Paola. Alta Velocità e dignità calpestata: «Io sto con Rafele» (leso nei diritti)

Fonte: Marsili Notizie (https://www.marsilinotizie.it/2022/08/paola-alta-velocita-e-dignita-calpestata-io-sto-con-rafele-leso-nei-diritti/)

Rafele chi, vi chiederete. È un uomo incazzatissimo al quale raderanno al suolo il lavoro di una vita in nome del progresso. E da qualche giorno a questa parte, sapete, perde la calma e urla contro i conduttori del dibattito pubblico e contro i politici. È uno di quelli che la nobilissima Enza Bruno Bossio, alla quale dobbiamo la vittoria della battaglia per l’AV che per puro e disinteressatissimo caso passerà da Cosenza, inquadra come il male di questa terra, il pessimista, il rassegnato, il passatista.

Peccato che nessuno si sia preso la briga di spiegare a Rafele che il futuro radioso della nostra nobilissima Paola, del circondario di Cosenza e della Calabria intera, prevedeva la trasformazione di casa sua e del suo maneggio in un deposito di detriti.

Oggi Rafele in comune, che maleducato, ha reagito male, malissimo. Quando si è trovato per la prima volta a parlare con sindaci e assessori, dopo qualche settimana di puntualissime assenze alle riunioni indette con la cittadinanza e di riunioni a porte chiuse alle quali sono stati esclusi persino i consiglieri di minoranza, gli ha detto pane al pane: le vostre rassicurazioni sono balle. Voi siete CONTRO di noi. Sapevate tutto e avete scelto di fare gli gnorri e di mettere tutti davanti al fatto compiuto. Tutto è uscito, guarda un po’, dopo le elezioni, e non è un bello spettacolo vedere il buon Giovanni Politano arrampicarsi sugli specchi. La verità li inchioda al muro: SCAPPANO. Hanno TACIUTO. Le priorità erano ALTRE.

Le date degli elaborati non mentono: Versione Uno: Novembre 2021. Versione Due: Giugno 2022. Scaricate il barile dove preferite e aggiustate le date come volete, ma tutti sapevano che il progetto di raddoppio della Santomarco avrebbe sconvolto le campagne di Paola Sud, riducendole a un cantiere dopo soli 30 anni dalla fine dell’ultimo, devastante scavo. E dopo 50 anni dalla bestialità della SS18 che doveva passare vicino al Santuario e ci ha regalato gli inutili viadotti, sotto uno dei quali vive lo scrivente. E molti ne avevano fatto una bandiera di questo raddoppio, primo tra tutti Graziano di Natale, dal quale noi espropriati ci saremmo aspettati, come minimo sindacale, che difendesse la bontà dell’opera di fronte a noi, visto che si era appuntato sul petto la medaglia di aver fatto riconoscere la nuova Santomarco come opera prioritaria. Poteva spiegarci che col nostro sacrificio Paola avrebbe conosciuto finalmente ricchezza e sviluppo e non sarebbe stata tagliata fuori dall’AV. Perché questo andava dicendo in giro.

E oggi invece, forse incalzato dai membri della giunta che iniziano ad averne abbastanza di prendere pesci in faccia al posto suo, si è dichiarato schierando l’artiglieria delle promesse vane: ponti di pilu, pilastri di pilu, alberghi a 10 stelle, risoluzione del problema idrico. Niente da fare, ha dovuto metterci, alla fine, la faccia. Ci aveva provato. Aspettare, fare gli gnorri e tutto si aggiusterà, i vari Rafele prima o poi torneranno a salutarmi.

E chi ha avuto l’onore di essere ospite di Rafele e di ammirare i muri a pietra a secco, gli orti curati, i cavalli, sa che è uno dei pochi eroi che rende meno disumano il paesaggio paolano ormai devastato da ferrovie, viadotti stradali, abusivismo e abbandono. Il suo piccolo pezzo di mondo è un’oasi in mezzo a spinari, giungle, cumuli di macerie, ponti, viadotti, carceri, munnizza di ogni tipo e colore e senza manco nominare quello che è stato opportunamente nascosto, a colpi di escavatore e traffico di sabbia da edilizia, nei terreni circostanti. In un posto dove trovi l’acqua anche a tre metri di profondità.

Però, da quanto si capisce, l’AV deve passare da Cosenza alla modica cifra di 22 miliardi perché: 1) la linea tirrenica è ormai giunta a fine vita e c’è il problema delle gallerie strette e delle erosioni; 2) la Santomarco è ormai giunta a fine vita perché si sono accorti che è letteralmente un lago, talmente costosa da riparare che costerà meno farla nuova. E già che ci siamo, ne facciamo due. Con gli illustrissimi scienziati di RFI che accettano nuovamente la sfida già persa: passare sotto Monte Luta (dal latino: ZANGA) e in mezzo alla faglia sismica di San Vincenzo. Per dire, squadra vincente non si cambia. Ma la fretta di non perdere i soldi e di appuntarsi medaglie sul petto è enorme e passa su qualsiasi cosa.

Rafele non si chiede perché la priorità sarebbe l’alta velocità quando alla prima botta d’acqua frana mezzo mondo. Rafele non si chiede perché il PNRR stanzia 150 miliardi alle ferrovie e 10 alla sanità. Rafele non si chiede proprio un gran cazzo. Aveva il suo pezzo di mondo, ci aveva sgobbato una vita. Dei sogni di gloria dei notabili non poteva fottersene di meno.

