Luberto, finte spie e dossier farlocchi

Luberto

Sono diversi giorni che girano voci strane a Cosenza. Certo, non è la prima volta e non sarà certo l’ultima. Ma questa “strana voce” ha qualcosa in più, rispetto alle solite. In redazione da noi, come sa bene la questura, passa di tutto, siamo stati avvicinati e contattati dai più disparati e disperati soggetti. Ne abbiamo sentite tante che oramai non ci meravigliamo più di niente. Ma questa volta la meraviglia ci ha di nuovo sorpresi. Proprio mentre rientravo a casa ieri sera, dopo aver ricevuto nei giorni scorsi diverse telefonate di “abbocco”, sono stato avvicinato da un tizio.

Lo stesso, dopo essersi presentato come il “procuratore” di un personaggio che vive a Bologna, nostro affezionato lettore, di cui non ha esplicitato il nome, per motivi di sicurezza a detta sua, mi dice di volerci farci dono di “notizie scottanti”.

Di questi incontri negli ultimi mesi me ne sono capitati diversi, e come sempre, senza farmi troppe domande e per meglio capire dove vogliono andare a parare, ho deciso di ascoltarlo. Dice di chiamarsi Mario Franchini, e il motivo di questo suo contatto con noi è solo per amore di giustizia e della verità. Valori che molto stanno a cuore al suo capo, mi dice. E siccome in Calabria nessuno oltre a noi, mi dice, ha il coraggio di dire come stanno realmente le cose, non potevamo che essere noi i destinatari di una così importante notizia.

Con gli altri giornali non ci hanno neanche provato. A detta sua, sono venuti direttamente da noi. Finiti i preliminari gli chiedo di cosa si tratta. E lui prontamente mi dice che è in possesso di un “dossier” che contiene diverse intercettazioni telefoniche, tra il PM Luberto e diversi uomini politici di primo piano, sia calabresi che di livello nazionale.

Il contenuto, spiega, è relativo a favori che il PM avrebbe fatto a diversi politici in ordine a diverse indagini. In alcune, mi dice, il PM parla con un deputato della Repubblica italiana informandolo sullo stato di alcune indagini che lo riguarderebbero in prima persona. Descrive Luberto come un “sodale” di un gruppo politico (deputati e senatori del PD di area renziana) che spesso e volentieri si adoperano per colpire i nemici con inchieste giudiziarie costruite ad arte.

Continua dicendo che il PM Luberto, garantisce a questi suoi “compari” le adeguate coperture giudiziarie, quando da qualche inchiesta spuntano i loro nomi. Insomma dice che il dottor Luberto è uno addomesticabile. Uno che salvaguarda i propri “amici” politici dalle inchieste, alcune di queste ancora in corso. Una accusa grave, che gli chiedo di sostanziare con qualche elemento concreto. E a questo punto tira fuori un telefonino e mi mostra “le foto” di verbali in cui è trascritta la conversazione tra Luberto e diversi pezzotti politici.

Mi dice che prima di darmeli in forma cartacea e senza oscuramento dei nomi dei politici, ha bisogno di una prova di fiducia da parte nostra. E mi chiede di pubblicargli come gesto di “amicizia” alcuni verbali che sputtanano alcuni esponenti della mala locale, appartenenti al clan degli zingari che in diversi verbali che mi consegna fanno delle “confidenze” all’ispettore Sole della questura di Cosenza.

Insomma mi dà l’elenco dei confidenti della questura, i famosi malandrini di giorno e pentiti di notte. Roba che scotta. Conclude dicendomi che non appena vedrà pubblicati questi verbali, mi farà avere il materiale su Luberto, mi saluta e se ne va.

La cosa, ovviamente mi ha lasciato alquanto perplesso. Chiamo subito il direttore e lo informo di tutta la storia. Appena terminato il racconto il direttore mi dice: scrivi subito questa storia, rendiamola pubblica perché qui c’è qualcosa che puzza. Potrebbe essere la classica polpetta avvelenata. Un modo per inquinare inchieste e buttare fango sul PM. E nello stesso tempo usarci come mezzo per sputtanare, magari, rivali in loschi affari.

Ecco perché abbiamo deciso di rendere pubblico questo strano incontro. Non ci prestiamo, se le cose non sono chiare e verificate, ad alcun giochetto, messo magari in atto da chi pensa che la nostra foga nello sputtanare il malaffare possa essere strumentalizzata. Perciò al signor Mario Franchini dico di non chiamarmi più e di tenersi alla larga dalla nostra redazione. Altrimenti la prossima volta sarò io ad organizzargli una bella sorpresa.

GdD