Liste di attesa per visite ed esami: come si prendono in giro i pazienti

(Milena Gabanelli e Simona Ravizza – corriere.it) – Il Sistema sanitario nazionale deve garantire una prestazione in 72 ore se urgente, entro 10 giorni se c’è il codice «breve», entro 30 giorni per una visita e 60 per un esame se è differibile, e ancora entro 120 se sono programmati (qui il documento).

Cosa dice la legge

È il medico che al momento della prescrizione indica il codice di priorità sulla ricetta. Lo prevede il Piano nazionale di governo delle liste di attesa (Pngla) del febbraio 2019 con il quale, secondo le buone intenzioni dell’allora ministro alla Salute Giulia Grillo, avrebbero dovuto essere assicurati tempi certi per le prestazioni in modo da riportare il diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della Costituzione, al centro del Ssn. La prenotazione della visita medica o di un esame diagnostico deve avvenire con in mano la prescrizione medica, il codice fiscale e la tessera sanitaria tramite i Cup telefonici, allo sportello dell’ospedale oppure tramite i siti online regionali. A ciascuno vengono comunicate le date disponibili che troppo spesso sforano i tempi di legge come i cittadini sperimentano quotidianamente sulla propria pelle.

Il meccanismo di controllo

Per correggere le storture, ciclicamente vengono messi in campo correttivi come la possibilità su richiesta del paziente in caso di mancato rispetto dei tempi di attesa di utilizzare la libera professione dentro l’ospedale pubblico e pagare solo il ticket, l’allungamento serale degli orari degli ambulatori e perfino lo stop alla libera professione: tutte misure che di fatto ogni volta restano sulla carta, come già denunciato in un Dataroom del 2 luglio 2019. L’arrivo della pandemia non ha di certo contribuito alla soluzione dei problemi. La legge indica anche l’obbligo per le Regioni di pubblicare i dati sui tempi di attesa su siti dedicati. Uno strumento di controllo all’insegna della trasparenza, sia per i cittadini sia per gli esperti indipendenti che desiderano studiare il fenomeno in un’ottica di politiche sanitarie future. Devono essere resi noti i tempi di attesa per le prime visite specialistiche di 14 prestazioni e per 65 esami diagnostici (qui l’elenco da pag. 13). È una rendicontazione che richiede alle Regioni un importante lavoro di inserimento dati. Andiamo a vedere i risultati con l’aiuto di uno studio di Hi – Healthcare Insights, un osservatorio indipendente sull’accesso alle cure promosso da Fondazione The Bridge.

Cosa succede in realtà

Il meccanismo di controllo non funziona per almeno cinque motivi.
1) Prendiamo il sito della Toscana: il tempo di attesa nel 2020 per una risonanza magnetica all’addome è indicato in 69 giorni. Ma non viene detto se è una prestazione da garantire subito, entro 10 giorni, 30 o 60. Lo stesso avviene in Emilia-Romagna, nelle Province autonome di Bolzano e Trento e in Calabria. Questi siti delle Regioni, che inseriscono il tempo di attesa medio senza fare distinzione in base al codice di priorità (urgente, breve, differibile o programmato), di fatto pubblicano informazioni inutili. In Basilicata viene misurato il tempo solo per il codice di priorità «differibile».
2) In Molise il calcolo dei tempi di attesa viene fatto solo su una settimana a discrezione, in Calabria e in Veneto su un giorno-indice (il riferimento è sempre al 2020).
3) In Friuli-Venezia Giulia e Campania vengono pubblicati solo i dati di alcune aziende sanitarie, probabilmente le più efficienti. I risultati rischiano dunque di essere falsati.
4) La lista delle prestazioni da monitorare per legge non viene rispettata. In 17 Regioni rilevano meno visite ed esami di quelli indicati dal Pngla (Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Pa Bolzano e Trento, Piemonte, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto).
5) Non è possibile sapere se il tempo indicato è «in previsione» (ossia indico oggi quello che è il tempo di attesa previsto) oppure è «a posteriori» (ossia indico quello che in realtà c’è stato da attendere). Non lo specificano: Basilicata, Campania, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Province autonome di Bolzano e Trento, Piemonte, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto.

Ricoveri

È lo stesso sistema anche per i ricoveri che devono essere garantiti entro 30 giorni per i casi clinici che potenzialmente possono aggravarsi rapidamente (A), entro 60 se c’è un dolore intenso o gravi disfunzioni (B), entro 180 giorni se il dolore è minimo (C), entro 12 mesi se non c’è alcun dolore e urgenza (D). Il monitoraggio del Pngla è su 17 prestazioni di ricovero (qui l’elenco da pag. 17).

I risultati

Di fatto con i dati raccolti sembra che tutto vada bene e che non ci siano problemi sulle liste di attesa quando sappiamo bene che non è così, a maggior ragione nel 2020 che sconta l’effetto pandemia: nei mesi di marzo, aprile e maggio c’è una sospensione di quasi tutte le prestazioni non urgenti e un calo anche delle richieste per la paura di contagiarsi andando in ospedale, per poi avere come conseguenza un intasamento del sistema sanitario e un allungamento dei tempi per visite ed esami (Dataroom del 23 giugno 2020).

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A Flourish map

Per una risonanza magnetica alla testa l’attesa è in media di 12 mesi come indicato nel XXII rapporto di Cittadinanzattiva. Invece dai dati pubblicati dalle Regioni risultano in media 30 giorni per il 2019 e 27 per il 2020. Interventi chirurgici per il cancro al seno: gli epidemiologi del gruppo di «Monitoraggio per gli impatti indiretti del Covid-19» stimano che con la pandemia abbiano subito rallentamenti importanti, con un calo del numero delle operazioni contro i tumori alla mammella tra il 20 e il 40%. Recuperare il tempo perso dovrebbe portare a un prevedibile ingolfamento del sistema. Invece dai dati delle Regioni risulta addirittura un miglioramento nei giorni di attesa: 39 nel 2019 e 23 nel 2020. Visita oculistica: a metà 2020 per il Crems (Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale),i tempi di attesa sono raddoppiati, 144 giorni contro i 70 del 2019. Dalla analisi dei dati delle Regioni emerge, invece, che in media i tempi sono in linea tra il 2019 e il 2020 e decisamente più brevi di quelli previsti: 25 giorni per il 2019 e 28 per il 2020. La lista degli esempi potrebbe continuare.

Perché avviene

Tutto questo avviene perché si è fatta una norma sul monitoraggio che dice alle Regioni: dovete inserire i dati, ma potete scegliere il criterio che per voi funziona meglio. Ovviamente ogni Regione adotta il criterio che le conviene di più. Inoltre: là dove il Pngla prevede degli obblighi ben definiti, come il numero di prestazioni da monitorare, se sei inadempiente, non ci sono sanzioni. E così alla fine vengono prodotte montagne di carta per dimostrare che tutto va bene, mentre sono montagne di dati che non servono a nulla. E se mancano le informazioni complete e veritiere sulle performance del sistema sanitario, diventa impossibile capire dove bisogna intervenire.