Lamezia, le inquietanti analogie tra gli omicidi Ciriaco e Pagliuso. Il “nuovo feudalesimo”

A Lamezia Terme non è la prima volta che ammazzano un avvocato penalista.

In tanti sei anni fa, dopo l’eliminazione di Francesco Pagliuso, hanno pensato a Torquato Ciriaco, che venne eliminato dalla ‘ndrangheta il 1° marzo del 2002. L’avvocato Ciriaco venne trucidato con una raffica di pallettoni “incamiciati” calibro dodici, alle 23 del primo marzo 2002 mentre a bordo della sua auto stava dirigendosi verso la sua abitazione fuori Lamezia. Ci sono tante analogie con l’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso.

Torquato Ciriaco secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori fu ucciso almeno da due sicari che a bordo di un’auto attesero la vittima che aveva appena chiuso il suo studio in piazza della Repubblica, a poca distanza dello svincolo della super strada dei Due Mari per Maida, in territorio di quest’ultimo comune. Dunque, lo hanno atteso. Così com’è accaduto per Pagliuso. 

Ciriaco viaggiava solo a bordo di un fuoristrada Ford di sua proprietà e aveva appena imboccato il ponte sul fiume Amato quando i killer fecero fuoco, ferendolo, forse mortalmente. L’avvocato comunque ebbe la forza di continuare per qualche metro alla guida del mezzo, ma si schiantò contro un muro dove fu raggiunto dai sicari che spararono nuovamente. Anche Ciriaco, quindi, come Pagliuso, trova la morte a bordo del suo fuoristrada. Cambia solo la marca. 

Per lunghi anni la magistratura e le forze dell’ordine brancolarono nel buio, poi con l’avvio della stagione del pentitismo anche a Lamezia, le cose per fortuna sono cambiate.

Durante un processo contro la cosca Giampà, uscì fuori un certo Michienzi e la situazione si sbloccò. 

Tommaso Anello e i due Fruci

Gli assassini di Ciriaco – secondo Michienzi – erano stati tre: Tommaso Anello, boss dell’omonima cosca operante nel lametino, all’epoca dei fatti alleata con i Torcasio di Lamezia, Giuseppe e Vincenzino Fruci. All’omicidio avrebbero partecipato anche Santo Panzarella, scomparso nel luglio 2002, e Francesco Michienzi, oggi appunto collaboratore di giustizia.

L’avvocato Ciriaco sarebbe stato ammazzato a causa del suo interessamento, per conto di un suo cliente, Salvatore Mazzei, grosso imprenditore edile di Lamezia, al complesso aziendale di una società edile fallita e ad alcuni terreni limitrofi; beni che la cosca Anello voleva finissero ad un imprenditore già sottoposto ad estorsione.

La DDA di Catanzaro ha chiesto l’ergastolo per Anello e i due Fruci mentre tratterà con un occhio di riguardo il pentito. Ma, nel 2017, dopo un lunghissimo processo di primo grado, sono stati tutti assolti, compreso il pentito… Poi, nel 2021, in Appello, i due Fruci erano stati condannati a 30 anni e Anello assolto, adesso – proprio ieri – la Cassazione ha annullato le condanne con rinvio, disponendo la celebrazione di un nuovo processo. Quello che è emerso, allora, come sappiamo bene in Calabria, non è tutto. Insomma, è solo una parte della verità.

A farlo balenare fu Massimo Brutti, componente della Commissione parlamentare antimafia, nella seduta dell’otto ottobre del 2002, quando davanti all’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu affermò: «L’omicidio dell’avvocato Ciriaco a Lamezia Terme getta un fascio di luce su una serie di intrighi e di traffici che riguardano la criminalità organizzata, ma anche famiglie dell’establishment lametino nonché la sfera politica».

Torquato ciriacoQuando viene ucciso, l`avvocato Torquato Ciriaco è nel punto massimo di crescita della sua carriera professionale. Non senza difficoltà è riuscito a ritagliarsi il suo posto nella realtà lametina che definiva “il nuovo feudalesimo”.

Suo cliente, tra gli altri, è l’imprenditore Salvatore Mazzei (del quale scrivevamo prima), proprietario della famigerata cava. Anche lui, in quegli anni, si sta ingrandendo. È riuscito ad accaparrarsi le forniture di materiale per alcuni tratti dell`autostrada A3. Non può partecipare, però, agli appalti perché la Prefettura gli ha rilasciato una certificazione antimafia negativa.
L`avvocato Ciriaco tenta allora di realizzare una nuova società per poter partecipare direttamente ai lavori. Ma le attività di Torquato Ciriaco sono tante. Proprio come quelle dell’avvocato Pagliuso, che si interessa di immobili e perfino di ristorazione. 

C`è lui, infatti, tra i firmatari del progetto per la realizzazione di un porto turistico a Gizzeria. Viene contattato da Sviluppo Italia per redigere un parere giuridico sulla fattibilità della nuova autostrada jonica.

È sempre lui a gestire la vendita di un importante villaggio turistico del Vibonese, di proprietà dell`ex assessore regionale Stillitani, a un tour operator internazionale.

A febbraio del 2002 inaugura la prima sala Bingo di Lamezia, la più grande del Meridione. Insomma, l`avvocato Ciriaco sta diventando importante, si sta inserendo nei progetti più rilevanti della zona e soprattutto negli appalti pubblici.

Difficilmente, a questo punto, sapremo mai cos’è accaduto davvero e se anche Pagliuso aveva a che fare con politici e appalti pubblici come Torquato Ciriaco. Ormai non c’è più nessun dubbio: siamo davanti ad un omicidio di mafia che ormai da tempo è passato all’attenzione del dottore Gratteri, al quale la ‘ndrangheta (di stato) ha lanciato il suo primo, inquietante messaggio. Gratteri tempo fa aveva lasciato trapelare la notizia del coinvolgimento di due colleghi di Francesco Pagliuso se non proprio nell’omicidio, almeno in alcune vicende direttamente o indirettamente legate all’eliminazione del penalista. Ma la pista alla fine non ha avuto seguito. E non c’è dubbio che gli avvocati – a Lamezia come in tutta la Calabria – siano tra le categorie più esposte ai ricatti della ‘ndrangheta (sempre di stato). Anche a Cosenza, negli anni Ottanta, fu ammazzato un penalista: si chiamava Silvio Sesti. E anche quella storia ricorda molto da vicino quella di Pagliuso e quella di Ciriaco.