La Regione vuole riaprire la discarica di Castrolibero (di Matteo Olivieri)

di Matteo Olivieri

Dal Rapporto Preliminare Ambientale relativo al nuovo Piano di Gestione Rifiuti, la cui fase di consultazione si conclude oggi 22 aprile, si apprende che la Regione Calabria intende proseguire nell’iter di realizzazione di una Cittadella Energetica per la produzione di biogas nel Comune di Castrolibero e relativa discarica di servizio di 900 mila metri cubi di abbancamento, proprio al confine con i Comuni di Rende e di Cosenza.

Il nome sofisticato nasconde tuttavia uno scenario inquietante, ovvero la realizzazione di un impianto di produzione di biogas da una precedente discarica di rifiuti indifferenziati. A destare sconcerto è il fatto che le discariche indifferenziate sono fuori norma da anni e vanno bonificate senza indugio. Infatti, l’Unione europea con la Direttiva 99/31/CE ha stabilito che in discarica devono finire solo materiali inerti e precedentemente differenziati o trattati, al fine di impedire l’emissione di gas nocivi in atmosfera. Nonostante ciò, si sta invece pensando di usare i rifiuti interrati per produrne biogas. Come dire, i rifiuti rimarranno sotto terra e si pensa invece ad estrarre biogas.

A nulla sono valse finora le proteste dei residenti dell’area, che da anni stanno documentando le fuoriuscite di percolato altamente contaminante nel terreno e nei canali di scolo che conducono al Torrente Campagnano e, quindi, nel Fiume Crati. Ultimo in ordine temporale, è il servizio televisivo “Una valle, tre discariche” andato in onda sul TgR Calabria del 14 Marzo 2016 a cura della giornalista Ilaria Raffaele.

matteo9

Considerato poi che sull’area insistono numerose problematiche idrogeologiche, la decisione di potenziare il sito appare a dir poco incomprensibile. Infatti, la discarica si trova su terreni sabbiosi di diversa compattezza, ed è stata realizzata a seguito di lavori di abbattimento di boschi di eucalipto e uliveti, che hanno innescato numerose frane.

generica

La pericolosità del sito è del resto ben nota all’Autorità di Bacino della Regione Calabria, che – addirittura – dichiara buona parte dell’area come “frana attiva”. E, se la frana che riguarda la discarica risulta al momento “non classificata”, è solo perché la zona è disabitata, e quindi non si è ritenuto di spenderci altro tempo ad analizzarla in dettaglio. Una leggerezza, che tuttavia ha consentito alle autorità locali del Comune di Castrolibero di iniziare la costruzione di una strada di collegamento, successivamente bloccata – si sperava per sempre – su denuncia delle associazioni ambientaliste.

gra

Invece, apprendiamo ora dal Rapporto Preliminare Ambientale che la strada di accesso alla discarica non solo non è di fatto bloccata, ma – addirittura – si sta pensando di ampliarla con un finanziamento di 4 milioni di Euro. Denaro letteralmente buttato al vento, visto che, come si può vedere dal grafico, parte della strada di accesso alla discarica si trova proprio sopra la frana attiva, mentre gli ulteriori corpi di frana che si trovano nelle vicinanze sono classificati di media pericolosità, cioè P2.

pila

A rendere la situazione ulteriormente drammatica è il fatto che proprio sotto la discarica di Castrolibero scorrono numerosi corsi d’acqua sotterranei, che in alcuni punti formano un unico reticolo idrografico con i corsi d’acqua che invece provengono dalla discarica abbandonata (non impermeabilizzata e mai bonificata) di Rende. Pertanto, eventuali frane nella discarica di Castrolibero – che si trova in una gola – finirebbero per compromettere la stabilità anche della ex-discarica di Rende, che si trova ad un livello altimetrico di poco superiore. Lo scenario non è per nulla rassicurante.

