Vallone di Rovito, tra leggende e realtà

A pochi passi da Cosenza, nella sua zona sud-est, si estende il piccolo paesino di Rovito; un luogo impervio, dalla vegetazione selvaggia e dalla fama piuttosto lugubre. Qui vi si trovano pochissime case, tutte nella parte più vicina a Cosenza vecchia.

Considerato come la zona più “infestata” della città, molte sono le leggende legate a questo posto e molti i fatti sanguinari avvenuti a cavallo del 1800 e del 1900 ad opera soprattutto dei cosiddetti Briganti.

Dalla metà dell’ottocento, il vallone di Rovito
divenne un luogo storico, tristemente famoso. Il monumento che lo caratterizza fu fatto costruire dalla città di Cosenza a memoria perenne, per le generazioni future, dell’avvenuto olocausto dei fratelli Attilio ed Emilio Bandiera e dei loro compagni.

“Il greto, quasi sempre a secco fra due colline a un trecento passi dal ponte e sormontato da un acquedotto. Di là dall’acquedotto il torrente sale, si restringe finché lontano lontano appare come una angusta fessura tra le montagne. Il luogo è quasi sempre deserto: inon­dato di sole è malinconico, ammantato di tenebre e sinistro. La notte quel greto che sale fra le colline sembra il lungo corri­doio nero di una casa fatta di tenebre. L’arco dell’acquedotto si delinea come l’arco di un palcoscenico. Di là da quell’arco si rappresentarono tragedie terribili, le quali ebbero per scenario gigantesco le montagne delta Sila”. ( Da Le Cento Città d’Italia del 31 maggio 1897)

Narrazioni e storie che avvolgono il Vallone di Rovito in quell’aura di mistero e di timore, degna di un film di fantasmi. Numerosi avvistamenti di strani esseri, fatti inquietanti e inspiegabili.

Si narra che esistesse una grande pietra nera nota come La Pietra Delle Fate (ora rimossa o mai esistita?) intorno alla quale, durante le notti di luna piena, danzavano, appunto le fate. Delle fate cattive, però, o comunque esseri malvagi, che uccidevano gli animali dei contadini che vi abitavano e che si lasciavano vedere solo da chi – secondo le dicerie – era destinato a morire nel giro di qualche giorno.

In molti ricordano l’esistenza di tale pietra, ma nessuno riesce a ricordare il posto preciso in cui si trovava, a causa dei profondi cambiamenti di natura morfologica del terreno.

Poi vi è la famosa chiesa dell’Achiropita, il nome si riferisce ad un quadro rappresentante la Madonna, che come vuole la leggenda non fu dipinto da mano umana, ma appunto, da un achiropita. Quell’immagine sacra alla quale la tradizione attribuisce un’origine miracolosa: non opera di un artista, ma “apparsa” da sola per intervento divino. La chiesetta pare avvolta da un alone misterioso.

Fino ad una decina di anni fa, nei primi di settembre quando si svolgeva la festa dell’achiropita, la chiesa, attirava fedeli e turisti, per ascoltare l’unica messa che vi veniva celebrata, una volta l’anno. Una festa tradizionale attesa con trepidazione dai propri residenti e non solo. Poi all’improvviso, il nulla.

Tutto è andato nel dimenticatoio totale. La chiesetta non fu più raggiungibile a causa di lavori in corso lungo la strada d’accesso. Ancora oggi, dopo anni e anni, la strada è impercorribile e di lavori non se ne sono mai visti.

Secondo gli amanti delle leggende, la causa sarebbe dovuta alla presenza di “Magare” o fattucchiere, streghe vere e proprie. Ma alcuni abitanti preoccupati, credono sia stata sede di fatti più gravi, come sette occulte e quindi una profanazione del luogo.

In realtà, ci hanno raccontato, la strada ha attirato delinquenti e drogati ed è diventata una sorta di deposito di auto rubate, ora rimosse; da qui la decisione di porvi una sbarra per delimitarne l’accesso.

Per quanto riguarda la nascita della chiesetta, viene descritta così:

“Nel posto dove sorse la chiesetta un venditore d’olio, sorpreso da un violento temporale, riuscì a salvarsi aggrappandosi ad un grosso masso che fuoriusciva dalla furia delle acque nel Vallone di Rovito. L’uomo si rivolse con fede alla Madonna Achiropita di Rossano per aver salva la vita. Per riconoscenza costruì poi con le sue mani un’edicola con l’Icona dell’Achiropita, sistemando in bella evidenza il masso, oggi ancora lì, che gli aveva permesso di salvarsi.” (Volume Storia dell’Icona dell’Achiropita nel Vallone di Rovito di Pietro Falbo)

Tra fantasie e realtà, quel che è certo è che il luogo è abbandonato da tempo, un patrimonio storico e artistico resta lì dimenticato senza alcuna spiegazione; una chiesa di enorme importanza e che dovrebbe essere utilizzata quotidianamente per celebrazioni, rimane invece “rinchiusa” tra l’erba alta della fitta vegetazione e le storielle che vi gravitano attorno; facendo accrescere l’alone di mistero che nel corso degli anni si è venuto a creare. Ogni tanto viene celebrata una messa, ma con pochissimi fedeli, dato che per raggiungerla bisogna percorrere a piedi lo schifo totale di una strada che non si può chiamare neanche strada.

Questa mattina abbiamo provato ad inoltrarci nel percorso, dato che fortunatamente, la sbarra di accesso era aperta, ma pochi metri più avanti, siamo stati bloccati da un camion che trasportava cavalli, che ha riposto di nuovo il lucchetto alla sbarra, dicendoci che non è accessibile in auto. Una strada pubblica in cui non è possibile transitare in auto, pochi hanno il permesso di accedervi, non si sa perché e per come. A piedi abbiamo preferito non proseguire, considerato il fango e la melma.

Così come la strada che porta alla chiesa, anche l’area intorno il monumento dei Fratelli Bandiera, viene lasciata nell’incuria, anziché incentivarne le potenzialità e la storia che hanno da offrire. Ma attualmente attraggono di più le leggende che la quotidianità effettiva.

Valentina Mollica