‘Ndrangheta nella Sibaritide: il tentato omicidio Bloise e le relazioni pericolose dell’“hawaiano”

di Fabio Buonofiglio

Fonte: AltrePagine (https://www.altrepagine.it/index.php/2023/12/28/ndrangheta-nella-sibaritide-il-tentato-omicidio-bloise-e-le-relazioni-pericolose-dellhawaiano/)

SIBARI – Continuano imperterriti da cinque anni e mezzo gli “assestamenti” nelle viscere della ‘ndrangheta che presiede ogni tipo d’affare illegale nella Sibaritide, governando col pugno di ferro tutti i traffici non consentiti, le angherie, i soprusi e le prepotenti imposizioni che la parte più o meno sana della società è costretta a subire col terrore che quasi sempre costringe al silenzio e alla rassegnazione.

Nell’opulenta Piana si continua a sparare e ad ammazzare. Nell’ultimo lustro e mezzo sono già 13 i cadaveri raccolti dalla Legge e catalogati come omicidi di ‘ndrangheta inequivocabili.

Non si risparmiano gli innocenti

Agguati a colpi d’armi da fuoco che, in taluni casi, hanno visto cadere a terra, senza alcuna pietà da parte dei loro sicari, anche persone che coi loschi affari della ‘ndrangheta non c’entravano proprio nulla, uomini e donne le cui uniche “colpe” sono state quelle di trovarsi in auto per recarsi sul posto di lavoro con la persona “sbagliata” o altre per loro fatali casualità.

Com’è capitato a un operaio rumeno che rimase gravemente ferito, e per sua fortuna scampò alla tempesta di fuoco e piombo del kalashnikov usato per rimandare al Creatore il suo “padrone”, o d’avere inconsapevolmente accompagnato il proprio uomo a quell’appuntamento con la morte di cui certo non poteva rimanere viva l’unica testimone, o ancora d’essersi tragicamente avvicinata alla tenda della propria finestra di casa ed essere morta al posto del proprio marito cui killer e mandanti avevano riservato quella fulminea raffica di kalashnikov.

Poche sere fa l’agguato a Franco Bloise

Per chiudere l’anno solare 2023 – che di cadaveri di ‘ndrangheta a terra ne ha visti ben 5 – qualche sera fa i dispensatori di morte sono tornati alla carica, armati di pistola nell’antivigilia di Natale, contro il 51enne di Cassano Jonio Franco Bloise (nella foto d’apertura) detto L’hawaiano per quella sua passione per le camicie raffiguranti fiori, piante e alberi tropicali, volto noto negli ambienti investigativi locali.

L’attendevano a poca distanza da casa sua, nella costiera contrada di Bruscata Grande a Sibari, in quella zona di Millepini proprio di fronte a quel lido Bagamoyo che tra gli oramai “preistorici” anni Ottanta e gl’inizi dei Novanta ha rappresentato l’epopea ‘ndranghetista in riva allo Jonio sibarita.

Erano circa le 19 e L’hawaiano stava rincasando, da solo, alla guida della sua auto sud-coreana Ssangyong. Una volta passato, i nemici l’avrebbero inseguito per alcune centinaia di metri fino a sorpassarlo, e quello molto verosimilmente è stato il momento in cui il pistolero gli ha aperto contro il fuoco.

Due colpi: il primo ha bucato il parabrezza della vettura asiatica, mentre l’altro ha centrato il montante anteriore sinistro. In quel frangente però dev’essere successo qualcosa d’imprevisto che ha messo in fuga il commando, facendolo desistere dal concludere la più che ipotetica missione mortale. Bloise è praticamente rimasto illeso, per sua fortuna.

L’assidua frequentazione col presunto armiere della “supercosca”

Difficile, per i carabinieri che indagano sul “caso”, ipotizzare che si sia trattato d’un semplice “avvertimento” ‘ndranghetista per L’hawaiano, che fino a non molto tempo addietro s’accompagnava spessissimo col pregiudicato 53enne Archentino Pesce, elemento assai noto alle cronache del passato, come del presente essendo finito in carcere a metà dello scorso mese di maggio per ‘ndrangheta ed armi.

Archentino Pesce

Pesce e Bloise, assieme, chissà in quante relazioni di servizio delle forze dell’ordine sono finiti. Da quel che trapela negli ambienti investigativi, la loro frequentazione s’era però interrotta già qualche tempo prima che Pesce finisse in carcere ov’è tuttora detenuto.

Pesce, dai magistrati della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, è considerato un elemento trasversale a disposizione della “supercosca” ‘ndranghetista Abbruzzese-Forastefano, anche in forza della sua vecchia condanna definitiva per associazione mafiosa nel maxi-processo “Sybaris”. Un “punto di riferimento” cui rivolgersi per il rifornimento d’armi.

Da circa sei-sette anni, infatti, nella Piana di Sibari, quelle due cosche storicamente acerrime nemiche, avrebbero non solo e soltanto sancito la pace tra esse, ma si sarebbero addirittura unite, alleate. Tra gli Abbruzzese e i Forastefano dalla fine degli anni Novanta in poi erano scorsi fiumi reciproci di sangue.

Il dato di fatto dell’alleanza emerge dalle ultime maxi-inchieste anti-‘ndrangheta “Kossa”, “Gentlemen 2“ e “Athena“, che hanno visto finire in carcere, per gli stessi reati, tanto esponenti degli Abbruzzese quanto dei Forastefano.

E in questo solco, va da sé come la lunga stagione di sangue che dura da cinque anni e mezzo non rappresenta affatto una nuova guerra di ‘ndrangheta, ma, assai verosimilmente, un repulisti tutto interno finalizzato ad “assestare” e “normalizzare”.