Non se lo chiede perché Rafele sa. Rafele sa che il politico è nel migliore dei casi un bugiardo nato e passa il tempo a compiacere burocrati, affaristi e imprenditori intrallazzati. Rafele sa che (nel momento in cui si scrive) se una donna di Paola partorisce ha due alternative a disposizione: Cosenza e Lagonegro. Rafele sa bene, come scriveva Pasquino Crupi parlando di Lodovico Ligato, che la ferrovia è “la mangiatoia pubblica meno controllabile tra tutte”. Rafele sa che quest’AV è la minchiata del secolo e che la conseguenza logica del discorso è: se la ferrovia costiera è un orpello obsoleto e ormai giunto a fine vita, allora smantellatela. Fuori dai coglioni, così almeno ci levate dalla vista quell’orribile terrapieno. Come avete fatto con l’officina dei treni, con il carro soccorso, eccetera, eccetera, eccetera.

Rafele sa che nessuno ha allarmato gli espropriati prima delle elezioni perché chi fa politica: 1) ha paura di passare per sciacallo 2) vive in una bolla e non ne esce, pensa che il mondo inizia e finisca con i comunicati stampa e gli interventi al microfono, con le bassezze reciproche e le mille cose sussurrate in segreto come se ti stessi confessando al prete; 3) considera le sofferenze e le ingiustizie contro i cittadini solo come merce di scambio.

Ma ci sono tante cose che Rafele non sa. Come non sapeva che il progetto richiedeva l’esproprio della sua proprietà. Una cosetta da niente. L’ha saputo per caso. Ancora oggi, 13 agosto, incontra persone che hanno saputo dell’esproprio perché l’amico sul telefonino gli ha mostrato la foto del tracciato. E il Comune taceva. Ma volete che Rafele non si chieda se non c’è un intrallazzo in tutto questo? Volete che Rafele non si sia accorto che fate gli gnorri? Volete che Rafele non pensi che tutto è stato già deciso in Regione e che RFI si stia solo limitando a tenere buoni gli appetiti dei politici?

Io (e non Rafele) ACCUSO l’intera classe politica paolana di aver messo la testa COSCIENTEMENTE sotto la sabbia perché la priorità erano: 1) vincere le ELEZIONI; 2) evitare la furia degli espropriati durante le ELEZIONI; 3) rispondere ai referenti regionali senza i quali conterebbero meno di zero. Abbiamo perso i mesi decisivi per opporci con una proposta sensata. E io l’accusa la faccio a nome suo, perché Rafele non sa dell’analisi costi-benefici fasulla di questa opera mastodontica che vedrà 12 miliardi di € buttati letteralmente al cesso (fonte: Bridges Research. Buona lettura). Rafele non sa che il cosiddetto Dibattito Pubblico si è svolto a Paola il 21 LUGLIO quando la documentazione era già disponibile e visionabile da un bel po’. E nessuno di quelli che l’avevano letta aveva nulla da ridire allo sventramento di Paola Sud.

Giunta comunale di Paola, hai QUATTRO GIORNI per riscattarti. L’intera città ti sta guardando e ti IMPONE di sacrificare il Ferragosto per DIFENDERCI. Ammesso che tu non sia erede di una pessima tradizione storica.

Perché Paola è un paese dove dai secoli dei secoli ci sono baroni che campano di rendita e notabili che gli reggono il moccolo. Sono loro che di volta in volta hanno raso al suolo Paola quando la loro rendita non gli fruttava abbastanza. Dal paese delle vigne (sì, era così) diventa il paese dei gelsi, poi il paese dei fichi, poi il paese della ferrovia, poi il paese delle case popolari e degli immobili concessi in affitto allo Stato, poi il paese del parassitismo pubblico, poi ancora il paese delle seconde case costruite a foratini. E a rimetterci, in tutte queste trasformazioni, è stata solo e sempre una categoria sociale: lo stronzone che ancora crede al mettere a frutto il suo pezzetto di terra senza dipendere da nessuno.

Io e Rafele, alle vostre minchiate, ai vostri volani di sviluppo, alle vostre prospettive di crescita, dopo tutte le minchiate che abbiamo sentito sul Centro Siderurgico di Gioia, sulla 488, sulla SIR di Lamezia, sulla Liquichimica, eccetera eccetera eccetera, ai vostri sogni di gloria, non ci credevamo più da un pezzo. Ma da oggi la situazione è degenerata. Ora siamo in un momento storico in cui il politico deve barattare la sua sopravvivenza nell’arena con le nostre terre, le nostre case e la nostra salute. Finora, davvero, non lo aveva mai fatto.

Da oggi, io e Rafele avremo un solo insegnamento per le generazioni future: non piantare alberi, non aggiustare quel muro a pietra, non farti illusioni di miglioramento. È tempo perso. Prima o poi ci passeranno di sopra dei bastardi pirati notabili mentre sventolano la bandiera del Progresso. Capitò a mio padre con la SS18 (casa rasa al suolo), capitò ai residenti di Pantani con la vecchia Santomarco, capita oggi di nuovo a tutti i campagnoli irrilevanti, nemici del progresso e ignoranti di Paola Sud. E Rafele può ben dire che oggi si sussurra che “Rafele grida perché gli stanno cacciando tutto”. Tra dieci, venti o trent’anni, magra consolazione, quando scopriranno che l’opera sarà l’ennesima infinita, si dirà: “Ah, se avessimo sentito a Rafele, quando parlava!!!”.

Ci vediamo tra trent’anni con il nuovo volano di sviluppo (sic) e il nuovo sventramento. Gli unici a non cambiare saranno i politici e i burocrati. Male che va, consegneranno il testimone alle figlie architetto e ai generi avvocati. Mentre noi, poveri coglioni, ai nostri avevamo piantato l’albero per dondolarli sull’altalena.

Lettera firmata