Omicidio Bergamini, 46^ udienza. Lamacchia: “Uno va al cinema con i compagni di squadra e poi scappa e si suicida?”

La 46^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini in Corte d’Assise a Cosenza ha visto come unico testimone l’ingegnere Bonaventura Lamacchia, ex amministratore delegato e presidente del Cosenza Calcio.

Francesco Arcuri, cugino acquisito di Isabella Internò e presente in parecchi stralci dell’ordinanza del pm Luca Primicerio, invece, non è stato ascoltato. In questo caso, le valutazioni del pm e della difesa dell’imputata sono state convergenti e di conseguenza si è deciso di acquisire quanto contenuto nelle sit. Sulle motivazioni, nessun commento ufficiale ma si possono avanzare una serie di supposizioni delle quali ci occuperemo in un altro articolo. In questa sede, diamo conto della testimonianza di Lamacchia.

Lamacchia all’epoca dei fatti era entrato da poco tempo nel Cosenza Calcio, in particolare da quando era riuscito a “convincere” Bruno Caneo, all’inizio del campionato 1988-89, a venire a Cosenza in un momento nel quale la squadra non riusciva ancora ad esprimere le sue potenzialità, che poi sarebbero emerse nei mesi successivi fino a portare la squadra di Giorgi ad un passo dalla promozione in Serie A.

L’ex amministratore delegato, di conseguenza, aveva avuto modo di conoscere Denis Bergamini e anche i suoi familiari e, così come i calciatori, non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio. L’ha detto con estrema chiarezza anche oggi in aula affermando testualmente: “Uno va al cinema, in ritiro con la squadra a poche ore da una partita importante, a guardare un film con i compagni, e poi improvvisamente scappa e si suicida?”.

No, Lamacchia, esattamente come tutti gli altri dirigenti e i calciatori, non ci crede al suicidio di Bergamini e fuga ogni dubbio anche sulla circostanza secondo la quale Denis avrebbe rifiutato di trasferirsi al Parma perché era legato sentimentalmente a Isabella Internò. L’ex dirigente del Cosenza, a tale riguardo, conferma quanto già precedentemente affermato da Antonio Serra e riferisce che fu il Parma e in particolare il tecnico dell’epoca Nevio Scala a rallentare e a fare arenare la trattativa.

Lamacchia ha anche ricordato di essere stato a Boccaleone di Argenta, a casa della famiglia Bergamini, per portare le spettanze (due mensilità) che non erano ancora state corrisposte al calciatore. Ed esprime un rammarico: “Forse come società Cosenza Calcio potevamo essere più incisivi e metterci più del nostro per arrivare alla verità – ha detto -. Forse potevamo fare di più anche per sostenere la famiglia Bergamini, anche economicamente, e anche per mantenere alto l’interesse sulla vicenda, ma siamo stati carenti…”.

L’ex presidente rossoblù, infine, ha riferito di un particolare rivelatogli dall’ex magazziniere del Cosenza, Renato Madia (scomparso qualche anno fa), suo compaesano di Spezzano Piccolo. “Renato mi ha detto che aveva appreso dal posteggiatore del cinema Garden, suo amico, che quel pomeriggio del 18 novembre 1989, aveva visto Isabella Internò in compagnia di due uomini uscire insieme a Bergamini dal cinema”. Un particolare che era già emerso diverse volte nel procedimento ma che Natale, storico parcheggiatore del cinema Garden, ha fatto in tempo a riferire solo ai carabinieri del Gruppo Zeta dopo la prima riapertura del caso. Successivamente si è ammalato e non è stato possibile raccogliere la sua importante testimonianza.

“Un’altra deposizione importante- è stato il commento dell’avvocato di parte civile Fabio Anselmo – che ha messo ben in evidenza la posizione del Cosenza Calcio su alcuni elementi che trovano conferma in altre deposizioni testimoniali. Dalla deposizione di Lamacchia è emerso che neanche lui ha mai creduto nel suicidio e che Bergamini rimase a Cosenza sia per motivi economici che di opportunità, perché al Parma avrebbe fatto più panchina”. Il processo riprenderà il 16 giugno.