L’ascesa del duro Prandini che ha portato la Coldiretti alla corte di Lollobrigida

(di Antonio Fraschilla – repubblica.it)Ettore Prandini è considerato il mastino di una triade che oggi governa l’agricoltura italiana. Una triade composta, oltre lui, da Federico Vecchioni e Vincenzo Gesmundo: il primo amministratore delegato di Bf spa, colosso da 1,2 miliardi di euro di valore che raggruppa il meglio del settore, dalla produzione alla distribuzione e alla finanza; il secondo potentissimo deus ex machina di Coldiretti, da decenni, seduto in una miriade di cda del comparto.

Prandini da cinque anni è il volto dell’associazione con i favori di Gesmundo. E oggi Coldiretti è diventata una sorta di ministero aggiunto che detta la linea in materia. Soprattutto dopo l’arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni e la nomina a ministro del cognato d’Italia Francesco Lollobrigida. Dalla carne coltivata alla pesca a strascico, dai contratti di filiera sostenuti a suon di milioni dallo Stato alla difesa della “sovranità alimentare” passando per le nuove norme sui flussi migratori per l’agricoltura: tutto il dizionario agricolo utilizzato da Meloni e Lollobrigida è stato scritto nelle stanze della Coldiretti.

Un feeling fortissimo, quello tra l’associazione e il governo: la prima uscita pubblica di Meloni appena insediatasi al governo del Paese? A un evento Coldiretti a Milano. La chiusura della campagna elettorale di Lollobrigida? A Potenza insieme a Prandini. Il nuovo capo di gabinetto del ministro? Un uomo che arriva da Coldiretti.

Per carità, l’associazione dei padroni grandi e piccoli della terra da sempre, storicamente, è stata filogovernativa: nei corridoi della Coldiretti ricordano ancora il sostegno palese a Matteo Renzi per il referendum costituzionale che doveva lanciare in orbita l’allora presidente del Consiglio. «Vedrai con noi ce la farai», sussurrò Gesmundo a Matteo. La storia è andata diversamente.

Ma adesso con l’arrivo di Meloni al governo il rapporto è andato oltre ogni più rosea speranza. E forse questo spiega la spavalderia del presidente di Coldiretti ieri davanti a Palazzo Chigi dove manifestavano i deputati di Più Europa, favorevoli alla carne coltivata.

Ettore Prandini, carattere ruvido tipico dei campi bresciani, è da tutti definito un “decisionista”: esattamente il soprannome che venne dato al padre, il ministro potente dei Lavori pubblici, il democristiano Giovanni Prandini. Il padre, definito dalla sinistra Dc un componente della “banda dei quattro” insieme a Paolo Cirino Pomicino, Francesco De Lorenzo e Carmelo Conte, venne coinvolto in Tangentopoli e poi prosciolto. Ettore nel frattempo fin da giovane inizia a guidare l’azienda zootecnica di bovini da latte di famiglia nelle terra della Lugana. Nel 2006 arriva alla guida la Coldiretti Brescia, nel 2012 è al vertice della Coldiretti Lombardia. Poi l’incoronazione nel 2018 a volto nazionale dell’associazione. Dietro le quinte c’è il suo gran sostenitore Gesmundo, che da anni tesse la tela dell’agricoltura italiana. Lui, sostiene, sempre “contro le multinazionali” e l’Europa: “Noi siamo scomodi a media e multinazionali ma tuteliamo Italia e cittadini, con Cai e Bf difendiamo il comparto”, ha detto a Roma qualche settimana fa al villaggio Coldiretti. Cai e Bf sono due colossi che raggruppano consorzi agrari e mondo della finanza, sotto la guida di Vecchioni, che ha appena fatto il grande salto anche nel mondo dell’editoria di destra, investendo ne La Verità di Maurizio Belpietro: scelta gradita da Meloni e dal suo cerchio magico.

Prandini, anche forse forte del peso che ha nel governo, ieri in piazza ha voluto contestare l’opposizione. Diventando improvvisamente popolare anche in mondi a lui sconosciuti, a partire dai social: su twitter l’hastag Prandini è stato per ore tra quelli di tendenza.

Il ministro Lollobrigida ieri a caldo si è dissociato. Poi in serata ha corretto il tiro a favore di Prandini: “Ha difeso gli agricoltori”. Tra i due, d’altronde, chi detta la linea della politica agricola è il leader della Coldiretti.