Tarantelle calabresi (di Giulio Bruno)

Tarantelle calabresi

di Giulio Bruno

Il day after elettorale è impietoso: nella regione avviata al cambiamento e proiettata verso un radioso futuro di crescita, dove si balla la tarantella e si festeggia l’astensione dalle urne del 56% degli aventi diritto, l’Istat provvede a ricordarci, senza un briciolo di delicatezza e sensibilità, che siamo ben oltre la soglia del baratro.

Sulla base degli studi del 2018, il reddito medio pro-capite in Calabria risulta essere il più basso d’Italia (14.000 euro a cranio, ovviamente secondo la regola Trilussiana dei polli), contro i 22.000 dei residenti al nord del Paese. Non sono da meno quei cattivoni dell’ufficio studi di Bankitalia, che ci evidenziano come il tasso di occupazione (dati aggiornati al primo semestre 2019) nella fascia di età 15/64 sia pari al 40%, con un livello complessivo di disoccupazione del 21% che sale a quasi il 60% per quanto riguarda i giovani.

Diminuiscono i consumi delle famiglie (ma va’?) e le persone, in prevalenza sempre questi dannati giovani, emigrano con maggiore frequenza (4×1000, record europeo) in cerca di occupazione. La politica, quella vecchia e quella nuova, è incapace di dare risposte. E, se vogliamo, anche di fare analisi. L’agenda delle priorità vede al primo posto la conquista di una rendita di posizione nelle istituzioni, espungendo da esse ogni possibile elemento di disturbo e di contrasto. Prevale la logica della compatibilità, che tradotto vuol dire che se mostri di essere compatibile con il sistema ne entri a far parte e puoi etichettarti come più ti piace: destra, sinistra, movimentista, anarco-insurrezionalista, ambientalista e perfino evangelista. Se non ti adegui, sei fuori.

Il potere e le risorse pubbliche vengono esercitati in modo arbitrario in questo modo, lasciando alla protesta sociale mediamente organizzata le formule che di volta in volta, a seconda della particolare sensibilità avvertita nel Paese in quel dato momento, la piazza intende adottare. Così si è passati, solo a voler fare alcuni esempi, per i “girotondi”, il “popolo viola”, “mani pulite” (prima che diventasse partito), il popolo del “vaffa” (prima che assurgesse al governo del Paese), fino ad arrivare alle “sardine”. Tanto rumore per nulla, perché a livello istituzionale è cambiato meno di zero. Movimenti che spontaneamente esprimono il disagio di una fetta più o meno consistente della popolazione, ma che finiscono per diventare (anche involontariamente) funzionali alla classe politica (maggioranza e opposizione) che continua a gestire il potere (in continuità o in alternanza).

Come si diceva, solo diventando compatibili al sistema (per esempio i 5Stelle, partiti dalla metafora del “Parlamento da aprire come una scatola di tonno” fino a riscoprirsi più realisti del re) si passa dalla piazza alle istituzioni; viceversa si rimane confinati nel ruolo della testimonianza pura che diventa il più delle volte allegoria del potere. In Calabria, poi, gli effetti e la portata di tali fenomeni giungono depotenziati e attutiti da una storica naturale propensione radical-minimalista, sintetizzata nel “vorrei ma non posso”. Del resto, “il voto a un amico/parente/dispensatore di favori” non si nega mai e tutto passa in secondo piano, dalla mancanza dei servizi primari all’abbondanza di immondizia per le strade, dalla corruzione all’incapacità conclamata, dal malaffare all’appropriazione indebita.

Chi vota sa benissimo cosa vota, conosce perfettamente la storia del candidato oggetto della propria preferenza, approva il percorso politico e personale di chi avrà l’onere di rappresentarlo nelle istituzioni. Il resto è fuffa, autocommiserazione per le cose che non vanno come dovrebbero andare, per l’arretratezza, per le condizioni di vita da terzo mondo, per l’assenza di infrastrutture e servizi degni di questo nome. Chi non accetta una rappresentanza complice e farlocca non vota, esprimendo dissenso e accollandosi il disagio profondo dell’assenza. Passeranno altri cinque anni, altri movimenti, gli stessi governanti (palesi e occulti), resteranno i soliti problemi. Fino alla prossima tarantella…