Politiche 2022. La resa dei tonti (di Marco Travaglio)

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – I pretendenti al Coglione d’Oro della campagna elettorale sono legione. Ma la palma va senz’altro ai geni della politica e dei media che, avendo scommesso sull’Agenda Draghi (il nulla cosmico) e dunque sui noti trascinatori di folle Letta, Calenda, Renzi, Bonino e Di Maio (il nulla cosmico), hanno puntato tutto contro il Reddito di cittadinanza proprio nel periodo dell’ultimo sessantennio con più italiani che non hanno lavoro o temono di perderlo.

Non era stato proprio SuperMario, nell’harakiri al Senato, ad attaccare il Rdc (“non funziona”), oltre al Superbonus (“mal fatto e mal scritto”) che ha creato 630 mila posti di lavoro? Quando poi le volpi hanno letto i sondaggi e capito che stavano regalando praterie al M5S di Conte – dato per morto – non solo fra i ceti deboli del Sud, ma anche del Centro-Nord, hanno perso la testa (ove mai ne avessero una) e accusato Conte di “voto di scambio”. Cioè di un reato punito più severamente grazie alla legge Bonafede (governo Conte-1) e commesso dal candidato che promette soldi o altre utilità al mafioso in cambio di voti. Che c’entra con una misura erga omnes, esistente in tutta l’Ue, promessa dai 5Stelle nel 2013 e nel ’18 e realizzata nel ’19 appena andati al governo? Se promettere una riforma di equità sociale e mantenerla fosse voto di scambio, si arriverebbe al paradosso che chi onora gli impegni con gli elettori è un criminale e chi li truffa è un galantuomo. Le norme simili al voto di scambio sono quelle che consentono ai cittadini di violare leggi o di farla franca dopo averle violate: amnistie, indulti, condoni. E quelle di iniquità sociale: i favori miliardari alle grandi imprese (che poi finanziano i partiti che le foraggiano con soldi pubblici), la flat tax per abbassare le tasse ai ricchi, gli 80 euro mensili elargiti da Renzi a chi guadagnava fino a 24 mila euro l’anno, e non subito dopo le Politiche, ma subito prima delle Europee (dove volò al 40,8%).

E così Rep, che aveva aperto la campagna elettorale col mantra “Conte è morto, il futuro sono Letta, Calenda, Renzi, Bonino e Di Maio”, deve mestamente chiuderla con prime pagine in lievissima controtendenza: “Il Sud decide il voto. Sfida tra Meloni e Conte”. Salvo poi pentirsene con tre pagine su “Giuseppe Conte il Camaleonte”, firmate da ben nove giornalisti (come faranno a scrivere un pezzo a 18 mani?), per rivelare che ha governato con la Lega e poi col Pd (esattamente come il Pd, che ha governato col M5S e poi con la Lega), è devoto a Padre Pio e – orrore orrore – “ha pugnalato Draghi”. Resta da capire perché, se Draghi è così pop, crescono solo FdI, unica opposizione a Draghi, e i 5Stelle, unici a criticare Draghi. Ma gli esperti di Rep avranno molto tempo libero per spiegarcelo, dopo le elezioni.