‘Ndrangheta a Cosenza, i metodi del racket e i soldi versati dagli imprenditori

“Siamo qui per conto di Gianfranco di San Vito” era la parola d’ordine degli scagnozzi che andavano a chiedere il pizzo a Cosenza e nei cantieri dell’Unical, dell’ospedale dell’Annunziata e del Convento di San Francesco di Paola. Questo è quanto emerge dagli atti dell’operazione Overture della Dda di Catanzaro, che ieri ha portato all’arresto di 21 persone (con 35 indagati complessivi).

Gianfranco altri non è che Gianfranco Sganga, uscito dal carcere nel 2016 dopo una condanna per associazione mafiosa e rimessosi in fretta a capo della cosca. I quartier generali delle attività criminali del gruppo erano la zona di San Vito e il centro storico di Cosenza.

Oggetto delle attenzioni della frangia capeggiata da Gianfranco Sganga, tre appalti affidati ad imprese che non sono cosentine. Si tratta dell’ampliamento dell’ospedale dell’Annunziata di Cosenza per un importo di 4 milioni e 300mila euro, dell’ammodernamento del sistema di illuminazione dell’Università della Calabria (commessa da 10 milioni di euro) e del restauro del Convento di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila.

L’iter del racket consisteva nel far ritrovare delle bottiglie con liquido infiammabile nel cantiere, avvicinare gli operai, contattare il titolare e formulare la richiesta estorsiva. Per i lavori nel nosocomio bruzio e tra i cubi dell’Unical era stato già versato da entrambi gli imprenditori un acconto di circa 7mila euro, con l’accordo di raggiungere il 2% dell’intera commessa, mentre per lavorare alla ristrutturazione del convento silano era stata chiesta la somma complessiva di 30mila euro ed al netto rifiuto dell’amministratore erano seguite intimidazioni nei confronti degli operai invitati da ”quelli di San Vito” a non recarsi sul posto di lavoro. Inoltre in più circostanze, i componenti della consorteria hanno evidenziato la loro caratura criminale e il rigido controllo del territorio attraverso l’esecuzione di furti in danno di esercenti commerciali della zona.

Il “Sistema Cosenza”

Negli anni di indagini che hanno portato all’esecuzione delle misure cautelari dell’operazione Overture, gli investigatori hanno assistito all’evolversi delle attività criminali del sodalizio. Il colonnello Piero Sutera del Comando provinciale Carabinieri Cosenza ha sottolineato l’ostilità degli ambienti dei quartieri del centro storico e di San Vito verso gli interventi delle forze dell’ordine e la pervasività dei due gruppi sul territorio. Il primo capeggiato appunto da Gianfranco Sganga e da nuovi sodali dopo la condanna all’ergastolo del boss Domenico Cicero, il secondo da Alfonsino Falbo, genero dello storico capocosca Franco Perna, detenuto da oltre 25 anni.

Sono emersi collegamenti anche con gli affiliati al vecchio clan Bruni ormai smantellato, al gruppo del ras della criminalità bruzia Francesco Patitucci, ma anche con le cosche del Reggino. Le due consorterie infatti sembrerebbe siano ben inserite in quello che viene definito il ”sistema Cosenza”, un accordo tra le ‘ndrine che versano i proventi delle proprie attività nella cosiddetta bacinella in una logica militare di spartizione del territorio di competenza. Partnership ed autorità riconosciuta anche al livello “sociale” come testimoniano i pestaggi ai danni di un funzionario delle Ferrovie della Calabria, colpevole di aver presentato formali contestazioni disciplinari nei confronti dei colleghi che avevano posto in essere condotte illecite, uno dei quali aveva chiesto ed ottenuto l’intervento del clan per farlo tacere.