Rende, parla il boss: “Il Palazzetto lo gestiremo noi: parola di Marcello Manna (e Pino Munno)”. Il ruolo di Orlando Scarlato

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame di Catanzaro, nel maggio dello scorso anno, aveva disposto la scarcerazione dell’ex sindaco di Rende (Cosenza), l’avvocato Marcello Manna, di 69 anni, arrestato e posto ai domiciliari il primo settembre del 2022 con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso.
L’annullamento è stato disposto in accoglimento del ricorso presentato dalla Procura della Repubblica di Catanzaro contro la pronuncia del Tribunale del riesame grazie alla quale Manna era tornato in libertà.

Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa traeva origine dal fatto che Manna, secondo l’accusa, candidato a sindaco di Rende in occasione della consultazione amministrativa del maggio 2019, dopo essere già stato primo cittadino, “avrebbe accettato da Adolfo e Massimo D’Ambrosio, vertici dell’omonima cosca di ‘ndrangheta – secondo quanto era detto nel capo d’imputazione – la promessa di procacciamento di voti a sostegno della sua candidatura in cambio della concessione dell’affidamento dei lavori per la realizzazione a Rende del Palazzetto dello sport ed il rilascio a loro prestanome di licenze per attività commerciali all’interno dello stesso Palazzetto o nell’adiacente area mercatale”.

Il boss rendese Massimo D’Ambrosio, del resto, ha spiegato con dovizia di particolari nelle conversazioni intercettate dalla Dda di Catanzaro come ha sostenuto il sindaco Marcello Manna e i suoi scagnozzi alle elezioni comunali del 2019. Ha spiegato in particolare di aver rifiutato soldi per procacciare voti, con il tradizionale metodo illecito della compravendita di ogni singolo voto al costo di 100 euro. Con tanto di semplificazione: “Ho rifiutato 100 euro a voto… io li porto nelle case (i candidati, ndr) e loro glieli danno…”. D’Ambrosio afferma con assoluta certezza che il clan preferisce commesse pubbliche e appalti e non è difficile capire verso quali commesse e quali appalti abbia interesse.

E’ ancora Massimo D’Ambrosio ad introdurre espressamente il tema, riferendo che adesso il Comune di Rende è in procinto di indire un bando di gara che, per vero, il Munno (assessore ai Lavori pubblici) aveva già predisposto, ma che, essendo l’amministrazione in scadenza di mandato, non avrebbe avuto titolo per pubblicarlo. Di tale gara, tuttavia, il Munno aveva specificatamente informato il D’Ambrosio assicurandogli – già prima di questa interruzione – che una volta predisposta lo avrebbe informato per consentire al D’Ambrosio di organizzarsi con netto anticipo e vantaggio su potenziali concorrenti.

Ma ecco cosa dice testualmente D’Ambrosio: “Devono fare una gara, lui (Munno, ndr) aveva detto che la stava indicendo, però lui a venti giorni dalle elezioni non ha più diritto di fare niente… che quando ci sono andato io mi aveva detto che come preparava il bando mi avrebbe informato…”.

La conversazione arriva poi al punto decisivo in cui gli elementi fin qui rappresentati trovano un primo momento di sintesi. Tutto ruota intorno alla gestione del Palazzetto dello sport, visto e considerato che i lavori di ristrutturazione sono iniziati da pochissimo tempo e non sono certo vicini alla conclusione come invece ha affermato l’avvocato di Manna (3 aprile 2019 https://www.iacchite.blog/rende-palasport-europa-lavori-appaltati-e-iniziati-in-piena-campagna-elettorale-i-documenti-che-sconfessano-manna-e-compari/).

Massimo D’Ambrosio riprende il discorso delle attività collegate all’entrata in funzione del Palazzetto dello Sport affermando di essere consapevole che si tratta di un’opera non ancora ultimata e rispetto alla cui gestione – che è quella che interessa al clan – non ci sono ancora margini di partecipazione: “Ancora deve essere finita – ricorda – io lo so…”. 

Ma al tempo stesso il boss riferisce di aver ricevuto la rassicurazione in merito ai futuri affidamenti di servizi direttamente dal sindaco uscente e ricandidato Marcello Manna per il tramite sia dell’amico assessore Pino Munno sia di Orlando Scarlato, “cugino” (o comunque molto vicino a D’Ambrosio), detenuto ed assistito dallo stesso Manna in qualità di avvocato (“e ma c’è Pinuzzo di mezzo, ha parlato con Orlando mio cugino, lo difende lui…”).

