Usa e Nato anti-Mosca: fungo atomico sull’Ucraina…

ARMI TATTICHE – Lo stallo del conflitto potrebbe esser risolto con l’uso di ordigni nucleari di piccola potenza che devasterebbero “solo” il campo di battaglia…

(DI FABIO MINI – Il Fatto Quotidiano) – Quando le cose sembrano andar male ci sono tre possibilità: continuare ad andar male, andar meglio e andar peggio. Sembra una stupidaggine e lo è, ma nella sua ovvietà lapalissiana, stimola la riflessione. La guerra tra Russia e Ucraina presentata come un conflitto “locale” si è rivelata per quanto di peggio potesse andare, almeno per noi europei. L’Amministrazione Usa e la Nato hanno chiarito che lo scopo non è finire la guerra ma “terminare” la Russia. Qualsiasi negoziato è inutile perché l’Ucraina vuole la Russia fuori dai propri territori e, come dice il Segretario generale Stoltenberg, la Nato non accetterà mai “l’annessione illegale della Crimea da parte della Russia”. Quindi anche le velate offerte di Zelensky sul ripristino della situazione al 23 febbraio vanno a farsi benedire. In quel giorno la Crimea era russa e le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk avevano fatto un patto di reciproca assistenza e sicurezza con la Russia. Dopo aver a lungo e invano richiesto autonomia amministrativa nell’ambito dell’Ucraina e aver patito 8 anni di repressione poliziesca e militare, si sono decise a dichiararsi indipendenti.

Il 23 febbraio la situazione era ancora negoziabile, se fosse stata veramente una questione tra Russia e Ucraina. Ma in realtà non lo era e non doveva esserlo, perché la questione ucraina conteneva un nodo molto più difficile e importante: l’assetto della sicurezza in Europa. La pretesa della Russia di legare la questione locale a una revisione dei patti scritti e non scritti era tanto razionale quanto pericolosa per la stessa credibilità e sopravvivenza della Nato e dell’Unione europea. Oggi sul piano locale esistono due schieramenti militari che si fronteggiano: tatticamente equilibrati ma strategicamente squilibrati. Sul piano tattico esiste un fronte che si sviluppa lungo una fascia profonda mediamente di 100 km all’interno dell’Ucraina (compresi i territori delle neo-repubbliche) a est e a sud. È un fronte in assestamento, non ancora completamente sigillato ma non in espansione in un senso o nell’altro. I territori retrostanti al fronte sono “liberi” e lì il supporto alle operazioni funziona. Non funziona invece l’attraversamento del fronte per le evacuazioni di civili che possono rappresentare una opportunità per la fuga o l’infiltrazione di avversari. L’evacuazione della popolazione da Mariupol, ad esempio, non è mai avvenuta prima dell’occupazione russa. La città era destinata al martirio fin da subito. Gli occupanti russi hanno evacuato decine di migliaia di persone, ma solo poche centinaia han potuto attraversare il fronte verso l’Ucraina tra mille difficoltà poste non solo da chi li fa uscire ma da chi li deve far entrare. La nostra propaganda definisce “deportati” i primi e “liberati” gli altri; s’enfatizza il ruolo di Kiev e si tace su quello di Croce Rossa o Onu o degli stessi russi che li traggono dai rifugi.

Sul piano strategico la Russia ha strumenti militari da impiegare, l’Ucraina no, a eccezione della propaganda veramente efficace anche se orchestrata e sorretta da quella “occidentale”. Su tale piano l’equilibrio di potenza è possibile solo con l’intervento di Nato e Usa. E questo è già in atto sul piano politico (schieramento internazionale), economico (sanzioni), dell’informazione (coalizione mediatica) e militare (fornitura di armi e intelligence). La situazione generale può migliorare almeno temporaneamente lasciando spazio ai negoziati e quindi ai compromessi; può peggiorare sia con l’aumento d’intensità dell’intervento russo, sia con l’intervento occidentale diretto a spostare il conflitto sul piano strategico. Una cosa è certa: la situazione attuale non è affatto stabilizzata e la ricerca dell’equilibrio tattico è in realtà lo sfruttamento di un “vantaggio” strategico che Usa, Nato e Ue potenzialmente hanno già.

