Bisignano, condanna definitiva (concussione) per Umile “Laqualunque”

Umile Bisignano

Il sindaco di Bisignano Umile Bisignano, alias Cetto Laqualunque o semplicemente “Umilicchio”, è stato condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione a 2 anni e 8 mesi per concussione. Contestualmente è stato interdetto dai pubblici uffici e decade anche da consigliere comunale di Bisignano. Al suo posto entrerà Isabella Cairo.

La Corte Suprema di Cassazione nel maggio 2016 aveva rinviato il processo ad altra sessione della Corte di Appello di Catanzaro, rigettando il ricorso proposto dal sindaco Umile Bisignano. E nel capoluogo, a ottobre 2016, era arrivata una nuova condanna, ma il leggendario Cetto era riuscito a “conquistarsi” un nuovo pronunciamento definitivo della Cassazione che gli aveva consentito di rientrare nelle funzioni di sindaco per gli ultimi mesi della consiliatura e di candidare la figlia alle ultime elezioni. Incassando una sonora bocciatura dalla cittadinanza.

Eh sì, perché già nel 2016 risultavano infondate le notizie apparse già nell’immediatezza di fine udienza sulla stampa locale/quotidiani online e su alcuni social network, i quali divulgavano a mezzo stampa una falsa prospettazione della realtà emersa dal dispositivo emesso dai giudici della Suprema Corte nell’udienza tenutasi a Roma il 19 maggio 2016.

La Suprema Corte era incaricata nella fattispecie di giudicare il primo cittadino di Bisignano, sul quale pendevano più capi d’imputazione e nello specifico è accusato di concussione (art.317 Codice Penale) nei confronti dell’imprenditore Ivan De Bonis, e di violenza privata (art.610 Codice Penale) nei confronti del politico Alessandro Russo, reato successivamente prescritto.
Secondo l’accusa, oggi definitivamente confermata confermata dai giudici della Cassazione, il sindaco Umile Bisignano approfittando del suo ruolo, ha condizionato la gestione della casa di riposo “Vincenzo Giglio”. In particolare, ha minacciato Ivan De Bonis – all’epoca dei fatti amministratore delegato della struttura –, intimandogli che se non avesse assunto o licenziato le persone da lui indicate, il Comune non avrebbe pagato i debiti che aveva nei confronti della casa di riposo.

In sostanza, in questo frangente si è ritornati in aula: la Corte di Appello di Catanzaro tramite altra sezione è stata chiamata a emettere nuovo giudizio, in seguito della decisione della Suprema Corte che annullava la sentenza impugnata. E ha deciso per condannare ancora Bisignano.

Il processo in sostanza era stato rinviato, per la fase rescissoria, non allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata, ma ad un organo di pari grado, cioè ad un altro tribunale, se ad essere cassata è sentenza di tribunale, ovvero ad altra Corte d’Appello se la sentenza proviene da corte d’appello.

Nonostante questo, Umile Bisignano era comunque rientrato nelle sue funzioni di sindaco approfittando delle difficoltà di interpretazione della controversa materia della sospensione del primo cittadino. Legge Severino, reato di concussione e compagnia bella.

A Bisignano e non solo si pensava che già la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro portasse alla nomina di un commissario che reggesse il Comune fino alle nuove elezioni. E invece niente, con un colpo di coda Bisignano era tornato dentro i giochi ma chiaramente solo a tempo. Oggi non possono esserci più dubbi: Cetto è fuori.

Il giudizio politico in merito al suo operato amministrativo è stato già dato dai cittadini di Bisignano e appartiene alla storia più buia del paese della Valle del Crati. Torneremo a raccontarlo in questi giorni.