal Sassuolo è stato solo sfiorato da Napoli, Cosenza e Spal. I primi avevano messo nel mirino il giocatore con Pierpaolo Marino nel 2006, ma poi il d.s. cambiò aria. I secondi avevano un accordo con il Castello, diventata società satellite dei rossoblù del Cosenza Calcio, al punto che i ragazzi indossavano le maglie del club. Berardi insieme con il compagno più fidato (Francesco Scervino, ovviamente di Bocchigliero) andarono con Voltarelli a parlare coi dirigenti, in particolare con Peppino Mazzulla, responsabile del settore giovanile insieme a Damiano Paletta (che era stato presidente nei due anni precedenti). Ai due ragazzi fu pure mostrato da dentro lo stadio San Vito. Rimasero affascinati. Poteva essere il preludio al trasferimento, ma nulla.

Peppino Mazzulla è uno dei talent scout più importanti dell’area urbana cosentina. Dopo una discreta carriera di calciatore, ha intrapreso quella di allenatore e talent scout. Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta porta alla ribalta la squadra del quartiere San Vito di Cosenza, la Sanvitese, che nel 1979 vince l’ambito titolo di Campione Provinciale Allievi ed è lui a scoprire, tra gli altri, Sandro Cipparrone, Ernesto Ruffo, Domenico Falduti, Eugenio Scalercio e Roberto Zimbo, solo per citare alcuni deii talenti espressi dal quartiere dello stadio di Cosenza, che avrebbero indossato le maglie del Cosenza, del Rende e della Morrone.

Successivamente si lega al San Fili ma soprattutto al Rende: è lui a curare il settore giovanile della società biancorossa ai tempi del direttore sportivo Massimiliano Mirabelli e sono tanti i ragazzi che si fanno strada: Massimino Morelli, Roberto Occhiuzzi, Giambattista Orlando, Luca Chianello, Domenico Fabio, Alessandro Bernardi, Domenico Danti, Roberto Novello. E saranno tutti protagonisti anche a Cosenza, quando, nel 2007, si concretizza il cambio di denominazione del Rende. Berardi doveva essere tesserato nella stagione 2009-10, al culmine di un lavoro di scouting perfetto come direbbero quelli bravi, quando però la società era passata al presidente Carnevale e per il settore giovanile non c’erano molti soldi da investire. Purtroppo non si riuscì ad allestire una foresteria e per Berardi non se ne fece nulla. Un gran peccato: alla fine della stagione successiva – 2010-11 – il Cosenza conobbe il suo terzo doloroso fallimento.

Ma torniamo a Mimmo, che ha appena lasciato con qualche rimpianto il San Vito di Cosenza. Con la Spal il provino andò bene, ma la risposta fu: “Grazie, davanti siamo coperti…”. Il resto è storia nota: la partita di calcetto a Modena con gli amici del fratello, le solite meraviglie e il successivo test col Sassuolo. Che lo tessera nell’autunno 2009.

Alla fine della nostra storia manca l’ultimo tassello: Longobucco.

IN NOME DI DOMENICO — Ritorniamo tra i monti della Sila per andare a scovare la casa dei nonni materni a due passi dalla piazza principale di Longobucco. La signora Caterina segue le imprese del nipote e ne discute col marito, Domenico. Già, l’attaccante porta il nome del nonno. Ecco perché Longobucco è il terzo lato del triangolo. La nonna ricorda: «Fingeva sempre mal di pancia per non andare a scuola, poi scampato il pericolo lo ritrovavi col pallone sotto braccio: correva a giocare e ritornava a casa felice. “Oggi ho fatto quattro gol, nonna” gridava». Beh, non è cambiato molto il mondo di Berardi, mal di pancia a parte.

Ma per completare il racconto, non possiamo non citare l’episodio-chiave che lo porta al Sassuolo, l’ormai famosa partita di calcetto a Modena con il fratello Francesco. E la raccontiamo con le stesse parole di Mimmo Berardi. 

Era il settembre 2009 e venni a Modena a trovare mio fratello. Avevo in testa di fare un provino, di cercare un’occasione. L’anno prima avevo provato con la Spal. A Modena giocavo tornei a 5 con mio fratello e i suoi amici. Un giorno venne al campo Pasquale Di Lillo, collaboratore del Sassuolo, che rimase colpito dal mio gioco. Mi segnalò a Luciano Carlino, vice della squadra Allievi, che nel giro di tre giorni mi contattò per un provino. Andai e feci bene, ricordo ancora il povero Gianni Soli, responsabile del settore giovanile (deceduto qualche tempo fa) che mi disse: “Tu rimani qui, avvertiamo noi i tuoi genitori”. E infatti non tornai a casa lasciando anche la scuola. Il primo anno non giocai per problemi di tesseramento, poi ho fatto Allievi e Primavera con una panchina in prima squadra nei playoff per salire in A a Genova contro la Samp. Nell’estate 2012 venni aggregato come Primavera nel ritiro della prima squadra. Tra me e l’allenatore ci fu subito un bel feeling. Mi fece esordire in coppa Italia contro l’Avellino e prima di scendere in campo firmai il mio primo contratto da professionista. Ma l’episodio che mi ha segnato accadde poche ore prima della prima partita di campionato: giocavamo a Cesena, un derby sentito, su un campo caldo e davanti ad un grande pubblico. Di Francesco mi avvicinò prima di dare la formazione dicendomi: “Se ti faccio giocare titolare ti tremeranno le gambe?”. Io risposi di getto: “Tranquillo mister, giocherò senza problemi come se fossi al campetto con gli amici”. Morale: vincemmo 3-0 e da quel successo iniziò la striscia positiva che ci avrebbe portato in serie A».