Processo “Nuova Famiglia”, il pentito Montemurro: a Cosenza tutti i locali pagano il pizzo

“Il servizio di sicurezza e guardiania nei locali di Cosenza e di gran parte della costa tirrenica, altro non era ed è che un espediente per imporre a tutti una specie di estorsione legalizzata, perchè anche se non pagavamo l’iva, alla fine della serata emettevamo fattura per il servizio svolto. Nessuno poteva rifiutare il nostro servizio.”

A parlare è quella gola profonda di Giuseppe Montemurro, 34 anni, “buttafuori” di professione, e referente dei clan per la gestione dei “servizi estorsivi” offerti ai locali in tutta la provincia di Cosenza. Montemurro è stato ascoltato come testimone nel processo “Nuova famiglia”, presso il Tribunale di Cosenza, contro i presunti affiliati al clan Rango-Zingari. Sul banco degli imputati, che hanno scelto il rito ordinario, siedono: Daniele Lamanna, Franco Bruzzese, Francesco Vulcano, Antonio Chianello, Alessio Chianello, Stefano Carolei, Gianluca Cinelli, Gianluca Marsico, Sharon Intrieri, Jenny Intrieri, Anna Abbruzzese e Giovanni Fiore.

Giuseppe Montemurro ha deciso di saltare il fosso nel luglio del 2015, dopo essere stato arrestato perchè trovato in possesso di armi e droga. Da allora collabora con i PM della DDA di Catanzaro ed ha già deposto in vari processi. Ha raccontato, in occasione dell’operazione “Frontiera”, come funzionava tutta l’organizzazione criminale gestita da Muto sul Tirreno e di come lo stesso abbia “ceduto” il “ramo sicurezza” ai compari di Cosenza.

Interrogato da Pm Pierpaolo Bruni, Montemurro ripercorre tutta la sua carriera criminale, e il suo rapporto con i clan locali. Racconta di aver corrisposto per un periodo i proventi delle “estorsioni legalizzate” a Francesco Patitucci, in quel momento titolare della bacinella del clan, e poi, con “l’avvento” di Rango di aver corrisposto al suo gruppo tutti gli illeciti guadagni.

“Mi occupavo di estorsioni e guardiania nei locali. Con l’organizzazione di cui facevo parte imponevamo la sicurezza nei locali notturni. Imponevamo tutto noi, guai a chi si rifiutava. Di questi proventi toglievamo 40 euro che davamo a ciascun ragazzo che la sera lavorava con noi, e il 50% degli “utili” finiva nella bacinella della cosca. Prima a Patitucci e D’Ambrosio, e poi a Maurizio Rango. A Cosenza ai miei tempi, e penso che ancora sia così, tutti pagavano l’estorsione, in un modo o nell’altro”. 

Durante l’udienza, Montemurro ha risposto con puntualità e precisione a tutte le domande, delineando un quadro criminale in città da brividi. Decine e decine di onesti imprenditori vessati da criminali senza scrupoli, e che, come dice Montemurro, non hanno il coraggio di denunciare talmente tanta è la pressione esercitata su di loro dai clan che li fa vivere costantemente nelle paura.

La prossima udienza è stata fissata per giorno 9 febbraio.