Villa Ortensia, giustizia e disagi. Ci scrivono gli ex dipendenti

Questa mattina abbiamo ricevuto in redazione una lettera di alcuni ex dipendenti di Villa Ortensia.

La pubblichiamo integralmente. 

Egregio direttore, chi le scrive è un gruppo di ex dipendenti della Casa di cura chirurgica “Villa Ortensia srl” di Cosenza, chiusa nel dicembre 2011 per fallimento.

Con la presente è nostra intenzione denunciare il profondo disagio economico e morale di tutte quelle persone che, a causa di un iter burocratico lento e pieno di ostacoli e di una giustizia che riteniamo profondamente “ingiusta”, sono nella più grande disperazione, in condizioni economiche e sociali insostenibili, frustranti e che tolgono dignità a chi le vive.

Nel maggio 2011 è stato dichiarato il fallimento della Casa di cura chirurgica “Villa Ortensia” con la fissazione della prima udienza di verifica dello stato passivo. Da quel momento è iniziata la nostra odissea in quanto, a distanza di circa quattro anni, non solo non ci sono state pagate le retribuzioni arretrate ma non possiamo neppure chiedere al fondo di garanzia INPS le somme che ci spettano a titolo di trattamento di fine rapporto.

La maggior parte di noi, più di quaranta, è stata licenziata durante il fallimento, per cui abbiamo inviato al curatore le domande di ammissione tardiva per il TFR, ma i tempi si prospettano lunghissimi poiché siamo stati informati che non sarà possibile fissare le udienze di verifica delle domande tardive fino a che non sarà terminata la verifica di quelle tempestive.

Avevamo avuto assicurazioni che la società che acquistava la casa di cura avrebbe assunto tutti gli ex dipendenti, da mesi è stato aperto un centro anziani ma nessuno di noi lavora in questa struttura. Dopo l’udienza del 23 settembre scorso, rinviata al 26 febbraio 2016, abbiamo saputo che l’Immobiliare Villa Ortensia srl che ha comprato a suo tempo l’immobile della Casa di cura chirurgica Villa Ortensia srl (le due società peraltro sono composte dagli stessi soci) ha anche richiesto il pagamento dei canoni di affitto maturati prima e dopo la dichiarazione di fallimento, per una somma che coprirebbe tutto l’attivo fallimentare.

Siamo preoccupati poiché, qualora venisse riconosciuto questo credito, già una volta chiesto dall’immobiliare e non ammesso per motivi meramente formali non resterebbe alcuna somma per le mensilità non corrisposteci.

Inoltre i nostri ex datori di lavoro, per quelli di noi che avevano pignoramenti o cessioni di crediti per mutui o altro, hanno trattenuto il quinto dello stipendio in busta paga senza però versarlo ai creditori, non hanno pagato i contributi e forse non hanno versato i TFR al fondo INPS.

Chi spiegherà alla madre di famiglia, ex dipendente della casa di cura, che dopo aver aver perso il lavoro non ha più potuto far fronte alle spese mediche per curare il figlio gravemente malato che la speranza non la aiuterà ad ottenere ciò che le spetta e che con angoscia attende?

Chi pagherà le rate del mutuo di casa degli ex dipendenti rimasti senza lavoro e senza altri mezzi di sostentamento? Chi darà tutte queste risposte?

Questa nostra lettera vuole essere un grido disperato. Ogni giorno lottiamo per sopravvivere in questa situazione sentendoci soli e abbandonati da tutti.

E’ nostra intenzione organizzare una manifestazione pacifica davanti al Tribunale di Cosenza per far sentire la nostra voce e le nostre ragioni a chiunque voglia ascoltarci, ma soprattutto per smuovere le istituzioni dal torpore. I nostri diritti di cittadini e lavoratori non possono e non devono essere calpestati.

La salutiamo cordialmente con l’augurio che il nostro grido non rimanga inascoltato e che possa aiutarci a far conoscere la vicenda.