L’Anac: “Il Ponte è un favore a Salini a danno dello Stato”

(DI CARLO DI FOGGIA – Il Fatto Quotidiano) – Matteo Salvini si sarà convinto che Giuseppe Busia si è prefissato il compito di rovinargli sempre la festa, ma la realtà è che la presidenza di un’autorità indipendente gli consente il lusso, raro in Italia, di dire le cose come stanno. Era già successo con il Codice degli appalti e ora il presidente dell’Autorità anticorruzione ha fatto lo stesso col decreto con cui il ministro delle Infrastrutture ha resuscitato il ponte sullo Stretto di Messina bollandolo, in sostanza, come un pericolosissimo favore al colosso Webuild. L’uscita poteva rovinare la “festa” delle audizioni sul tema alla Camera, dove sono comparsi alcuni dei padri della maxi-opera: dall’ex Ad della Stretto di Messina, Piero Ciucci, all’ideologo delle grandi opere ferroviarie Ercole Incalza, per 15 anni ministro di fatto dei lavori pubblici. Salvini ha replicato da par suo fingendo che Busia non avesse parlato: “Grande soddisfazione al Mit per le rassicurazioni sulla qualità del progetto, sui benefici dell’opera sul territorio, sulla determinazione delle Regioni. È una sfida che Salvini intende vincere, dopo decenni di studi e dibattiti”, è la nota che il suo ministero dirama in serata.

Eppure, in un Paese non anestetizzato, le parole di Busia farebbero scalpore. “Il decreto legge, essendo entrato in vigore facendo proprio il progetto dei privati del 2011, ha determinato una posizione di vantaggio del Contraente generale – ha esordito il presidente Anac – Così si è evitata la gara pubblica, senza aver risolto il contenzioso precedente”. Il contraente generale è il consorzio Eurolink, capitanato dall’attuale Webuild, che nel 2005 vinse la gara per il ponte ed è titolare del contratto risolto nel 2013 quando il governo Monti decise di fermare l’opera: Webuild ha fatto causa chiedendo 700 milioni allo Stato, ma in primo grado ha perso; ora il decreto Salvini resuscita il contratto.

Busia ha messo in guardia governo e Parlamento dal concedere eccessivi vantaggi giuridici ed economici al colosso delle costruzioni guidato da Pietro Salini senza aver prima definito il vecchio contenzioso e ha chiesto che siano introdotti specifici obblighi in capo a Webuild, trasferendole i rischi connessi all’opera, che il decreto lascia tutti in capo al pubblico. Ascoltando le sue parole, si capiscono le preoccupazioni che hanno spinto a marzo Quirinale e Palazzo Chigi a tenere inutilmente fermo il decreto per due settimane. Busia è il primo a dirlo in chiaro: così com’è scritto, il testo garantisce a Salini di incassare cospicui indennizzi se l’opera alla fine non venisse fatta, ribaltando le sorti del procedimento in tribunale. “Il decreto fa accettare al pubblico il progetto dei privati senza chiedergli prima di rinunciare al contenzioso in corso con lo Stato” e se non viene modificato “le decisioni del contraente privato potranno comportare oneri nuovi e sconosciuti per lo Stato”. Salini infatti non ha rinunciato alla causa, ma ha fatto sapere di poterlo fare se gli viene garantita nero su bianco la costruzione dell’opera. Il 15 maggio è attesa l’udienza d’appello, ma Vincenzo Fortunato – il commissario di Stretto di Messina Spa, concessionaria dell’opera – ha detto che chiederà un rinvio.

Il primo ostacolo, ha ricordato Busia, sono le norme Ue. “La decisione di non fare la gara sta in piedi rispettando i vincoli europei solo se non si aumentano i costi oltre il 50% di quanto originariamente previsto (4,3 miliardi nel 2002, saliti a 8 miliardi nel 2011)”, ha spiegato. Vale la pena di ricordare che nell’allegato al Def il governo quantifica i costi in 13,5 miliardi, il 60% più di quelli, già lievitati, del 2011. A ogni modo, per il presidente dell’Anac è l’intero impianto del testo che regala uno strapotere a Webuild: “Col decreto è stato assegnato al privato un notevole potere contrattuale, che va bilanciato modificandolo. In caso contrario, basterà una semplice relazione del privato per determinare le modifiche e gli adeguamenti necessari al ponte. È cioè il privato che decide gli adeguamenti necessari (e quindi i costi dell’opera) e non lo Stato”. Insomma, il decreto “non stabilisce obblighi in capo al contraente generale sui tempi, i costi e l’assunzione dei rischi”.

Il governo non ha replicato, optando per il silenzio. Salvini ha preferito elogiare le parole (“particolarmente efficaci”) di Piero Ciucci, che si è scagliato contro la decisione del 2013 del governo Monti. Ciucci è l’uomo che nel 2009 firmò una modifica del contratto stabilendo che la penale scattava anche se il progetto non fosse stato approvato dal Cipe. Un caso unico al mondo. D’altronde, è il ponte dei record.