gra1

Rimane un mistero come sia stato possibile realizzare tante discariche in un ambiente naturale così fragile, ma stupisce ancor di più l’ostinazione con cui la politica regionale vuole ora realizzare questa nuova infrastruttura nel posto meno indicato dal punto di vista naturalistico e idrogeologico. Soprattutto, stupisce che l’iter amministrativo del Piano Rifiuti vada avanti nonostante le annose proteste dei residenti dell’area urbana, e nonostante i dettami della recente Direttiva Europea 2014/52/UE, che impone la valutazione della vulnerabilità dei progetti pubblici e privati al verificarsi di calamità naturali o di incidenti gravi.

gra3

Come se non bastasse, i criteri di localizzazione degli impianti stabiliti nella relazione preliminare al Piano Rifiuti – copiati e incollati dal sito web della Fondazione Lombardia per l’Ambiente – prevedono che l’obbligo di autorizzazione paesaggistica, il divieto di realizzare impianti in aree Pai (Piani stralcio per l’Assetto Idrogeologico) ad effettivo rischio idrogeologico, le zone di rispetto delle risorse idriche, la distanza minima da aree naturali protette o da siti sensibili (come asili, strutture scolastiche, strutture sanitarie con degenza e case di riposo), le previsioni di inquinamento acustico e atmosferico derivante dal traffico in entrata e in uscita dall’impianto riguardino solo gli impianti di nuova realizzazione, non quelli già esistenti.

Pertanto, è altamente probabile che ci toccherà assistere a nuovi scempi ambientali, e dovremo ringraziare soltanto l’alto senso di responsabilità di qualche funzionario statale se nel prossimo futuro riusciremo a evitare lo scenario di un impianto per la produzione di biogas situato a poca distanza in linea d’aria dal popoloso quartiere di San Vito di Cosenza, e in prossimità del polo scolastico di Castrolibero e di numerosi campi coltivati. Visto che a Cosenza siamo in piena campagna elettorale, sarebbe interessante sapere qual è la posizione dei candidati a Sindaco in merito alla tutela della salute dei cittadini dell’area urbana.

In questa fase di consultazione pubblica che scade il 22 Aprile, solo alcuni soggetti sono autorizzati a far pervenire contributi e osservazioni al Piano Regionale di gestione dei Rifiuti. Si tratta perlopiù degli uffici tecnici dei dipartimenti regionali e provinciali, e di altri enti o soggetti competenti in materia ambientale (Parchi Nazionali e Riserve Regionali, Arssa, Afor, Arpacal, Autorità di Bacino, Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, Comunità Montane).

A questi uffici spetta un compito improbo, ovvero quello di opporre pareri motivati al Rapporto Preliminare Ambientale sui siti individuati dalla Regione Calabria e su tutte le “ragionevoli alternative” di siti potenzialmente eleggibili dove ospitare impianti di trattamento dei rifiuti.

Trascorsi i 60 giorni di legge o in assenza di rilievi tecnici, varrà il principio del “silenzio assenso”. I cittadini, i comitati e le associazioni esclusi da questa fase, dovranno attendere la successiva pubblicazione dell’avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria per prendere visione dei documenti e presentare proprie osservazioni e suggerimenti, ma solo attraverso le associazioni ambientaliste, sindacali e di categoria appositamente individuate. Infatti, la partecipazione ai tavoli di discussione pubblica da parte dei semplici cittadini – quelli per intenderci che vivono i territori e che difendono il diritto ad acqua e suoli non inquinati – non è prevista nella forma di consultazione pubblica organizzata. Evidentemente, non è ritenuta necessaria. Lo stesso requisito della posta elettronica certificata scoraggia la partecipazione dei singoli cittadini.

Si tratta senza dubbio di un grave vulnus democratico reso possibile dalle leggi vigenti, e di un passaggio burocratico di cui si sarebbe potuto fare a meno, se solo la scelta del sito fosse stata più avveduta e più attentamente valutata alla luce delle caratteristiche di fragilità del sito e nel vero interesse delle popolazioni locali.