Cosenza, Cozzolino e gli spinelli: le convocazioni (illegali) in caserma violano i diritti del cittadino

Continuano senza sosta gli abusi perpetrati dalla procura cittadina nei confronti di ragazzi e ragazzini usi a fumare spinelli. Il solito pm Cozzolino, forte con i deboli e debole con i forti, continua le sue illegali convocazioni in caserma di cittadini, coinvolti, secondo il pm, in un giro di fumatori di spinelli.

Le domande sono sempre le stesse: dove compri il fumo, chi te lo ha venduto, come si chiama questo, e come si quello. Il tutto condito da abusi e prepotenze che un pm, proprio perché rappresenta la Legge, non dovrebbe commettere. E invece Cozzolino, noncurante della Legge e delle sentenze, ha deciso di delegare i carabinieri ad ascoltare i cittadini, sulla base di un invito generico che rasenta l’illegalità.

Già, perché l’invito a presentarsi in caserma è illegale, ma a Cozzolino di rispettare la Legge e le sentenze non gliene frega niente. Tanto ha i suoi santi in paradiso che lo proteggono, e può permettersi di fare tutto quello che gli pare. Anche se lo denunci al CSM, come più volte è successo, vedi la cena con l’imputato, la risposta è sempre la stessa: Cozzolino non si tocca. Anche se ha commesso reati. Del resto, grazie a Palamara, oggi sappiamo cos’è il CSM: l’unica funzione che svolge è quella di coprire le magagne dei magistrati. E Cozzolino è la prova provata di questo infame sistema.

L’invito a presentarsi consegnato dai carabinieri al cittadino, contiene una forte illegalità perché convoca la persona in caserma con un generico “Ragioni di Giustizia”, minacciando il povero malcapitato di ritorsioni, come l’accompagnamento coatto, o la denuncia per violazione dell’art.650 cp, qualora non dovesse presentarsi “all’appuntamento”. Cozzolino sa bene che esiste una sentenza della settima sezione penale della Cassazione 11730/18 che dice chiaramente che l’invito a presentarsi in caserma notificato al cittadino deve specificare i motivi della convocazione e non può essere un generico “ragioni di Giustizia”, ma per Cozzolino questa sentenza non ha valore, è lui la Legge in città. Una prepotenza che non è più accettabile. A sottolineare questo sono gli stessi giudici della Cassazione che accogliendo un ricorso spiegano bene come deve comportarsi il pubblico ufficiale in questa situazione.

Dicono i Giudici della Cassazione.

Deve infatti osservarsi sul punto che, se quella della notifica mediante consegna di copia è la procedura da seguire, affinché (come nel caso di specie) un provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza, già compiutamente formato in ogni sua parte e non implicante la presenza dell’interessato, sia portato a conoscenza della parte e possa essere produttivo di effetti giuridicamente rilevanti, la convocazione del soggetto da parte dell’autorità di pubblica sicurezza all’unico fine di renderlo edotto del contenuto dell’atto stesso  costituisce la manifestazione di un potere non attribuito dalla legge all’Autorità e, inoltre, rappresenta un’imposizione che esula dagli schemi procedimentali previsti dalla legge in tema di esecuzione di provvedimenti di polizia e si traduce in una non consentita compressione dei diritti del cittadino, non giustificabile con l’esigenza di rendere più agevole per gli organi di polizia l’adempimento dei loro compiti istituzionali (Sez. 1, n. 17920 del 03/03/2010, Di Mauro, Rv. 247044).

A sostegno del richiamato principio di diritto, la Corte rammenta che l’art. 650 cod. pen. è una norma penale in bianco a carattere sussidiario, applicabile solo quando il fatto non sia previsto come reato da una specifica disposizione ovvero allorché il provvedimento dell’autorità rimasto inosservato sia munito di un proprio, specifico meccanismo di tutela.

E se questa sentenza non dovesse essere chiara ne pubblichiamo un’latra, sempre della Cassazione, più precisa:

Art.650 cp. “Motivi di giustizia”

Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 giugno–10 novembre 2017, n. 51458

Concludono gli ermellini:

Al riguardo, è ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità di cui all’art. 650 cod. pen., il giudice è tenuto a verificare previamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato sotto i tre profili tradizionali della violazione di legge, dell’eccesso di potere e della incompetenza. Ne consegue che, ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno di tali profili, l’inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione, per la cui sussistenza è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia “legalmente dato” in relazione alle esigenze tipizzate dalla norma (sicurezza, ordine pubblico, igiene, giustizia). Al contempo, i motivi che hanno determinato il provvedimento devono essere formalizzati in esso e la loro assenza o carente indicazione non può desumersi da elementi extra-testuali, il cui accertamento e la cui verificabilità siano affidati alle attestazioni verbali dell’Autorità, anziché agli oggettivi requisiti formali e sostanziali dell’atto amministrativo, da cui unicamente dipendono la sua validità ed efficacia (ex plurimis: Sez. 1, n. 11448 del 7/02/2012, Albera, Rv. 252916; Sez. 1, n. 555 del 16/11/2010, dep. 2011, Filogamo, Rv. 249430).
3. Declinando questi principi nella fattispecie in esame, l’invito a comparire rivolto all’imputata, nei termini risultanti dalla sentenza, non è da ritenere legittimo, non potendo dirsi soddisfatta l’imprescindibile esigenza di un’informazione, sia pure sommaria, dell’interessata in ordine alle ragioni della convocazione dal ricorso ad una generica e indistinta locuzione, “per motivi di giustizia”, assolutamente inidonea a informare, sia pure sommariamente, il soggetto delle ragioni dell’ordine.
4. S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.      P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Nessuno vuole tirarsi indietro rispetto al dovere di presentarsi in caserma, ma che questo avvenga rispettando la Legge le sentenze e le persone. Basta abusi. La Legge anche a Cosenza è uguale per tutti.