Lettere a Iacchite’: “Noi, vittime del potentissimo clan Canonaco e della giustizia alla cosentina”

Chi è la talpa che in procura avvisa e protegge Paolo Canonaco e il suo clan? Sì, perché all’interno della procura della Repubblica, nel Tribunale di Cosenza, avvengono situazioni alquanto dubbie a favore del signor Paolo Canonaco e del suo parentato.

Antefatto: nel gennaio del 2017 la signora Manuela Canonaco, grazie agli imbrogli di suo cugino, l’avvocato Paolo Canonaco (chiedo scusa a chi esercita dignitosamente tale antichissima professione), effettua una esecuzione immobiliare di un appartamento posto al sesto piano di uno stabile fatiscente all’inizio di via degli Stadi (subito dopo piazza Europa, di fronte al sottopasso), costruito dal padre Carlo.

Gli “esecutati” consegnano all’ufficiale giudiziario le chiavi dell’appartamento su cui si agisce, ma i malcapitati sono anche proprietari, a titolo originario (essendo in corso da due anni la procedura di usucapione), di un appartamento rustico ubicato al settimo piano dello stesso stabile. E allora, la signora Manuela Canonaco, sempre consigliata dal suo cugino avvocato, sapendo che loro tutto possono in quanto milionari e massoni e quindi intoccabili per la “giustizia” cosentina, decide di andare a cambiare la serratura anche di questo appartamento.

I proprietari, recandosi nell’appartamento del settimo piano, trovano, quindi, la serratura della porta cambiata e a loro volta la sostituiscono perché devono entrare nella loro casa ma non sporgono denuncia perché non hanno le prove – o meglio non hanno santi in paradiso – di chi sia stato l’autore di tale reato.

E qui viene il bello perché alla fine sarà proprio la Manuela Canonaco a denunciare i proprietari dell’appartamento del settimo piano, dichiarando falsamente che “… il giorno dell’esecuzione del rilascio dell’immobile posto al sesto piano, tra l’altro avvenuta davanti all’ufficiale giudiziario, avrebbe ricevuto dagli esecutati anche le chiavi dell’appartamento del settimo piano.

Ebbene, nonostante le palesi menzogne, quello che dicono i Canonaco sembra essere “legge” e così la versione falsa della signora Manuela viene fatta passare per buona sia dai carabinieri sia dal pubblico ministero Donato (il braccio destro di Tridico, e che ve lo dico a fare?) sulla base della sua parola, senza dare nessuna prova di ciò che racconta.

Dopo pochi giorni dalla presentazione della denuncia, i querelati vengono ascoltati dai carabinieri e qualche mese dopo il pm Donato emette il decreto di citazione diretta a giudizio. Il tutto in pochissimo tempo perché – come si sa – i carabinieri e i pubblici ministeri sono a disposizione degli amici degli amici mentre per i comuni mortali possono passare anche anni.

Morale della favola: la onnipotente Manuela Canonaco, qualche mese più tardi, di nuovo va a sostituire la serratura dell’appartamento del settimo piano e la legittima proprietaria a sua volta di nuovo la cambia perché deve pur accedere alla sua abitazione ma questa volta, avendo le prove che a sostituire la serratura della porta di casa sua è la signora Canonaco, la denuncia.

E come va a finire una causa al Tribunale di Cosenza se l’imputato di un reato si chiama Canonaco e fa parte di quel parentato? Il pm non può fare altro che archiviare. Come? Beh, in questo caso il pm Cava, senza dare il via a nessuna attività di indagine, ma semplicemente sulla base della precedente denuncia, nella quale la Canonaco era invece “parte offesa”, e dove non c’è alcun richiamo della seconda denuncia presentata dai legittimi proprietari dell’appartamento del settimo piano, decide di chiedere (e ottenere) l’archiviazione.

Ora, le domande sorgono spontanee, tralasciando il fatto che coloro che applicano il diritto lo conoscono davvero poco o sono talmente “ingenui” da farsi raggirare dalle menzogne dell’avvocato Paolo Canonaco. Ma come faceva il pm Cava a sapere della prima denuncia senza aver fatto alcuna attività di indagine e senza nessun riferimento della stessa nella seconda denuncia? Ma – ancora peggio – come si fa a non perseguire chi commette ben due reati, truffa giudiziaria ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni? Forse perché chi li ha commessi si chiama Canonaco?

Ma da chi è composto il clan Canonaco?

I Canonaco fanno parte dell’ampia schiera dei “palazzinari” cosentini, perché negli anni Sessanta quasi ognuno di loro ha costruito palazzi nelle zone centrali di Cosenza e i loro numerosi appartamenti o vengono affittati a gente bisognosa che ha diritto al buono casa o vengono concessi in comodato d’uso gratuito. Insomma, i classici evasori fiscali travestiti da filantropi, parassiti che nella vita non hanno mai lavorato e campano sulle spalle dei poveri disgraziati.

Ma procediamo con ordine. Manuela Canonaco è la sorella di Giorgio Canonaco, “sistemato” alla Regione Calabria, sposato con Barbara Blasi, nipote di Ennio Morrone e – come avete scritto anche voi “giustificando” gli incarichi che prende al Comune di Cosenza – cugina di Luca, ormai tornato alla corte di Occhiuto. E per giunta Barbara Blasi fa anche politica attiva essendo stata candidata con Manna al comune di Rende e recentemente con il “nuovo” movimento politico Noi con l’Italia di quel furbacchione di Pino Galati

Ma Manuela e Giorgio Canonaco hanno anche un altro fratello di none Valerio (anche di questo vi siete occupati), a sua volta sposato con l’europarlamentare del M5s Laura Ferrara. Insomma, una famiglia che più trasversale, ramificata e con le mani in pasta non si può!

Tuttavia, il loro capo, colui che gestisce ed organizza è senza dubbio il cugino Paolo Canonaco, che esercita la professione di avvocato grazie all’aiuto di sua sorella – adesso giudice a Roma ma prima giudice penale nel distretto cosentino, dove ha ancora molte amicizie. Paolo è sposato con Rita Bilotti, nipote del “mecenate di cartone”, e insieme gestiscono il Castello di Serragiumenta ad Altomonte, dove si festeggiano lussuosi matrimoni. Sempre ad Altomonte, Paolo Canonaco è anche molto attivo nel campo dell’eolico. Della serie: il fine giustifica i mezzi… Ma solo per loro e per i loro “fratelli”. E così sia.

Lettera firmata