Rende, stasera “Dans a la nuit” al cinema Santa Chiara

“DANS LA NUIT” DI CHARLES VANEL, CAPOLAVORO DEL 1929 RISCOPERTO DA BERTRAND TAVERNIER, RIMUSICATO DA LOUIS SCLAVIS E RIPROPOSTO DA UGO G. CARUSO AL SANTA CHIARA DI RENDE STASERA GIOVEDÌ 12 LUGLIO ALLE 21

Un evento imperdibile per tutti i veri amanti del cinema è in programma stasera giovedì 12 luglio alle ore 21 al Cinema Santa Chiara, la minuscola ma accogliente e tecnologicamente superaccessoriata sala nel centro storico di Rende (Cosenza) in Via R. De Bartolo, 15.
A ideare e a curare l’incontro è lo storico del cinema Ugo G. Caruso, il quale dopo lunghe ricerche ha scovato un vero e proprio capolavoro sconosciuto del cinema muto e d’ogni tempo, decidendo così di proporlo all’interno della rassegna “L’ora del lupo”, da lui stesso pensata con Orazio Garofalo, filmmaker e infaticabile curatore della programmazione del Santa Chiara.

Incredibilmente solo di recente riacquisito alla storia del cinema, “Dans la nuit” (Francia 1929), diretto ed intepretato da Charles Vanel, monumentale attore del cinema francese e francofono, fu infatti ignorato dalla critica al momento della sua uscita, quando ormai irrompeva il sonoro, tanto da indurre il suo autore a lasciare perdere con l’attività di regista dedicandosi esclusivamente a quella di interprete.

Fu un’imperdonabile sottovalutazione, un grave abbaglio che ha privato la Settima Arte di un metteur en scène formidabile, non meno di quanto lo fu quale interprete di una flmografia straordinaria e lunga oltre settant’anni che non subì alcun sussulto nel passaggio, fatale a molti suoi colleghi, dal muto al sonoro e che annovera pure titoli italiani importanti, da Germi a Rosi, da Genina a Brignone, da Lattuada a Scola. La riscoperta di “Dans la nuit” si deve innanzitutto alla Cinémathèque française che ne ha salvato la copia e all’Institute Lumière che l’ha restaurata sottraendo il film all’oblio e all’anonimato e successivamente a Bertrand Tavernier che nel 2002 ha proposto al grande jazzista Louis Sclavis di scrivere una partitura originale per sonorizzarlo. A sua volta Sclavis ha preso a cuore il progetto, riunendo intorno a sè alcuni dei migliori musicisti francesi e componendo con loro sedici tracce per una versione uscita poi su disco nel catalogo ECM. Pertanto accanto al clarinetto di Sclavis l’eccezionale ensamble vede il violinista Domique Pifarély, il violoncellista Vincent Courtois, l’accordeonìste Jean-Louis Matinier e il batterista François Merville.

Questa versione, la stessa cui assistette Caruso restandone folgorato nel 2008 al Parco della Musica di Roma, quando il film venne presentato e sonorizzato dal vivo nel corso della rassegna “Suona francese” che accostò il suono contemporaneo al cinema muto, è la stessa, di 76′ che verrà presentata a Rende.
Vanel che firmò anche un cortometraggio nel 1932, “Un affaire classée”, descrive “Dans la nuit” come “un dramma d’atmosfera operaia” con cui ha voluto rendere omaggio a suo padre, operaio a Jujurieux, nella regione del Giura dove il film fu girato.

La storia infatti è quella di un minatore che sposa la sua amata nel villaggio in cui è da tutti benvoluto. La precisione di tocchi con cui viene descritto l’ambiente farebbe pensare a Renoir e a Gremillon ma presto il film vira in nero e si sconfina dalle parti di Franju. Il giovane rimane vittima sul lavoro di un’esplosione da cui resta orribilmente sfigurato. Per nascondere il suo terribile aspetto è costretto quindi a portare una maschera metallica che gli conferisce suo malgrado un aspetto sinistro. La sua vita diventa un incubo e cade in depressione. Fino a quando la giovane moglie (l’attrice Sandra Milowanoff) con cui fatalmente i rapporti sono divenuti assai difficili e dalla quale si sente respinto, sembra avere intrecciato una relazione con un altro uomo. A questo punto la vicenda si fa più complessa e assume i connotati del giallo fino al sorprendente finale.Se l’uso della maschera o la mostruosità sopraggiunta rimandano alla tradizione più alta del feuilleton francese, Dumas in testa con “L’uomo che ride” e “La maschera di ferro”, il film rivela nella scelta delle inquadrature, nell’uso di piano e contropiano, nel ricorso a carrelli orizzontali e ad un montaggio fortemente ritmico, una modernità espressiva indiscutibile.
La stessa che ha giustamente fatto gridare tanti, Tavernier in testa, al capolavoro.
Al pari della serata ospitata lo scorso anno a Cosenza da Villa Rendano in cui Caruso propose un’altro titolo ai confini tra muto e sonoro recentemente rivalutata, quel “Menschem am sonntag” (“Gente di domenica” – Germania 1930), opera collettiva firmata dai giovanissimi Robert Siodmak, Kurt Siodmak, Billy Wilder, Edgar G. Ulmer e Fred Zinnemann), anche quello di stasera, giovedì 12, in cartellone al Santa Chiara di Rende, promosso insieme pure con il Cineforum “Falso Movimento” di Rovito, è un appuntamento da non mancare.