Italietta. La lunga lista di favori a corrotti&furbi

(DI ANTONELLA MASCALI – ilfattoquotidiano.it) – Il governo si conferma insofferente alle regole che contrastano la corruzione e soprattutto a chi le vuole far rispettare. Ieri c’è stato un affondo contro l’Anac da parte di Matteo Salvini, per le criticità mosse dall’Autorità in merito all’affidamento dei lavori per la nuova diga di Genova. Come non notare che l’attacco arriva dal ministro per le Infrastrutture che ha come “suocero” e come “cognato” Denis e Tommaso Verdini, indagati per corruzione e turbativa d’asta per un appalto Anas?

Ieri, fonti del ministero hanno fatto sapere che “sorprende lo stop dell’Anac: è come se pezzi di Stato remassero contro l’interesse nazionale“. Coincidenza vuole che il siluro sia stato lanciato lo stesso giorno in cui il presidente dell’Authority, Giuseppe Busia, è stato ascoltato alla Camera, in commissione Giustizia, sul ddl Nordio (già approvato al Senato) che vuole anche cancellare l’abuso d’ufficio. “Se il ddl venisse approvato – ha detto Busia – sarebbe importante intervenire tempestivamente per il rafforzamento delle misure anticorruzione” perché si creerebbero dei “vuoti di tutela, ad esempio quando c’è conflitto di interessi e il decisore pubblico deciderà di parenti o persone a lui vicine. Questo è un fatto che rischia di creare sfiducia nelle istituzioni”. Busia è preoccupato anche per lo svuotamento del reato di traffico di influenze dato che “manca una disciplina delle lobby e sui conflitti di interessi”. Gli attacchi governativi a chi ha a cuore la lotta alla corruzione non sorprendono, basti pensare che con il primo decreto Meloni è stata modificata la Spazzacorrotti: i reati corruttivi, anche associativi, sono stati cancellati dall’elenco degli ostativi ai benefici carcerari. Ci sono poi altre norme approvate o in fase di approvazione che disarticolano la lotta alla corruzione, come quella che vieta l’utilizzo delle intercettazioni per un reato diverso da quello per cui si procede. Per non parlare dei paletti, in fase di approvazione, che riguardano intercettazioni e sequestro dei contenuti di smartphone e pc.

La maggioranza allargata a renziani e calendiani vuole la doppia autorizzazione del gip per il sequestro dei telefonini. È l’emendamento del senatore Rastrelli (FdI): prevede che per sequestrare uno smartphone non basterà più il decreto del pm, ma occorrerà l’autorizzazione del gip che sarà concessa solo se il sequestro “è necessario” per la prosecuzione delle indagini. Inoltre il pm dovrà fare con le difese e altre parti coinvolte la cosiddetta copia forense del dispositivo sequestrato e poi dovrà ancora passare dal gip per l’autorizzazione all’uso del materiale, come le chat. C’è pure in agenda l’emendamento della senatrice leghista Stefani che vuole mettere il limite temporale ai pm per effettuare le intercettazioni: 45 giorni, con l’esclusione dei reati di mafia. Adesso non c’è limite, se non quello della durata massima delle indagini, due anni. C’è poi il progetto in sospeso di vietare il trojan per le indagini sulla corruzione. A settembre, su input di FI, nella relazione sull’indagine conoscitiva in merito alle intercettazioni della commissione Giustizia del Senato, c’è stata una modifica sostanziale che mette nero su bianco la possibilità di vietare il trojan per reati contro la Pa: “È opportuno un supplemento di riflessione su modalità e condizioni di utilizzo per reati di minore gravità”. Per centrodestra, renziani e calendiani, anche la corruzione.