Tangentopoli cosentina, ecco perchè arriva la Commissione Antimafia

Mario Occhiuto e Dario Granieri

Eppur si muove! O meglio, qualcosa si muove. Ed è proprio quello che sta accadendo da noi. Dopo anni, ma che dico anni, dopo decenni, ma che dico decenni, dopo secoli di intrallazzi, corruzione, soprusi, abusi, ladrocinio, la città si sveglia.

Ed insieme a lei le istituzioni. Che questa volta sembrano essere dalla parte dei cittadini. Comunque la si voglia vedere è innegabile lo stato di cose nella nostra città: un porto franco per imbroglioni di ogni specie. A tutti i livelli.

“Quello che colpisce è – dice il procuratore Pignatone, che è uno che ne ha visto e sentito di cose, eppure, rimane sconvolto – la quotidianità della corruzione nella pubblica amministrazione”. Dirigenti, funzionari, impiegati, che dopo aver timbrato il cartellino, utilizzano gli uffici per sbrigare mmasciate a mafiosi, faccendieri, corrotti, politici, intrallazzini et similia. E non succede solo all’Anas, come sanno bene i cosentini. Ma anche al tribunale, in prefettura, in questura, nelle caserme dei carabinieri, in comune, all’ospedale, in ogni pubblico ufficio.

Tutto si muove nel nome della bustarella, o della mazzetta se preferite. Una cultura, quella della corruttela, consolidata, sedimentata, che quasi nessuno ci fa più caso. Dove tutti alla fine, se sgamati, possono dire: ma lo fanno tutti. Una giustificazione, spesso sentita, che non lascia spazio a dubbi sul grado di coinvolgimento collettivo che questa insana pratica ha edificato: una diffusa e capillare incultura istituzionale. Dove tutto diventa lecito, “normale”, e chiedere un “piacere” ad un pubblico impiegato non è poi cosa così grave. E fu così, come disse il cantautore, che qualcuno iniziò a scambiare il “diritto con il favore”. La madre di ogni guaio. Arretratezza, mancato sviluppo, decadenza sociale e culturale, è da qui che derivano. Se non si ribalta questo sconsiderato sistema, non si va da nessuna parte. A voglia a battere!
Sono mesi che attendiamo segnali dallo stato su quanto da noi raccontato in questi settimane. E finalmente arrivano.

Rosy Bindi
Rosy Bindi

Il 26 e il 27 sbarca a Cosenza la Commissione parlamentare Antimafia, presieduta dall’onorevole Bindi. Una visita che era stata già annunciata qualche settimana fa, ma che alla luce di quanto accaduto in questi giorni a Cosenza, ha rivisto il suo programma.

Infatti, la Commissione, avrebbe dovuto recarsi solo all’università, per il solito convegno palloso per soli addetti ai lavori. Spesso lontano dal mondo e dalla realtà. Discussioni che servono solo a giustificare il proprio ego accademico, diciamoci la verità. Che nulla incidono nella quotidianità di cui parla il procuratore Pignatone. Parole che restano chiuse, serrate, tra il ferro e il cemento dei cubi universitari. Simposi che autoalimentano un circuito interno fatto di pubblicazioni, tesi e tesine, che come si sa nessuno mai leggerà. Ma che servono a tutto l’apparato accademico che di questo “vive”. Infatti i cittadini nulla sanno di quanto avviene in questi famigerati convegni. Nulla è più distante da loro.
Così, qualcuno, che se aspettavamo a Madame Fifì stavamo freschi, ha pensato di comunicare alla commissione che forse era il caso di “allargare” la visita, anche alle istituzioni cittadine: prefetto, procuratore, questore, comandante dei carabinieri e della finanza.
E lo ha fatto con una lettera in cui spiega la grave situazione cittadina. Lettera che è stata recepita dal presidente, che ha cambiato l’obiettivo della missione. Infatti incontrerà anche la DDA del bravo magistrato dottor Lombardo (anche se quella cosa della consulenza al figlio suona un po’ di “pastetta”). Una missione che pare serva a preparare il “terreno” per l’operazione che finalmente scoperchierà la oramai arcinota “tangentopoli cosentina”. Una operazione che è inevitabile, e che nessuno può più insabbiare, nè fermare. C’è l’ok politico e giudiziario. E la prova, che ciò avverrà, sta proprio nel cambiamento repentino della missione della commissione.

La lettera di Molinari
La lettera di Molinari

A scrivere la lettera è stato il senatore Francesco Molinari. Scusate se ripeto questa frase: che se aspettavamo a Madame Fifì, mo’ mangiavi. Il senatore, oltre a chiedere il cambio di missione, racconta anche al presidente Bindi la triste vicenda dell’oscuramento improprio del nostro giornale da parte della procura, chiedendo ai membri della commissione di ascoltarci. E noi presidente Bindi, qualora lei voglia accogliere tale richiesta, abbiamo preparato tutto il materiale necessario per sostenere, carte alla mano, tutto quello che da tempo sosteniamo dalle colonne del nostro giornale. Grazie.
Ps. La redazione informa il presidente Bindi che intendiamo riferire e consegnare il materiale, a tutti i nobili membri di detta commissione, ad eccezione di Madame Fifì.
GdD