Ponte sullo Stretto, il mistero del progettista fantasma

(DI CARLO DI FOGGIA – ilfattoquotidiano.it) – Basta andare sul sito di Cowi e digitare la parola “Messina” per capire che qualcosa non torna. Cowi è il progettista danese dell’opera che “tutto il mondo ci invidierà”, per dirla con Matteo Salvini. Eppure del ponte non c’è traccia. La società non vuol parlare, ci manda solo un virgolettato di poche righe. Stretto di Messina, la società pubblica guidata da Pietro Ciucci che deve realizzarlo, ed Eurolink – il consorzio, capitanato da Webuild, che nel 2005 vinse la gara per costruirlo – non ci fanno parlare con il responsabile del progetto, né forniscono i nomi dei progettisti o chiariscono quando sono entrate alcune società.

Il grande inganno è in fondo il capolavoro di questa storia: tocca ai critici – dipinti come ambientalisti anti-moderni – dimostrare che non si può fare, non il contrario. Giorgia Meloni dovrebbe però farsi qualche domanda prima che la corsa avviata nel marzo del 2023 da Salvini, ripristinando via decreto la gara, tracci un solco dal quale sarà difficile venirne fuori. Nel frattempo si cerca di spendere centinaia di milioni (o miliardi). Salvini ha dettato il programma: approvazione del progetto definitivo al Cipess entro giugno, apertura cantieri entro l’anno, fine lavori nel 2032. Il decreto ha fatto ripartire la giostra di assunzioni, spese, consulenze che il governo Monti aveva fermato nel 2012.

Chi ci mette la faccia? Prendiamo Marco Orlandini, il capo dell’ingegneria di Webuild, è l’uomo che firma la “relazione del progettista” sul Ponte: è il responsabile per legge del progetto, o meglio dell’aggiornamento a tempo di record di quello del 2011. Lo si scopre leggendo la relazione appena pubblicata perché Stretto di Messina non ha voluto dircelo prima. È possibile parlarci per intervistarlo? Eurolink ci dice: “Chiedete a Sdm”; Sdm risponde “Chiedete a Eurolink”. Quando gli si fa notare l’incongruenza, nessuno risponde più. Parliamo di un’opera preventivata, oggi, 14,5 miliardi.

Il Fatto avrebbe voluto chiedergli: “Garantisce che il ponte si può fare come da progetto?”. Abbiamo chiesto allora l’elenco dei progettisti. Sdm ci ha promesso una lista ma poi è sparita e si è limitata a dire che, per il ponte, è Cowi, tra i leader del settore. All’ennesima richiesta, la risposta è stata una brochure di Cowi un po’ datata visto che il ponte sospeso più lungo citato è di 1.600 metri, anche se Cowi ha lavorato al più lungo al mondo, il Çanakkale sullo Stretto dei Dardanelli (2022), di 2023 metri, 1.300 meno di quello di Messina. Allora abbiamo chiesto a Cowi e si è ripetuta la stessa storia: prima ci ha rimandato al giorno dopo, poi più nulla. Abbiamo insistito per giorni e alla fine è arrivato un virgolettato di poche righe di “Henrik Andersen, Senior Project Director” che spiega che la società ha lavorato al progetto del 2011 e alla revisione nel ’23. “Non vediamo l’ora di completare la progettazione (…) Con i suoi 3.300 metri, il Ponte di Messina supererà tutti i limiti imposti dalle dimensioni dei ponti”. Ma non ci si può parlare: “Al momento non abbiamo altri commenti da fare”.

Il senso di tanta riservatezza sfugge, visto che da 20 anni ci ripetono che le migliori menti si sono cimentate sul progetto. Su Linkedin l’ingegnere Emanuele Codacci Pisanelli, esperto del settore, ha salutato la relazione con sarcasmo: “Vorrei fare i complimenti a Orlandini per la firma. Forse non noto ai più lo ricordo ingegnere neolaureato in studio dal Prof. Petrangeli dove imparò l’arte di progettare i ponti da un ‘anziano’ allora ventottenne”. Annota che la relazione contiene alcune “novità come le deroghe ai vincoli normativi”: “Con buona pace di chi affermava il contrario, ora il treno che viaggia dritto ma è inclinato potrebbe farlo” o il fatto che le prove aeroelastiche sul modello intero defintivo non sono state fatte, ma rimandate al progetto esecutivo. “La relazione è in sostanza il progetto del 2011 approvato a tempo di record – spiega al Fatto – e l’aggiornamento è un elenco di impegni sulle modifiche. In molti casi si rimanda al progetto esecutivo, cosa che non ha alcun senso. Una delle più inconcepibili è lo studio sismico e aeroelastico senza prima definire le masse di impalcato. Se poi si considera che nella relazione di Orlandini vengono preannunciate variazioni di sezione di cavi e pendini è impossibile solo pensare di poter sviluppare un serio modello di calcolo”.

