Villa Torano, il muro di gomma della massomafia “legalizzata”

“Anziani Spa”, l’inchiesta della giornalista cosentina Rosamaria Aquino trasmessa il 19 maggio scorso da Report ci restituisce l’immagine impietosa di un sistema di profitto che unisce tutta l’Italia e che ha seminato morte e panico senza che nessuno abbia mosso un solo dito per cercare di portare legalità.

E’ chiaro che a noi interessa la parte calabrese di tutto questo vergognoso intreccio di poteri forti e insuperabili e non c’è dubbio che la nostra terra sia stata “degnamente” rappresentata dalle vergognose connivenze della Regione Calabria e dal boss numero uno della sanità privata, Claudio Parente, originario di Rogliano ma ormai catanzarese a tutti gli effetti.

Il boss non ha bisogno di incazzarsi o di sostenere qualche tesi per giustificarsi. Lui può e basta, lui – semplicemente – se lo può permettere. Ce l’ha scritto in faccia che è il capo dei capi, anzi sulla sua “lista”. Claudio Parente, classe 1957, proviene dallo sport. Ha giocato col Catanzaro decadente degli anni Ottanta e con la Vigor Lamezia ma Madre Natura non è stata generosa con lui. Piedi poco educati e nessun talento, ma si vedeva già quando era ancora giovane – specie quando menava gli attaccanti che gli nascondevano la palla – che sapeva come farsi rispettare e che vedeva “lungo”. Parente, buzzurro nel Dna, è stato il primo in Calabria a capire che si potevano fare soldi a palate sulla pelle degli anziani. Villa Torano è stata la prima Rsa di una lunga serie: dodici in vent’anni, quasi una all’anno. Fattura milioni e milioni grazie alla Regione (destra e sinistra per lui e per tutti pari sono…) e grazie ai suoi circa mille dipendenti – tra diretti e indotto – ha creato i presupposti per diventare, nonostante ignoranza e sottocultura, un politico potentissimo, in grado di essere eletto per due volte al Consiglio Regionale, ovviamente nelle file del partito marchiato dalla mafia per eccellenza: Forza Italia. E che ve lo diciamo a fare?

Alle ultime Regionali non si è candidato, ha preferito fare il “regista” dietro le quinte ma non troppo, visto che non è mai mancato ad un solo meeting dei papponi di Forza Italia e visto che si è ritagliato il ruolo di coordinatore della lista civica Casa della Libertà (di delinquere) che ha portato migliaia e migliaia di voti sporchi alla Santelli.

Il virus gli ha giocato un brutto scherzo infettando la sua prima creatura di Villa Torano ma in tutta la Calabria, con decenza parlando, non c’è stato un solo media che l’ha trattato per come meritava. Grazie al cacchio… dispensa banner pubblicitari e video promozionali a tutti gli organi di informazione in cambio di “discrezione” perché Parente è uno che vede lungo e sa come vanno le cose: ci può essere sempre bisogno e lui è ricco sfondato, talmente sfondato che può permettersi di pagare il silenzio dei giornalisti calabresi. Il boss è il boss e non si può toccare. E anche se arriva la tivu di stato, capirai chissenefrega, lui si è già studiato (parola grossa se appioppata al buzzurro ma tant’e) il ritornello da ripetere come una cantilena. “Dovete farvene una ragione che c’è qualcuno che fa politica ed imprenditoria in maniera corretta…”. 

Una “correttezza” che gli uscirà da qualche orifizio (si faccia tradurre il termine, Parente, che per lei è troppo difficile) nascosto, considerato che la vede solo lui. Anzi, per dire la verità, la faccia come il posto dove non batte mai il sole ce la mette il suo storico socio Massimo Poggi detto Massimé, quello che non ha avuto vergogna a farsi riprendere da una telecamera mentre diceva “… Massimé, passamma da Seria A alla Rsa…”. Roba che Nicola Ceravolo, l’uomo che la Serie A in Calabria l’ha realizzata a costo di grandissimi sacrifici con il suo leggendario Catanzaro, si sta ancora rivoltando nella tomba. Per non parlare dei tifosi giallorossi, che ancora ricordano lui e il boss dichiarando loro “odio” (sportivo, per carità) eterno perché quella gloriosa società sono anche riusciti a farla fallire.

E che dire di quei poveracci dei vecchietti e dei dipendenti costretti a cantare e a danzare in quel cesso (ed è un gran complimento, credeteci) di Rsa mentre il virus dilagava in un video che ha indignato i calabresi, è diventato virale e che magari sarebbe stato il caso di far vedere anche al pubblico di Report?

Arroganti fino al punto di imporre alla Regione di lasciare tutti i pazienti e i dipendenti infettati in quel water di Rsa elevandola addirittura a Centro Covid per fargli guadagnare ancora più soldi e solo la reazione dei sindaci del comprensorio della Valle del Crati ha impedito una vergognosa transumanza di contagiati per come era previsto nel piano B del boss de noantri.

Quando Rosamaria chiude la sua inchiesta, la sensazione che si prova è quella di aver toccato con mano il muro di gomma della massomafia “legalizzata” calabrese: la politica corrotta, i boss travestiti da “imprenditori” che spadroneggiano con i milioni della sanità privata e riducono i politici a loro strumento per fare sempre più soldi, la magistratura che fa finta di indagare solo per insabbiare meglio e i media pagati per stare zitti. E d’altra parte, quando Rosamaria quasi urla per chiedere alla ormai defunta Santelli perché non abbia chiuso Villa Torano, la risposta è che l’allora commissario dell’Asp di Cosenza (Zuccatelli, che ormai conosce tutta l’Italia…) si è reso disponibile a non farla chiudere. E così si tocca con mano quello che i calabresi sanno da decenni: centrosinistra e centrodestra sono la stessa cosa. Zuccatelli, del resto, è quello stesso commissario che solo qualche giorno prima aveva prorogato il business della cooperativa di Tonino e Pino Gentile e aveva dato il via libera per un’altra gallina dalle uova d’oro a don Pierino Citrigno. I Cinghiali e lo strozzino, avrebbe detto o scritto Alessandro Bozzo… E il cerchio, magicamente, si chiude.