Il riferimento espresso a Marcello Manna emerge nel momento in cui il D’Ambrosio spiega che Orlando Scarlato verrà a Rende il 26 maggio 2019 (come da permesso riscontrato agli atti) con un permesso per recarsi alle urne per poi rientrare in carcere il martedì successivo. Sicché, subito dopo aver votato, si sarebbe recato dal Manna ed anzi D’Ambrosio ribadiva che si sarebbero recati assieme dal Manna, chiaramente al fine di ricordargli l’impegno preso. D’Ambrosio infatti riferisce che Manna “ha preso la parola” direttamente con lui (anche per il tramite di Pino Munno, per come gli interlocutori sanno, in ragione della loro partecipazione al procacciamento di voti in favore di quest’ultimo) e con lo stesso Scarlato, e di tale impegno assunto di certo il D’Ambrosio riferisce che non si è potuto dimenticare.

Testualmente: “… Orlando (Scarlato) il ventisei la domenica è qua che viene a votare, poi il martedì deve rientrare di nuovo in carcere… Il ventisei dopo che ha votato Orlando va da Manna, andiamo da Manna, ha preso la parola con me, lo sai tu, ma l’ha presa pure con quello, che io non mi scordo…”. 

A tal proposito il D’Ambrosio prosegue, mostrando tutta la sua caratura criminale sottesa al voto di scambio, ed evidenziando che, nel caso in cui il Manna dovesse poi commettere “l’errore” di non ottemperare a quanto promesso, avrebbe dovuto dare conto al fratello Adolfo D’Ambrosio, che sarebbe uscito dal carcere a luglio 2019… Ma la conversazione continua sempre con D’Ambrosio che offre ulteriori elementi di maggiore concretezza e stabilità della promessa effettuata dal Manna, laddove spiega che, già a fronte dell’impegno assunto dal Manna (il quale ha sempre manifestato il suo auspicio che i D’Ambrosio subentrassero nella gestione dei servizi accessori al Palazzetto), egli è pronto a realizzare ogni tipo di investimento economico per non farsi scappare l’ottenimento delle utilità, tanto nella sicurezza di ottenere le commesse collegate alle attività del Palazzetto, quanto nella tranquillità di operare anche per conto del fratello Adolfo, il quale, una volta scarcerato, gli restituirà quanto nel frattempo anticipato nell’investimento.

Ed in tal senso Massino D’Ambrosio ribadisce nuovamente che tale promessa, a base dell’accordo politico-mafioso, gli è stata recapitata dal Manna, per il tramite dell’amico assessore Pino Munno nonché tramite il “cugino” Orlando Scarlato. A fronte di questo impegno del Manna doppiamente veicolato al D’Ambrosio, lo stesso Manna, nel momento in cui gli si chiederà conto, non potrà certo rinnegarlo né rimangiarsi la parola data (testualmente: “Lui me l’ha mandato a dire tramite quell’amico e poi l’ha detto pure a mio cugino, non è che uno… uno può uscire pazzo ma due è difficile…”). Successivamente, la gara per la gestione del Palazzetto sarà aggiudicata a un parente diretto, un cugino di primo grado, dei fratelli Di Puppo mentre ad Orlando Scarlato sarà affidata la gestione dei bar e del punto ristoro (https://www.iacchite.blog/rende-il-palazzetto-dei-di-puppo-e-dei-dambrosio-prestanome-per-le-imprese-e-parenti-per-la-gestione-bar-e-ristorante-a-orlando-scarlato/). Siamo pertanto in presenza di tutti i riscontri che servono alla Dda di Catanzaro, anche se nell’ordinanza di arresto per Manna e Munno non trovava ancora spazio (per motivi di… tempo) l’esito scontato della gara truccata per la gestione del Palasport. Ma il tempo è sempre galantuomo e oggi quell’esito non solo è uscito fuori ma ha convinto il Viminale a sciogliere per infiltrazioni mafiose il Comune di Rende e la Cassazione ad annullare la revoca degli arresti domiciliari a Manna in attesa di una nuova udienza al Riesame con le “nuove” prove. Sempre rigorosamente a futura memoria.