Ponte sullo Stretto, il fronte contro gli espropri affila le armi. E cresce il partito degli scettici

di Nino Amadore

Fonte: Il Sole 24 Ore

Nei giorni buoni da qui, da Torre Faro, Messina, si riesce a vedere il dettaglio di Cannitello, Villa San Giovanni, Calabria. Anche questa è quella che chiamano magia dello Stretto di Messina. Oggi questi due lembi di terra sono accomunati da un destino comune: sono gli approdi dei piloni del Ponte sullo Stretto. E sui due fronti i proprietari delle case interessate dal piano degli espropri pubblicato nei giorni scorsi sono mobilitati: no pasaran è il motto. Difendere le proprie case, difendere questo paesaggio e difendere un luogo simbolo della biodiversità sono invece i punti fermi di una battaglia che non intende fermarsi alla prima difficoltà.

Cresce il partito degli scettici

Ma oltre i diretti interessati e oltre chi, per vari motivi, ha aderito alla battaglia No Ponte, diciamo al di sopra di tutto, il partito degli scettici avanza, si allarga: vuoi perché si ritiene che la battaglia legale avrà una sua efficacia, vuoi perché «finché non vedo non credo» ma soprattutto perché in molti sono convinti che si tratti di una «grande operazione di propaganda politica che torna utile solo ad alcuni». A chi è facile immaginarlo: al ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini. Lo diciamo noi perché loro, spesso direttamente interessati dalle opere del Ponte e proprietari di abitazioni o attività commerciali che potrebbero essere espropriate o comunque limitate per la presenza dei cantieri, il nome del ministro preferiscono non pronunciarlo. E non per paura. Così, non gli va.

L’iter va avanti, cantieri entro l’anno

Il Mit intanto va avanti: il 16 aprile, alle 11, è stata indetta al Mit la Conferenza dei Servizi istruttoria, si legge in una nota del ministero: al tavolo sono invitati a partecipare tutti i ministeri e le Amministrazioni Statali interessati, le Regioni Calabria e Siciliana, i comuni, nonché gli enti gestori delle reti infrastrutturali (gas ed energia, ad esempio) destinatari delle eventuali interferenze. «A tutti sarà messa a disposizione la documentazione progettuale, in modo da permettere la più ampia partecipazione e le valutazioni del caso. Si tratta del primo passo operativo che segna l’inizio delle attività per la messa a punto dei cantieri entro l’anno». Nei prossimi giorni sarà pubblicato sui quotidiani nazionali e territoriali di Sicilia e Calabria l’Avviso di avvio del procedimento volto all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, propedeutico alla dichiarazione di Pubblica Utilità che sarà sancita con l’approvazione del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto da parte del Cipess.

Le speranze di progresso, i dubbi e le paure di Cannitello

Non mancano le posizioni di apertura, di chi vorrebbe dare fiducia a quest’opera che promette di portare benessere, lavoro, prosperità in questo pezzo d’Italia stretto tra l’ambizione di diventare terra di approdo sicuro per il turismo nazionale e internazionale e la dura realtà di essere terra di passaggio, luogo per vacanze brevi e a volte persino fugaci. Nonostante la bellezza dei luoghi che basta andare di sera a Scilla, sulla sponda calabrese per ritrovarsi di fronte a una cartolina, a un luogo immaginifico, quasi dipinto, suggestivo. E così via in questa parte di costa calabrese che osserviamo con trepidazione dal traghetto ma non immaginiamo possa essere un luogo di approdo per le nostre e altrui vacanze. A Cannitello, frazione di Villa San Giovanni, lì dove si poserà uno dei piloni del Ponte, la sera di giovedì Santo sono aperte solo le chiese. Anzi, per essere precisi, è aperto anche il bar, pasticceria, gelateria Boccaccio, proprio sul lungomare. Siamo proprio ai margini dell’area inserita nel piano degli espropri ma il proprietario Giovanni Sottilaro sa già che una volta aperto il cantiere sarà difficile continuare a lavorare e sarà dura mandare avanti questa attività che va avanti da 45 anni: «Egoisticamente – dice – mi dispiace andarmene via. Ma per l’avvenire dei ragazzi vale la pena fare un sacrificio: qui non c’è nulla, si lavora veramente solo due mesi l’anno per il resto lo vede anche lei che non c’è nessuno. Ma il Ponte lo devono fare veramente». Già i ragazzi, i giovani, il futuro: «Sono andati tutti via» dice Francesco, il figlio trentenne, maestro gelatiere che è già una promessa a vedere tutti i trofei e le pergamene esposte nel locale. Che aggiunge: «Eravamo in trenta nella mia classe, siamo rimasti in tre». Tutti gli altri sono andati a lavorare altrove: al Nord ovviamente. Manca il lavoro ma manca anche «la qualità della vita in un posto come Villa San Giovanni che è solo luogo di passaggio» aggiunge don Antonio, il parroco, un palermitano che è a Cannitello ormai da 15 anni. Potrà il Ponte aiutare a risolvere tanti problemi? «Vedremo – aggiunge ma a e sembra senza grande convinzione –. Intanto ci sono parecchie cose da considerare e tra queste l’inquinamento acustico che quella grande opera porterà». Certo non aiuterà la qualità della vita per chi vive a Cannitello, sembra di capire. Rossella Bulsei ha costituito il comitato ’Ti Tengo Stretto’ ed è pronta a nuove iniziative con i comitati siciliani, spiega: «Una casa non è soltanto un investimento economico, è invece la vita delle persone. Nella mia casa non ci sono quadri, apro la finestra ed è lo Stretto l’opera d’arte in cornice». Da queste parti si studiano esposti e azioni legali per bloccare finché si è in tempo l’iter dell’opera.

