Sfida Elon-Zuck: ecco l’Italia, bordello svenduto ai potenti

(DI TOMASO MONTANARI – ilfattoquotidiano.it) – Il lettore mi perdonerà la crudezza, ma la sceneggiata agostana sul duello tra Musk e Zuckerberg rappresenta probabilmente la più colossale figura di merda che il ceto politico italiota abbia procurato al “patrimonio storico e artistico della Nazione” (art. 9 Cost.): niente male per una destra che fa della retorica della nazione e dell’identità italiana la più abusata delle bandiere.

L’11 agosto Elon Musk comunica al mondo di aver parlato direttamente con Giorgia Meloni e con Gennaro Sangiuliano: “Ho parlato con la premier italiana e il ministro della Cultura. Hanno concordato una location epica. Il combattimento sarà gestito dalle fondazioni mia e di Zuck. Il livestream sarà su questa piattaforma e su Meta. L’inquadratura sarà l’antica Roma, quindi niente di moderno. Tutto porterà rispetto al presente e passato dell’Italia, e il ricavato andrà ai veterani”. Lo stesso giorno, sempre sull’ex Twitter il ministro conferma: “Lunga e amichevole conversazione con Elon Musk su un grande evento di evocazione storica non si terrà a Roma. Ci sarà una ingente donazione a due importanti ospedali pediatrici italiani per il potenziamento delle strutture e la ricerca scientifica per combattere malattie”. Segue una imbarazzante serie di autocandidature: da Firenze a Pompei, da Reggio Calabria a Verona, da Ostia a Potenza lo sputtanamento del Paese decolla su ogni social media.

Infine, sei giorni dopo l’annuncio, la clamorosa smentita del padrone di X: “Voglio ringraziare il ministro Sangiuliano per la gentilezza e la disponibilità nel voler organizzare un evento di intrattenimento, culturale e di beneficenza in Italia. Volevamo promuovere la storia dell’Antica Roma con il supporto di esperti e allo stesso tempo raccogliere soldi per i veterani americani e gli ospedali pediatrici in Italia. Zuckerberg ha rifiutato l’offerta perché non è interessato a questo approccio…”.

Il ritratto dell’Italia che ne viene fuori è impietosamente realistico: la stessa presidente del Consiglio, incurante delle conseguenze sull’immagine del Paese che dovrebbe servire, si è prestata a questo grottesco marketing di due colossi economici privati. Altro che beneficenza per gli ospedali italiani, è la Repubblica italiana che ha fatto pubblicità gratis a X, e a Meta: apparendo come la tenutaria di un bordello (il patrimonio culturale) all’ultimo momento disertato dai facoltosi clienti. Viste la matrice di chi ci governa, verrebbe da ritorcergli contro la retorica razzista e colonialista, definendolo un ceto politico con la sveglia al collo e l’anello al naso: e cioè provinciale, improvvisato, incolto e servile. Eccola la ‘bravura’ di Meloni, tanto esaltata sulle pagine del “Corriere della sera”!

D’altra parte, sono convinto che anche con un Renzi presidente del Consiglio e un Franceschini di nuovo alla Cultura l’esito sarebbe stato identicamente catastrofico. Perché dietro a questo disastro di immagine ci sono decenni di sputtanamento del patrimonio culturale, raccontato e governato come una enorme location per ricchi. Dai banchetti di matrimonio alla Reggia di Caserta agli addii al celibato a Palazzo Pitti, dall’Uomo vitruviano di Leonardo prestato alla Francia per volontà di governi e presidenti al Bacco di Caravaggio sbattuto a Vinitaly, da Ponte Vecchio affittato alla cena della Ferrari alla Villa della Regina a Torino data a una banca, dalla zumba al Santa Maria della Scala a Siena alla Punta della Dogana di Venezia regalata a Pinault: l’elenco è infinito, e grottesco. È l’Italia di Very Bello e di Open to Meraviglia: un paese genuflesso in attesa di essere privatizzato da ricchi paperoni stranieri, per un tozzo di pane gettato in elemosina. Un’idea neocoloniale: dove la colonia siamo noi.

Un’idea così radicata che affiorò pure negli atti della commissione di sedicenti saggi a cui il presidente Napolitano pensò bene di affidare il disegno delle Grandi Riforme, e che suggerì (lunarmente) che “allo scopo di moltiplicare i luoghi in cui rendere accessibile il patrimonio culturale disponibile, si potrebbero sperimentare forme di prestito oneroso ai privati… di parte delle opere attualmente chiuse nei magazzini, così da finanziare con il ricavato attività e gestione dei musei esistenti”. Non era una novità: la stessa proposta era contenuta in un disegno di legge presentato il 22 giugno 2010 dal mitico Domenico Scilipoti, nonché nel programma di Laura Puppato per le primarie Pd poi vinte da Bersani: “L’utilizzazione intelligente delle opere d’arte e dei reperti archeologici custoditi nei magazzini dei musei…: si potrebbe affidarli a fronte di adeguato compenso, in locazione ad organizzazioni private che ne curerebbero l’esibizione al pubblico, oppure con apposita convenzione affidarli aenti, istituzioni, fonti termali e alberghi affinché ne curino l’esposizione”. Ecco come siamo arrivati a questo punto: non sarà l’ora di fermarci a riflettere?