Marlane Praia a Mare: una sentenza che riconosce il “disastro ambientale”

Praia a Mare – Stabilimento tessile Marlane: una Sentenza che riconosce il “disastro ambientale”.

È stata emessa qualche mese fa (in data 25/9/2017), ma è stata depositata e resa disponibile solo di recente, la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro (Prima Sezione Penale), pronunciata al termine del processo d’appello, a carico di diversi dirigenti del gruppo industriale “Marzotto S.p.A.”, già imputati nel processo di primo grado precedentemente intentato  a seguito  della morte di ben 107 operai, ex lavoratori dello Stabilimento tessile “Marlane” di Praia.

La sentenza della Corte d’Appello ha fatto seguito all’altra sentenza di primo grado nei confronti degli stessi dirigenti, precedentemente emessa, come forse alcuni ricorderanno, dal Tribunale di Paola circa tre anni prima (in data 19/12/2014), e ne conferma il disposto che li assolveva tutti da ogni capo d’accusa, confermandolo in pieno, “perché il fatto non sussiste”.

A noi preme qui evidenziare e rimarcare però  che la sentenza, pur mandando assolti gli imputati, ha accertato  in modo chiaro ed incontrovertibile, sulla base delle perizie dei consulenti (De Rosa, Triassi, Betta, Comba, Paludi, Mayol, Brancati, Russo, Bai) una situazione ambientale dell’area Marlane estremamente grave e preoccupante  che così viene descritta:

“la presenza massiva di contaminanti nell’area antistante lo stabilimento Marlane appare conclamata e lo sversamento costante nel tempo di fattori altamente inquinanti  sul terreno antistante la fabbrica, ha contribuito a causare un diffuso inquinamento ambientale ed una situazione di rischio significativo per la popolazione dell’area, soprattutto per la presenza di  sostanze volatili  e di polveri sottili impregnate dai coloranti azoici e dei loro sottoprodotti, dai metalli assorbiti, dai policloribifenili e dagli idrocarburi policiclici aromatici, trasportabili  dal vento e in grado di depositarsi nelle vie respiratorie dell’uomo.

La mancata rimozione dei residui di derivazione industriale della lavorazione, l’evidente loro mancato smaltimento e l’accumulo nel corso degli anni, porta a concludere che  l’indiscriminata operazione di smaltimento in loco , abbia determinato le condizioni per il verificarsi di un disastro ambientale non solo per la presenza del composto 2-methjl-4-metossibenzennamina, ma per la presenza massiva di coloranti azoici, le varie ammine aromatiche, il cromo esavalente, l’amianto, i metalli pesanti, PBC e IPA, tutte sostanze di cui la nocività, tossicità, ed in alcuni casi la cancerogenità sono ampiamente riconosciute dagli studi di settore e dalla comunità scientifica”.

Rispetto a questa parte della sentenza , dove l’allarme è palpabile, ciò che preoccupa ed inquieta è il riferimento alla “situazione di rischio significativo per la popolazione dell’area soprattutto per la presenza di sostanze volatili e di polveri sottili”.

Italia Nostra  quindi rivolgendosi alle Autorità Sanitarie e a tutte le altre Autorità interessate, sottolinea l’assoluta necessità di  predisporre nel frattempo  ogni possibile utile  misura o provvedimento volto a prevenire o  limitare   ulteriori  danni per la salute,[1]  evitando in tal modo che tra qualche anno, per non aver fatto nulla per cercare di  ridurne  la portata, si debba aggiungere al numero delle persone già  colpite da patologie, anche quello di altri cittadini.

La sentenza della Corte di Appello di Catanzaro  non esaurisce però   la vicenda sotto l’aspetto ambientale,  in quanto essa potrebbe avere  ancora un prosieguo poiché  nel mese di settembre 2017, subito  dopo la sentenza d’appello, il  nuovo Procuratore della Repubblica di Paola, dr. Pier Paolo Bruni, appena insediatosi , ha  deciso una nuova indagine sulla “fabbrica dei veleni” di Praia a Mare. A seguito di ciò, tutta l’area di pertinenza dello stabilimento il 28 settembre 2017  è stata sottoposta a sequestro, anche per rendere possibili le indagini condotte dai Carabinieri del NOE con nuovi mezzi ed in punti diversi.

Il sequestro dell’area ha evidentemente anche uno scopo cautelare, in quanto, non permettendo a nessuno  di avvicinarsi  al sito inquinato ed ai depositi sepolti sotto di esso , prima che siano concluse le indagini e gli accertamenti prefissi, evita anche il contatto diretto con le sostanze pericolose che ci auguriamo ed auspichiamo vengano ricercate  in tutto il perimetro dell’area Marlane. Ciò avrebbe il grande merito di corrispondere all’ esigenza avvertita dalle popolazioni di Praia e Tortora di conoscere  finalmente la reale situazione ambientale  dell’intero sito, per passare poi alla sua completa bonifica con la  eliminazione di ogni forma di inquinamento dei terreni  e di rischio per le persone, auspicando che i tempi siano i più brevi possibile.

“Italia Nostra”, Sezione “Alto Tirreno Cosentino”

[1]  Sentenza- Dall’ elaborato tecnico redatto dai  periti (Triassi, Betta, Comba, Paludi, Mayol): ”sono state individuate grandi quantità  di 2-Methjl-4-methoxibenamina, sostanza TOSSICA ed IRRITANTE, sepolta nel terreno che può interagire con la popolazione circostante in seguito a variazioni climatiche…”

Il dr Paludi ripercorrendo i risultati della propria analisi peritale  scrive:…se viene movimentato il terreno, se c’è un vento particolarmente forte, se c’è una dilatazione del terreno  superficiale, per cui viene portata su, una quantità di polvere che si trova più giù, … anche attività umane , per esempio, la movimentazione  della terra, se uno va con un trattore, se uno va con una pala meccanica e mette in movimento, porta in superficie  la sostanza  che è proprio sotto… se è una giornata particolarmente ventosa, questa sostanza si diffonde in modo abbastanza elevato…