Riparti Calabria, l’ennesima truffa: requisiti cuciti su misura per gli amici degli amici

Dopo i finti tablet, che a detta di Spirlì arriveranno a settembre, dopo i buoni spesa regionali che nessun avente diritto ha avuto, dopo il boicottaggio della cassa integrazione, Jole la capra si appresta a mettere in atto la truffa del secolo. E tutto grazie a questa emergenza che porterà nelle tasche degli amici degli amici una valanga di denaro. Si sa che nelle emergenza il malaffare sguazza alla grande. Tutti ricorderanno la telefonata tra i due imprenditori che ridevano, in vista di lucrosi appalti, dopo il terremoto che ha colpito L’Aquila.

Riparti Calabria è lo slogan usato da Jole la capra per giustificare quello che a tutti gli effetti si presenta come l’ennesimo imbroglio a danno dei calabresi: 120 milioni di euro per far ripartire l’economia. E sarebbe cosa giusta se non fosse che dietro a tutto questo c’è il solito trucchetto per favorire solo ed esclusivamente gli amici degli amici. Il trucco è sempre lo stesso: cucire su misura il “bando”, inserendo requisiti che non tutti hanno, agli amici degli amici.

Infatti per accedere al finanziamento di “Riparti Calabria” sono previsti:

Vincoli di fatturato, regolarità contributiva, assenza di pendenze pregresse con il fisco, dichiarazione di un professionista che certifica la carenza di liquidità della impresa a causa Covid-19 e, l’Arcea – ossia un ente che per statuto opera esclusivamente nel settore agricolo – come soggetto erogatore del finanziamento.

E dulcis in fundo, il click day, cioè non tutti avranno il finanziamento ma solo coloro che per primi presenteranno la domanda alla piattaforma telematica.

Insomma la solita solfa che favorisce solo chi ha Santi in paradiso. Mentre chi ha veramente bisogno rimane tagliato fuori.

E per farvi capire, ancora una volta che alla Lega dei calabresi non gliene frega niente, vi riproponiamo i requisiti che la Lega, in Piemonte, ha inserito nelle misura di sostegno alle attività commerciali colpite dall’emergenza.

Nella Regione Piemonte, dove il governo regionale è simile a quello calabrese con a capo Alberto Cirio, un forzaitaliotaleghista, le cose vanno diversamente. Cirio e la sua giunta, prima ancora di quella della Santelli, ha approvato una “mega-manovra da 88 milioni di euro, già pronti in cassa, per erogare decine di migliaia di bonus “cash”, a fondo perduto e direttamente sull’IBAN di bar, ristoranti, attività di ristorazione in genere che ne faranno richiesta. Ma anche di centri estetici, spa, parrucchieri, taxisti”. Questo è il nostro modo per aiutare tutte le aziende che sono state chiuse dal Decreto del Governo e che tutt’ora sanno solo che potranno riaprire a giugno”.  Queste le parole del presidente Cirio durante la conferenza stampa di presentazione della misura “bonus Piemonte”.

In pratica la Regione Piemonte ha destinato a tutte le attività commerciali un bonus a fondo perduto di 2500 euro. Per ottenere il bonus basta una mail: “ogni azienda riceverà una PEC dalla Regione, sarà sufficiente rispondere a questa mail confermando che si è il titolare dell’attività e che si vuole ottenere il bonus e indicando il proprio l’IBAN. Punto. Non serve DURC, non serve andare dal commercialista, non serve produrre documentazione per certificare il danno: è ovvio che c’è stato un danno”.

Chiaro! I commercianti, i lavoratori, e tutti gli aventi diritto, in Piemonte, per essere risarciti gli basta fare una mail, senza dover dimostrare niente, perché come dice Cirio il danno c’è ed è evidente. Mentre i calabresi dovranno produrre una montagna di carte senza neanche avere la certezza di poter ricevere l’aiuto.

Questa è la situazione reale, se poi vi piace andare dietro le chiacchiere e le favole di Jole la capra, fate pure, tanto a guadagnarci sono sempre gli stessi, alla faccia di chi ha bisogno e non sa come fare.