Porto di Schiavonea. La deriva di politici e media “comprati” dagli americani (di Fabio Menin)

di Fabio Menin

La vicenda del porto di Schiavonea dove una multinazionale americana vorrebbe impossessarsi di mezzo porto, occupando di fatto le banchine utili all’approdo di navi di stazza grande, impedendo l’accesso ad ogni altra nave, che sia da crociera o commerciale, e restringendo la pesca ai margini, ogni giorno si va arricchendo di nuovi particolari, e qualche volta rasenta il giallo.

La cosa che ha colpito tutti è il fatto che tutta la politica calabrese abbia accettato senza profferire parola questa invasione americana del porto di Schiavonea.
Un ex sindaco presente alla conferenza di presentazione del progetto mi ha detto: “sono stati tutti comprati”. Si riferiva ovviamente ai politici della Regione Calabria e forse a qualche autorità che dovrebbe vigilare sui porti. 

Allo stesso tempo ha meravigliato molti il fatto che tanti giornali locali della zona o della Calabria, ad eccezione dei due quotidiani cartacei più noti accanto all’unico giornale di opposizione calabrese e a un noto blog locale, abbiano nei fatti sposato la causa della Baker Hughes, l’azienda americana, accettando l’idea  che porti molti posti di lavoro. E così la tesi dell’azienda è stata riportata pari pari, ma le considerazioni di chi si oppone a questo investimento neocoloniale, sono state spesso ignorate, tranne pochissime eccezioni di alcuni giornali, uno solo locale che ha fatto ampi servizi e interviste a tutti i protagonisti.
Il sospetto che le proprietà aziendali di questi giornali siano schierate nei fatto dalla parte di Confindustria che vuole la penetrazione coloniale americana a Corigliano, questo dubbio è molto forte. 

Hanno dimenticato che i posti previsti dall’azienda, quelli scritti nel progetto sono 30 maschi e 30 femmine (dando ampio spazio alle favole sui 200 o 150 posti di lavoro), hanno dimenticato che tutti i piani regolatori locali e territoriali non prevedono investimenti di industria pesante nel porto, e che neppure il piano regionale delle ZES, le zone economiche speciali lo prevede. Hanno pure dimenticato di chiedere ai responsabili di questa azienda a che cosa servirebbero, queste gabbie metalliche gigantesche che vorrebbero fabbricare nel porto di Schiavonea. Se a rigassificatori (vietati da una delibera comunale di Corigliano) o a piattaforme del gas o a che altro.
E hanno dimenticato la cosa più importante: che il porto di Schiavonea è stato creato per servire il territorio della Sibaritide e la sua economia e società e non per interessi di aziende che nulla hanno a che spartire né direttamente né indirettamente con la Calabria del Nord orientale.

E hanno dimenticato di ricordare che consentendo a questa azienda americana di occupare il porto, qualunque altra nave di grosso calibro, che sia da crociera o commerciale non potrà più attraccare.

Alla fine risulta difficile credere che le menti libere siano state tutte o quasi tutte  comprate, insieme alle istituzioni, Regione e Autorità dei porti. Ci auguriamo invece che qualche politico che può esprimere liberamente il suo pensiero, insieme ai sindaci del territorio, molti dei quali non condividono né le pale eoliche nel mare o a terra, né le occupazioni neocoloniali del porto, abbia il coraggio di ascoltare la voce dei cittadini e di richiedere all’azienda e soprattutto alla Regione che sia lasciato libero il porto e l’azienda vada nella zona industriale adiacente al porto, permettendo  il transito libero di tutte le navi.