L’opzione nucleare, che tutti i belligeranti dicono di non considerare, è invece quella maggiormente studiata e alimentata. Nato e Russia hanno già gli strumenti tattici per attuarla anche limitandone l’uso al teatro europeo, cioè il nostro. La Russia possiede 5.977 testate nucleari di cui 1000-2000 tattiche, gli Stati Uniti 5.428 di cui 230 tattiche. La Russia ha pronti per il lancio nucleare 1.588 missili, gli Stati Uniti ne hanno 1.644. La Gran Bretagna ha un totale di 460 ordigni nucleari di cui 120 attivi (pronti al lancio), la Francia 300 attivi. Nel 2012 la Nato ha avviato un piano di ammodernamento delle testate nucleari tattiche, capaci di colpire obiettivi fortificati ed esser lanciate da aerei stealth, invisibili ai radar. L’esclusione dei negoziati sposta il conflitto dal piano tattico a quello strategico che a sua volta comporta l’indifferenza nei riguardi della sicurezza europea e dell’Ucraina che è divenuta sacrificabile alla luce dell’obiettivo dichiarato. D’altro canto, anche con negoziati che non riguardino l’assetto della sicurezza europea, la Russia non ha alcuna speranza di risolvere il conflitto e nemmeno d’evitare la sfida aperta di Usa e Nato. Anche ritirandosi dall’Ucraina non estinguerebbe la minaccia né ai confini né all’interno. La Nato sarebbe in Ucraina con le basi e i missili e conquisterebbe la Bielorussia, il Caucaso, il Mar Nero e il Mar Baltico e altri territori russi a partire da Kaliningrad. Tutto ciò sarebbe l’avverarsi del sogno d’egemonia continentale statunitense che molti coltivano da sempre e che gli stessi europei nella Nato e nell’Ue han fatto proprio. Potrebbe anche essere il sogno della Russia se avesse possibilità d’inserirsi in un “nuovo ordine europeo” meno aggressivo nei suoi confronti. Ma così non è e la prospettiva di spostare il confine del potere americano dall’Ucraina alla Cina, comporterebbe il rischio per la Russia di trovarsi in prima linea su tale fronte, in qualità di proxy: sogno o incubo?

Inoltre, non è detto che la Russia intenda rassegnarsi all’incubo o a svendersi al minor offerente quando possiede ancora armi tattiche e strategiche per evitarli. Come? Usando proprio tali armi nella maniera che a essa viene già attribuita: da macellai. Stati Uniti, Nato ed Europa stanno di fatto muovendo in tale direzione contando sul vantaggio strategico ed escludendo il ricorso a quel nucleare che possa provocare ritorsioni sugli Stati Uniti o i loro territori. Dell’Europa non importa niente a nessuno. Tra le opzioni strategiche della deterrenza nucleare prevista dalle dottrine occidentali e orientali, compaiono il colpo dimostrativo, l’attacco preventivo e la deterrenza per punizione: un attacco così improvviso, sproporzionato e devastante da togliere a chiunque la voglia di combattere. Questa deterrenza funziona ed evita l’escalation se è credibile. E diventa tale solo per chi l’adotta per primo. Finché se ne parla o si abbaia non serve a niente ed è per questo che la baldanza della Nato dovrebbe impensierire. L’abbaiare alla porta della Russia di Papa Francesco, non è quello del “can che non morde” è il latrato della muta di cani pronta all’attacco che chiede solo di essere sguinzagliata. Stati Uniti, Nato e Russia che dicono di non voler ricorrere al nucleare, hanno la capacità e gli obiettivi su cui esercitare le opzioni senza arrivare all’immediato scontro nucleare globale. Dove? In Ucraina. Nato e Usa possono colpire obiettivi militari russi tra tutti quelli schierati in Donbass e Crimea, la Russia ha a disposizione il resto dell’Ucraina. La tentazione di spianare i russi in Ucraina è già un’opzione statunitense, della Nato e dell’Ucraina. Quella di spianare l’Ucraina trasformandola in un deserto intransitabile è già un’opzione della Russia. Chi non l’adottasse dovrebbe esser canonizzato.