Santanchè, amici in banca: mai saldati debiti da 2,5 milioni

(DI NICOLA BORZI, THOMAS MACKINSON E DAVIDE MILOSA – ilfattoquotidiano.it) – “Abbiamo una banca”: ricordate? Era la fine del 2005, ai tempi della scalata Bnl, quando l’allora segretario del Pd, Piero Fassino, e Giovanni Consorte, presidente di Unipol, esultavano al telefono con una frase intercettata e poi spiattellata sul Giornale dei Berlusconi. Quasi vent’anni dopo si scopre che c’è chi di “banche amiche” ne ha (avute) tante. Che hanno concesso prestiti a occhi chiusi anche quando i bilanci non erano tali da poterli rimborsare. Parliamo di Daniela Santanchè, oggi ministra del Turismo del governo Meloni, alle prese con indagini per falso in bilancio e truffa aggravata all’Inps. Nelle carte dell’inchiesta sul dissesto di Visibilia della Procura di Milano, gli ispettori della Banca d’Italia e il Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della GdF hanno ricostruito le operazioni bancarie con cui il gruppo, già dissestato, ha potuto tirare a campare per anni.

È il caso dei fondi erogati a Visibilia Srl e Visibilia Concessionaria Srl dalla Banca Popolare di Sondrio. A ottobre 2012 la prima otteneva da Bps un mutuo da 2 milioni con garanzia pubblica del Fondo Pmi gestito dal Microcredito Centrale. Strano: un anno prima la pratica di fido era stata respinta per la “limitatissima dotazione patrimoniale, in presenza di insoddisfacenti responsi reddituali” delle società incorporate da Visibilia Srl, oltreché del “rifiuto di Daniela Santanchè di fornire una fideiussione personale”. Ma la manager non demordeva e bussava di nuovo il 2 giugno 2012, firmando una nuova richiesta di fondi come amministratore unico. Il finanziamento veniva concesso. Poi si scopriva che quanto dichiarato era falso, a partire dalle previsioni di fatturato da 30 milioni, che si dimezzava mentre le perdite si trasformano in un “utile modesto”. Emergeva anche che le 103 fatture poste a garanzia di solvenza erano state emesse prima del finanziamento, addirittura nel 2009. Nessuno pare si fosse accorto di nulla. Tanto che gli ispettori di Bankitalia si chiedono “non è chiaro il motivo per cui la richiesta di finanziamento, negata a novembre 2011, veniva, invece, accolta a luglio 2012”.

Dalle relazioni della Banca d’Italia emerge un quadro netto: dal 2014 al 2023 il dissestato gruppo editoriale-concessionario di Santanchè ha ricevuto dalle banche finanziamenti totali per oltre 7,8 milioni e ne ha restituiti solo 5,3. I finanziatori sono stati Intesa Sanpaolo, Bps, Credito Valtellinese e Banco Bpm. Visibilia Srl (in liquidazione) ad agosto 2023 ha raggiunto l’intesa con i creditori: tra questi Prelios Credit Servicing, che aveva rilevato il credito da Intesa, ha accettato 1,2 milioni su 4,5 milioni dovuti, con uno sconto del 73% sul debito.

Ma ci sono poi anche altre aziende nelle quali Santanchè è stata amministratrice e manager. Ad esempio quelle dell’ex compagno Canio Mazzaro. Nel 2011 Mazzaro acquisì Bioera, società di alimenti biologici coinvolta nel crac Burani, con un minimo esborso grazie a condizioni di favore concesse da Mps: Mazzaro si fece carico del debito da 6 milioni dei Burani verso il Monte e per saldarlo si fece prestare i soldi dalla stessa Mps, che gli consentì di ripagarlo in 10 anni, i primi due senza esborsi. Ma, secondo Report, non lo avrebbe mai rimborsato. In Ki Group Srl, per la quale il 9 gennaio è stata disposta la liquidazione giudiziale, il “vecchio” fallimento, c’è un debito da 2,7 milioni con la società pubblica Invitalia per le garanzie su un credito ottenuto durante il Covid, oltre a 2,59 milioni di debiti con Intesa, Bpm, Mps e Banco Desio.

Sempre tra i disastrati gruppi del biologico che hanno visto alternarsi ai vertici Santanchè e Mazzaro, c’è Biofood Italia. L’azienda ha 6,4 milioni di debiti dei quali oltre 5 verso le banche. Nel 2011 si era caricata oltre 5 milioni di debiti di Bioera con Mps, con rateizzazione e prima scadenza nel 2019. Ma non ha mai pagato e l’esposizione è salita alle stelle. Il “buco” verso Mps è stato acquisito da Amco, controllata del ministero dell’Economia, che non è riuscita a incassare e ha portato Biofood al Tribunale fallimentare, salvo poi non presentarsi in udienza. Al suo posto è subentrata la Procura di Milano, che ora ne chiede la liquidazione giudiziale. Evidentemente, per le banche italiane ci sono debitori “più uguali” di tutti gli altri.