Ponte sullo Stretto, 250 milioni per gli espropri. Anche i Mancuso valutano il ricorso

Don Ciccio Mancuso

(DI LUCIO MUSOLINO E VALERIA PACELLI – ilfattoquotidiano.it) – Una prima stima la società Stretto di Messina Spa l’ha già fatta. Il piano degli espropri di immobili e terreni nelle aree che interesseranno la costruzione del ponte tanto voluto da Matteo Salvini vale circa 250 milioni di euro. Una cifra solo ipotetica, probabilmente a ribasso. Anche perché molto dipenderà dagli accordi individuali con le famiglie e dai ricorsi al Tar, compresi quelli che potrebbero arrivare dagli eredi di “don Ciccio” Mancuso che ora vedranno, come gli altri, espropriati i propri beni. E sul Ponte potrebbe arrivare anche l’ombra di un’indagine: un esposto è stato consegnato ieri alla Procura di Reggio Calabria. Ma procediamo con ordine.

I legali e il rischio di vizi di legittimità costituzionale
Partiamo dagli espropri delle abitazioni che coinvolgeranno 450 famiglie, 300 in Sicilia e 150 in Calabria. Il totale, tra case e terreni, è di 3,7 milioni di metri quadrati. La cifra puntuale di quanto lo Stato (tramite la Stretto di Messina Spa, controllata dal ministero dell’Economia) dovrà pagare alle famiglie verrà definita caso per caso e solo dopo l’approvazione del progetto da parte del Comitato interministeriale Cipess. La stima di un quarto di miliardo calcolata adesso dovrebbe riguardare il piano aggiornato compresi espropri, asservimenti, occupazioni temporanee e indennizzi. È una cifra che potrebbe crescere, anche per i ricorsi al Tar di quanti impugneranno il decreto di appropriazione. In tanti si sono già rivolti ai legali, i quali stanno valutando se vi siano vizi di legittimità costituzionale o violazioni del diritto europeo. Ma come verranno calcolate le stime delle indennità di espropriazione? I criteri sono definiti nel vademecum pubblicato sul sito della Stretto di Messina Spa: per le aree non edificabili l’indennità è “determinata in base al criterio del valore agricolo, tenendo conto delle colture effettivamente praticate sul fondo e dei manufatti edilizi legittimamente realizzati”; per le aree edificabili invece l’indennità riguarderà una “misura pari al valore venale del bene”, ossia il valore che quel bene ha nel mercato, derivato alla somma del valore dei suoi componenti. E lo stesso vale per fabbricati e aree edificate.

Nel mirino anche la cava dei nipoti del boss calabrese
E se da una parte c’è il dramma delle famiglie che si vedranno private delle loro case e dei loro terreni, dall’altra c’è il rischio che una parte di quei 250 milioni di euro previsti per il piano degli espropri finisca, in modo legale, nelle mani di soggetti condannati per mafia o di familiari di boss che hanno ricevuto legittimamente in eredità i terreni, come raccontato dal Fatto nei giorni scorsi. Il riferimento è alla cava di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, grazie alla quale 50 anni fa il boss defunto don Ciccio Mancuso, assieme alla famiglia Piromalli, si era infiltrato nei lavori per il porto di Gioia Tauro. I nipoti di Mancuso hanno ereditato legittimamente quella cava che ora verrà riempita di materiale inerte proveniente dal ponte. E non si esclude che anche loro possano fare ricorso.

È presto per dirlo: nei giorni scorsi alcuni degli eredi del boss (incensurati ed estranei alle dinamiche criminali della famiglia d’origine) hanno fissato un appuntamento all’infopoint di Villa San Giovanni dalla Stretto di Messina che dovrà fornire i documenti dell’esproprio. Le carte, si apprende in maniera informale, saranno consegnate ai legali affinché valutino la proposta che, se non adeguata o dannosa per i proprietari, spingerà a fare ricorso al Tar.
Altro e diverso il caso di Francesco Naso, l’imprenditore condannato in primo grado a 18 anni di carcere per ‘ndrangheta nel processo “Rinascita”. Sentenza non definitiva. Anche Naso riceverà un indennizzo dallo Stato per i suoi 2.700 metri quadrati adibiti a pascoli e uliveti.

Verifiche viminale niente compravendite recenti
Intanto nei corridoi del Viminale c’è chi assicura che saranno effettuate verifiche sui passaggi di proprietà dei terreni da espropriare. Monitoraggio che riguarderà solo gli ultimi tre anni. Secondo le verifiche del Fatto, non ci sono nuovi cambi. Infatti incrociando il piano espropri del 2012 e quello attuale, uno dei pochi passaggi di proprietà che risulta riguarda la “particella 73” rientrante nell’area della cava, un terreno di quasi 3 mila metri quadrati di cui 2.200 saranno espropriati a Carmina Antonia Mancuso, figlia di don Ciccio (incensurata e mai finita in alcuna indagine). Quel terreno non rientrerà nel monitoraggio del Viminale perché è stato comprato più di tre anni fa, nel 2019 da due fratelli Mammoliti. Quel terreno è stato venduto a 6.600 euro. Cifra – si legge nell’atto di compravendita – corrisposta “in data anteriore al 4 luglio 2006”. Nel 2019 Carmina Antonia Mancuso prende possesso di quell’appezzamento di terreno di cui però, si specifica nell’atto, era “già detentrice del appezzamento di terreno in oggetto consegnatole a far tempo dal 1980, con gli accessori e le pertinenze”

L’inchiesta dei pm il comitato denuncia
Intanto il comitato calabrese dei cittadini ha presentato un esposto in procura a Reggio Calabria. Sono i destinatari dell’esproprio che chiedono ai pm di verificare la fattibilità del progetto. Nell’esposto, inoltre, si fa riferimento alla relazione del 2023 redatta dal “comitato tecnico scientifico, di cui è stata dotata la società Stretto di Messina e composto da professionisti nominati dal ministero delle Infrastrutture”. Si tratta di un parere favorevole, ma – spiegano i cittadini – “con ben 68 osservazioni e raccomandazioni”. A partire dalla necessità di eseguire le “prove sulla tenuta del ponte al vento e alla microzonizzazione sismica”.