Rende a un passo dallo scioglimento: il dilemma di Franchino il voltagabbana

A Rende, ormai roccaforte del potere “mazzettomassomafioso” del sindaco sospeso Marcello Manna, la decisione della Cassazione di revocare l’annullamento degli arresti domiciliari per il “boss” ha avuto l’effetto di una gigantesca doccia gelata per tutti i suoi scagnozzi/e che continuano a reggergli il sacco al Municipio.

Ma non c’è dubbio che il più “attenzionato” in queste ore e in questi giorni sia il cosiddetto Vicario Franchino De Rango meglio conosciuto come Franchino il voltagabbana, che in effetti ancora oggi è l’unico che cerca di divimcolarsi dall’abbraccio mortale dell’uomo che sussurra alle banconote dentro le mazzette.

Pare che il Vicario intendesse andare ben oltre le indicazioni del sindaco e volesse azzerare la Giunta anziché solo puntellarla per garantire ingressi di consiglieri “compiacenti” per l’approvazione del Psc, indispensabile ai fiancheggiatori di Manna per continuare a fare affari anche in sua assenza.
La maggioranza (non solo il Laboratorio “cinico”) su indicazione del sindaco ha opposto un netto rifiuto a questo intendimento del Vicario, di fatto isolandolo e predicando un sostanziale immobilismo, per difendere la posizione di alcuni assessori di fiducia del sindaco, in primis la sorella di Ariosto (Artese) e la figlia di Tommaso (Sorrentino), visto e considerato che la (ex) moglie di Piperno sta lì giusto per… ornamento.
Il Vicario a questo punto che farà? In molti dicono che non possa restare inerte e potrebbe reagire o forzando la mano e sfidando la maggioranza azzerando comunque la Giunta oppure dimettersi.
Lo si capirà presto…

Del resto, la decisione della Cassazione non ha fatto altro che amplificare ancora di più la sensazione che questo Consiglio sarà sciolto per infiltrazioni mafiose. E se prima l’ipotesi era solo plausibile, alla luce degli ultimi fatti lo è ancora di più.
In fondo, il tentativo del Vicario poteva far uscire almeno da questo stato comatoso la maggioranza che è rimasta spocchiosamente (ad immagine e somiglianza del suo capo) ferma. Senza voler neppure considerare la gravità del rischio, ha pensato di confidare nel buon esito delle vicende giudiziarie senza tentare alcunché nell’interesse della città.

Le minoranze almeno hanno posto seriamente la questione dimissioni del Consiglio, che né il Laboratorio “cinico”, ma neanche Aceto, Cava o Brogno hanno ritenuto di dover considerare quale estremo sacrificio e tentativo del Consiglio di sottrarre la città alla guerra personale che qualcuno ha pensato di ingaggiare con la magistratura.

Lo scioglimento e il danno per l’immagine della città rischia di essere l’unico lascito ereditario del sindaco e di TUTTA la maggioranza alla Città.

Ci si chiede: ma se Franchino il voltagabbana si dimettesse, si bloccherebbe la procedura di scioglimento?  La risposta è no, ma almeno compirebbe un gesto di coerenza che in qualche modo salverebbe la faccia almeno a quelli che hanno meno colpe rispetto al disastro che sta avvenendo sotto gli occhi di tutti.

Qualcuno ricorda anche gli eventi di 10 anni fa, quando il sindaco Cavalcanti in quita Principe si dimise per lasciare il passo al commissario Valiante in quota Cinghiale e quindi all’avvento di Manna.

La situazione ipotizzata a suo tempo, tuttavia, era certamente tale da apparire meno pervasiva dell’amministrazione e le indagini risultavano relative al periodo precedente la sua amministrazione (riguardavano il periodo 2006-2010). Le dimissioni di Cavalcanti influirono solo marginalmente perché ormai gli eventi avevano preso una direzione precisa e pilotata. Adesso la situazione è decisamente diversa. Tuttavia le dimissioni di sindaco e assessori coinvolti avrebbero certamente costituito un elemento di valutazione. Mentre l’ostinata pretesa di snobbare la Commissione d’accesso antimafia e le indagini giudiziarie vanno nel senso esattamente opposto.