L’ambiguità di Letta, la sparata di Irto e il disperato tentativo di Boccia

L’annuncio di Irto di ritirare la sua candidatura a presidente della Regione Calabria, un primo risultato lo ha prodotto, ed è stato quello di mettere a nudo l’ambiguità di Letta. Già, perché cosa pensa veramente Letta rispetto alla candidatura di Irto, e cosa ha in mente per la Calabria è di difficile comprensione. Gli anatemi scagliati da Irto ai feudatari calabresi del Pd che osteggiano la sua candidatura rappresentano solo un pretesto per dire altro. Ad ostacolare la sua candidatura prima ancora che i feudatari calabresi, meri esecutori di ordini, le forti correnti romane del Pd: gli orlandiani, gli zingarettiani, e diversi franceschiniani, ovvero la maggioranza dei membri che compongono la direzione nazionale del Pd, l’organo che decide e approva le candidature. E infatti Irto rivolge le sue “attenzioni” soprattutto verso Provenzano (di fede orlandiana) vicesegretario del Pd tra i principali oppositori alla sua candidatura, perché ha ben capito che il problema sta lì, e non in Calabria. Il tutto confermato da Madame Fifì che in un suo comunicato raddrizza il tiro e dice chiaramente che a non volere Irto sono soprattutto i “feudi romani”, e non quelli calabresi come ha detto Irto.

Irto racchiude il vero senso della sua “sparata” in quel: “ora se la veda Letta”. Che tradotto significa: prima dell’annuncio di rinuncia, Irto ha parlato con Letta, il quale gli ha spiegato che non ha niente contro di lui e la sua candidatura, ma in direzione nazionale l’opposizione al suo nome è forte. E questo perché sul tavolo delle priorità politiche del Pd viene prima la costituzione e la sperimentazione della “nuova alleanza” con il partito di Conte, piuttosto che la candidatura di Irto. Una candidatura che tra l’altro potrebbe mettere a rischio l’esperimento politico nazionale che il Pd e il partito di Conte si apprestano a “inaugurare” a Napoli, ed è questo il motivo principale della non accettazione della sua candidatura da parte delle correnti più influenti del Pd che vogliono concretizzare la saldatura con il fu Movimento 5Stelle, in vista anche delle elezioni nazionali, unica possibilità di vittoria contro le destre.

Ma a Napoli non basta la “nuova santa alleanza”, per vincere serve anche l’appoggio di De Magistris, candidato civico alla carica di presidente alla Regione Calabria, che con il Pd e il partito di Conte ha già stretto un patto. Del resto era stato lo stesso ex ministro Manfredi a dire che avrebbe accettato la candidatura (prima ritirata e poi confermata) solo se supportato da tutto il centrosinistra più De Magistris. Un appoggio, quello di De Magistris, che ovviamente va ricambiato con il sostegno alla sua candidatura in Calabria. Il Pd se vuole vincere a Napoli, e in tante altre città italiane, deve rinunciare al suo candidato in Calabria. Perciò Irto sbotta e accusa Letta di immobilismo e incapacità di determinarsi sulla sua candidatura. Spera di suscitare in Letta un moto di orgoglio che lo sproni ad intervenire per imporre, anche a costo di sacrificare la nuova alleanza, la sua candidatura.

Ma Letta cosa può fare se ha tutto il partito contro (a parte Guerini che poco conta nel gioco dei numeri)? Può sacrificare il bene del partito per una candidatura? Ed è proprio qui che sta l’ambiguità di Letta che conferma la fiducia a Irto, senza però dire chiaramente che la discussione sulla sua candidatura è chiusa, e che l’accordo con De Magistris è stato già siglato. E poi l’avversione alla candidatura di Irto non è solo una questione tutta interna al Pd, anche gli alleati Bersani e Speranza hanno chiaramente detto no a Irto e si al sostegno a De Magistris in Calabria. Se a questo si aggiunge anche la disponibilità del fu Movimento5 Stelle a sostenere De Magistris, il cerchio sull’esclusione di Irto si chiude definitivamente.

La venuta di Boccia domani in Calabria dovrebbe placare gli animi, il tentativo (disperato) è quello di mettere tutti attorno ad un tavolo e trovare possibili soluzioni al problema della disgregazione in bande del Pd in Calabria. Soluzioni che allo stato appaiono lontane dall’essere trovate. Le bande calabresi del Pd riflettono gli interessi delle correnti nazionali: i guccioniani, i franceschiniani (compreso Bevacqua che dovrà adeguarsi alle scelta del suo capo), i pallapalliani, e tutti i loro satelliti, si sono già espressi con un bel No a Irto. Un no che arriva dopo le rassicurazioni romane di una nuova sistemazione per i consiglieri uscenti. Irto in Calabria riceve il sostegno dei minnitiani, di Madame Fifì, e dei battagliani. Sarà difficile per Boccia ricomporre il quadro. E anche se dovesse riuscire nel miracolo di far passare Irto come il candidato del Pd, resta sempre un grosso problema da risolvere: l’unità dell’alleanza – 5Stelle, Leu, SI – del centrosinistra che sul nome di Irto hanno già espresso un bel NO. Letta è a un bivio: salvare l’alleanza con De Magistris e tutto il centrosinistra con possibilità di vittoria concreta sia a Napoli che a Roma, e in Calabria, oppure imporre la candidatura perdente di Irto (candidato solo del Pd) in Calabria e la catastrofe elettorale che ne consegue. A te la scelta.