La Terra di Piero ai confini del mondo: il lebbrosario di Schamahela

Non avevo mai immaginato i confini del mondo, eppure li avevo visti. Molti anni fa nella Repubblica Centrafricana visitai, assieme a Pariduzzu Leporace, a Piero Romeo e a Padre Fedele, il più grande lebbrosario del Centrafrica, quello di Bossangoa. Ne rimasi scioccato, ma forse non avevo piena consapevolezza del posto che vedevo. Ho sempre pensato, in questi anni, che Bossangoa fosse stata l’esperienza più forte (assieme a quella della visione della spossatezza dei bambini con Aids conclamato e i viaggi ad Auschwitz e Birkenau) della mia vita. Lo era. Ma non mi ero accorto di trovarmi ai confini del mondo. Forse ero troppo giovane per comprenderlo compiutamente.

Oggi volevo scrivere di gioia assoluta che ha procurato a me e ai miei favolosi 24 compagni di viaggio, la “nascita” del Parco Piero Romeo 2. Lo farò nei prossimi giorni. Ora non riesco. Perché non riesco a togliermi dalla mente che tre giorni fa sono stato al confine del mondo. E’ un tarlo che mi sta martellando e che sto cercando di esorcizzare girando come una trottola nei pressi di Iringa. A fare ‘mmasciate per la Terra di Piero, comprare pittura, mattoni, cemento per il parco. Sto utilizzando persino i miei proverbiali e scunchiudenti indovinelli per cercare distrazione.
Niente. Il confine del mondo ritorna, si incunea, mi devasta. Conquista il mio, di mondo. Per poi modularlo a suo piacimento. Il confine del mondo è il lebbrosario di Schamahela, nel centro della Tanzania, e da tre giorni nel centro del mio mondo. Un centro che fa confine. È strano, contradditorio, pesante.

Sono stato al confine del mondo. Eravamo in 17. Gli altri otto, comprensibilmente, avevano rinunciato. Non ce l’hanno fatta ad arrivarci. Perché arrivare in un lebbrosario può essere troppo anche per chi fa del volontariato un punto cardine della sua vita. In 17 abbiamo toccato con mano un confine labile che si materializzava negli occhi di Noella, che vive in una stanza tra i propri escrementi e la lebbra. Non riesce più ad alzarsi perché i piedi si stanno consumando da soli. La lebbra le ha già mangiato le mani, i gomiti, le ginocchia. La lebbra le ha massacrato la dignità di essere umano. Noella mi guarda come mi guardava mia madre prima di morire. Ho rivisto i suoi occhi in quegli occhi. Fantasticamente e drammaticamente uguali. Nel confine abitato da Noella, da Patrick che cammina sui talloni, da Benedetta che tende la mano con due dita soltanto a tutti quelli che passano, ci puoi restare un giorno, guardare il dispensario desolatamente vuoto perché il governo centellina tutto e manda sempre di meno, osservare le monache che cercano di lenire una disperazione totale ma ci riescono solo in minima parte. Puoi passare dalle camerate dei bambini lebbrosi e non girare lo sguardo verso di loro. Per vergogna o per viltà. Anzi, per entrambe le cose.

Io al confine del mondo mi sono scoperto vile. Perché parlavo a loro ed avevo paura. Non della malattia, non del contagio. Avevo paura degli occhi dei lebbrosi. Perché sono lebbrosi, ma continuano ad essere persone. Che ti guardano e ti chiedono perché il confine del mondo è toccato a loro. Persone come me. Ed io non saprei rispondere. Io non so rispondere a troppe domande. Questa cosa mi maciulla dentro e storpia tutte le certezze che mostro in pubblico. Non ho risposte a quegli occhi che chiedono. Cercherò di avere risposte, assieme alla Terra di Piero, da dare alle loro mani. Cercherò di alleviare quelle pene per quanto mi sarà possibile. Cercherò di dare tutto me stesso affinché Noella possa morire in modo “civile”. Cercherò di immaginare il confine del mondo attraverso gli occhi di una lebbrosa. Gli occhi che somigliano a quelli di mia madre.
Domani torneremo a mostrarvi gioia e sorrisi di bambini che si godranno il Parco Piero Romeo 2 ad Ipogolo.

Stasera no. Stasera la gioia non c’è. C’è una tristezza alla quale non riesco a dare neppure l’arrivederci speranzoso declamato da Dario Brunori. Stasera resto al confine del mondo, illudendomi che un giorno su quel confine ci possa camminare Noella e gli altri 59 lebbrosi di Schamahela. Ma per tornare indietro a cercare risposte che io saprò dare. Quel giorno gli occhi che somigliano a quelli di mia madre potranno chiudersi sereni. Come si chiusero i suoi. Al centro del mio mondo.

Sergio Crocco