A Torre Faro (Messina) si preparano le barricate

Da Cannitello si arriva a Torre Faro, Messina, proprio di fronte e quindi distante circa tre chilometri, ci si arriva in circa 50 minuti, se non c’è traffico: macchina, traghetto, macchina. Col Ponte cambierà qualcosa? Su questo punto qui lo scetticismo sale e anche parecchio. Sull’altra sponda, quella siciliana, ancora di più. Ma è solo un aspetto, non il principale, anche se la velocizzazione del collegamento tra Messina e Reggio Calabria, con la costruzione della metroferrovia, è destinata ad avere grande impatto sul capoluogo siciliano con espropri anche nel cuore della città: «Oggi impieghiamo venti minuti per arrivare a Villa San Giovanni con i traghetti – dicono in tanti – con la metroferrovia impiegheremo più tempo».

La casa di Mariolina De Domenico, docente universitaria in pensione, per tutti ormai “la pasionaria No Ponte”, all’interno del complesso residenziale Due Torri a Torre Faro è il punto di ritrovo e riferimento per chiunque voglia comprendere le ragioni di chi si oppone: «Sono convinta che la casa non la perderò perché è una cosa che non possono fare e noi impediremo che possano farla – dice Mariolina –. La mia preoccupazione non è perdere la casa perché sei la mia casa servisse a qualche cosa di serio io la cederei molto volentieri: per un capriccio e per una stupidaggine io non la cedo. Loro nel progetto usano due parole che a me non piacciono e che sono la sfida e la scommessa il Ponte. Non può essere né una sfida né una scommessa perché la sfida la scommessa si perdono o si vincono.Una cosa del genere si deve fare quando c’è la massima certezza che riesca e siccome non c’è nessuna certezza io sono tranquilla».

I numeri degli espropri: coinvolta tutta la città

Daniele Ialacqua, che abita a qualche centinaio di metri dal luogo in cui ci troviamo, ex assessore comunale della giunta presieduta da Renato Accorinti (storico esponente No Ponte), stende sul pianerottolo la planimetria di Torre Faro: vi sono segnate le aree degli espropri, le case che saranno demolite. «I cittadini e le cittadine interessate dagli espropri per i cantieri non sono poche centinaia ma migliaia basti pensare che il documento in cui sono elencati gli espropri è fatto da oltre 1.500 pagine cui bisogna aggiungere quelle ovviamente della Calabria: si parla di case, attività produttive e terreni. Sono otto tavole di esproprio e a queste bisogna anche considerare che sono tutte le persone che abbiano intorno a questi cantieri che sono una trentina da Messina Nord a Messina Sud. Quindi è una città in ostaggio» dice Ialacqua oggi nel comitato No Ponte Capo Peloro.

Mettono davanti le ragioni di buon senso e l’apparente tranquillità cela inquietudine e rabbia. Inquietudine e rabbia che Cettina Lupoi, una vita da insegnate e oggi in pensione, proprietaria di una villetta all’interno del complesso Due Torri dove vive, non riesce proprio a mettere a freno: «Al di là di ogni ragionevolezza – dice – questo Ponte hanno deciso di farlo senza un confronto serio con gli esperti con i cittadini. E allora io dico solo una cosa: non sarà facile, non permetteremo che le ruspe radano al suolo le nostre case e che rendono una città invivibile schiacciata tra cantieri a cielo aperto per decenni perché la favoletta che i lavori dureranno pochi anni non convince più nessuno, metteremo in campo tutte le strategie tutti gli strumenti tutti gli atti che la democrazia ci consente per difendere i nostri luoghi e le nostre vite».

L’imprenditore: «Se sono solo chiacchiere dico no»

Gaetano Pispisa è un ristoratore, proprietario del ristorante-pizzeria Gitano’s che si affaccia sul lungomare di Torre Faro: quasi duecento coperti, una quindicina di addetti nel periodo estivo che scendono a 8 in inverno con punte di 12 nel finesettimana. «Io egoisticamente dico no: sono in affitto e non so nemmeno se avrò un indennizzo – dice –. Dover andare via mi metterebbe veramente in grande difficoltà: questo locale esiste da 25 anni ed è la mia vita, se dovessi chiudere da subito dovrei trovare i soldi per liquidare 15 Trattamenti di fine rapporto e non è cosa da poco». Ma anche qui, come nel caso dell’imprenditore di Cannitello, in quest’uomo emerge l’attenzione per l’interesse della comunità, condito da una buona dose di scetticismo: «Non sono un tecnico né un economista: dicono che il Ponte porterà sviluppo. Io voglio tutto il bene per questa città perché vedo che è una città dove i ragazzi vanno via: studiano e vanno via – dice –. Se il Ponte portasse come dicono una quantità di lavoro tale da poter fare rimanere qui i nostri ragazzi ben venga. Ma se sono solo chiacchiere e fumo io la mia città non voglio che sia deturpata da questo ecomostro».