I dubbi sono riemersi dopo che il Comitato scientifico della Stretto di Messina, nominato da Salvini a febbraio, ha dato parere favorevole al progetto con 68 “raccomandazioni”. Diverse (materiali, carichi combinati, prove in galleria del vento, aggiornamenti sismici etc.) pesano come un macigno. Si capisce che alcuni nodi rilevanti su deformabilità e percorribilità del ponte non sono ancora stati sciolti. La parola “prove” compare 63 volte in 57 pagine. Il ponte sorgerebbe su una delle aree più sismiche d’Europa, con forti turbolenze di venti e sarebbe 2,3 volte più esteso del ponte ferroviario più lungo al mondo, il terzo sul Bosforo, completato nel 2016, con una luce di 1.408 metri ma in parte “strallato”, cioè con tiranti rigidi. “La storia si ripete – spiega Antonino Risitano, già preside della facoltà di Ingegneria di Catania –. Nel 2011 il Comitato scientifico diede parere positivo con 13 prescrizioni, alcune a mio parere insormontabili. Ora dà 68 ‘raccomandazioni’. Alcune, se svolte in modo completo, impegnerebbero anni di campagne di prova e i risultati potrebbero contraddire la certezza sulla fattibilità dell’opera. Nel frattempo si corre ad avviare il cantiere”. Il nodo principale è la funzionalità: il ponte deve poter essere usato per trasporto stradale e ferroviario senza che le limitazioni di traffico nei giorni di forte vento (60-70 l’anno) rendano complicata, ad esempio, la circolazione dei treni. Ciucci ha replicato che si tratta di semplici “suggerimenti” da risolvere nel progetto esecutivo, cioè quello in cui ogni minimo particolare, dalla vite alla saldatura, deve essere definito e rimanere tale attraverso monitoraggi e manutenzione.

Il senso comune suggerirebbe che non si può procedere senza prima accertare oltre ogni ragionevole dubbio che il ponte si può fare come da progetto. A Rai Radio 1, Ciucci ha spiegato che “ci sono 40 km di strade intorno da fare e quindi la progettazione esecutiva potrà essere fatta per tranche, in modo da accelerare al massimo l’avvio dei lavori. Entro fine giugno il Cipess, insieme al definitivo, approverà un piano di opere anticipate che potranno essere avviate ancor prima della progettazione esecutiva, già in estate”. In un documento di Sdm sono elencate 422 operazioni per creare il cantiere, una mole enorme di lavori: bonifica dei terreni, indagini archeologiche, geotecniche, geognostiche, topografiche e ambientali, demolizioni, allestimento cantieri, opere di compensazione ambientale. Stime preliminari parlano di 680 milioni, al netto degli espropri. Queste opere altereranno il territorio in maniera irreversibile. Che succede se, per assurdo, il progetto esecutivo (che andrà ri-sottoposto al Cs) non dovesse essere approvato o richieda modifiche tali da essere antieconomiche? Replicando a un ascoltatore, Ciucci ha detto che non vede il motivo per cui non si debba procedere ma che nel caso a pagare i danni “sarebbe lo Stato”.

Se si procederà con l’esecutivo “a tranche”, si partirà dalle opere a terra, che valgono 7 miliardi, comprese le fondamenta. Che la partita sia rilevante lo dimostra l’arruolamento da ottobre, per la progettazione, della Proger, mini colosso italiano con ottime relazioni bipartisan.

Per stilare il cronoprogramma delle opere anticipate, Eurolink aveva ipotizzato di partire il 28 aprile con la firma dell’“atto aggiuntivo” che farebbe rivivere il contratto con Eurolink fermato nel 2012 per terminare nell’ottobre 2025. I tempi si sono già allungati. Se il Cipess darà il via libera si siglerà il contratto con annessa penale se l’opera non dovesse farsi. La scelta di richiamare Ciucci, uno dei padri dell’opera e alla guida di Sdm per anni, è indicativa. È stato l’uomo che nel 2009, governo Berlusconi, rinegoziò il contratto con Eurolink, dopo il primo stop voluto da Prodi, dove fu inserita una penale che scattava anche in caso di non approvazione del progetto definitivo al Cipess, clausola che Webuild ha usato per far causa allo Stato chiedendo 700 milioni (in primo grado ha perso). Ora si supererà il miliardo.