Amalia sempre più “Bruno Bossio”: la magia per Casa Alzal e la condanna dell’amichetto

Quello che in Calabria è difficile, diventa possibile in terra di Lamezia Terme, il comune e la roccaforte degli interessi di famiglia della candidata a presidente della Regione Calabria, Amalia Bruni, la Lady truffa della sanità calabrese. C’è per lei e per i suoi collaboratori banditi una specie di “immunità di gregge” rispetto alle regole ed al rispetto delle leggi, quelle alle quali sono chiamati tutti i calabresi.

Non parliamo di consapevolezze scientifiche, quelle che mancano nella genesi e nella storia di Lady truffa o se preferite Amalia Bruno Bossio, ma che sembrano non interessare nessuno, almeno nei palazzi di giustizia del territorio e nella sensibilità della Dda di Nicola Gratteri. Questo forse spiega il mancato controllo dagli organi deputati, come ad esempio il nucleo Nas dei carabinieri, sulle attività e sulla conformità di alcune strutture che fanno capo alla ARN Onlus, la cassaforte degli affari e delle truffe di Amalia Bruni e della sua famiglia.

La risposta manca inspiegabilmente in uno stato di diritto dove tutti dovremmo essere uguali davanti alla Legge, ma dove nei fatti esistono “categorie protette” da complicità diffuse fra i colletti bianchi, benedette dalle articolazioni inquinate della chiesa calabrese e colluse con la politica massomafiosa, così come è avvenuto con la candidatura della Lady truffa nel Pd-P2 a trazione cosentina, secondo la programmazione di Nicola Adamo, Capu i Liuni ed Enza Bruno Bossio, Madame Fifì specializzata in ruberie di denaro pubblico e grandi frodi imprenditoriali. Con la complicità di quell’inutile rottame che è diventato Carlo Tansi, oggi a tutti gli effetti “zombie” (morto che cammina) della malapolitica calabrese. Da 60mila voti è precipitato a… 17mila (dal 7 al 2%) mentre su Cosenza città da 3mila è passato a.. 128. Quanto basta per “seppellirlo”. 

Ma torniamo a Lady truffa, che è meglio. Non c’è nessun conflitto d’interessi su Amalia Bruni, il grano tossico di Calabria, perché ormai il fatto è talmente incrostato che ormai siamo nel campo del furto e della truffa, ovvero reati penali ed ancora prima morali per le tante morti che portano la sua firma, nel deserto della cura delle demenze e dell’Alzheimer.

Da tempo ci domandiamo e lo chiediamo pubblicamente quale è il criterio e tutto ci riporta al punto di partenza: l’esistenza di una lobby affaristica che si nasconde dietro il paravento vuoto del Centro Regionale di Neurogenetica e delle diverse galline dalle uova d’oro, che garantiscono introiti, posti di lavoro per gli amici degli amici e fondi illeciti nelle tasche di Amalia Bruni.

Il cuore della truffa è l’ARN onlus, l’Associazione Regionale di Neurogenetica che è partner, profumatamente pagata con i soldi dei contribuenti calabresi nella gestione del Centro Regionale di Neurogenetica, il ponte di comando e di drenaggio dei soldi pubblici saldamente nelle mani della famiglia Sonni-Bruni, i coniugi a tratti scientifici da sempre pedine politiche vicine al Pd-P2 secondo le convenienze dell’affare.

Non abbiamo bisogno di riavvolgere sempre il filmato per capire la verità, il film è sempre lo stesso e la cura della malattia di Alzheimer e delle demenze risulta subappaltato ad un credo mafioso dove il denaro detta i tempi e giustifica eventuali incidenti di percorso, quelle che in lingua italiana si chiamano morti sospette e dimenticate, che non fanno rumore perché generalmente incrociano gli anziani.

Carne da macello o cavie da laboratorio non si incrociano con alcun aspetto etico, perché dementi ed anziani sono il materiale sul quale si costruisce la truffa di Amalia Bruni in quel laboratorio “privato” che soddisfa le sue ipotesi di ricercatrice, e la signora dei vetrini riempie le tasche della sua banda. Celebrare è il metodo, imbrogliare e nascondere è il sistema.

Sul terreno dell’emancipazione e della conoscenza dell’Alzheimer e delle demenze non si può mancare di celebrare la “giornata” mondiale dell’Alzheimer e così ritorna in campo Casa Alzal, l’altra gallina ovaiola di ARN onlus, quel buco nero strutturale, procedurale dove la chiave di lettura si arena fra le complicità, i mancati controlli e la benevolenza del comune di Lamezia Terme che distribuisce risorse pubbliche su un qualcosa di cui non si conosce l’utilità ed i termini di legalità, sorvolando sul fatto di trasparenza.

«Siete tutti invitati a casa nostra! ARN gestisce Casa Alzal dal 2002. È un centro di aggregazione sociale per persone con disturbi cognitivi e demenze, che da sempre ha accolto gli ospiti in un clima professionale ma familiare, grazie alle splendide operatrici che ci lavorano. Casa Alzal è considerata il cuore della nostra associazione, e per questo, per la sua riapertura, abbiamo voluto organizzare una festa a cui invitiamo tutti, ma proprio tutti! Lunedì noi saremo presenti dalle 9:30 per dare la possibilità, a chi fosse interessato, di visitarla e di avere informazioni. Dalle 18 inizieremo a divertirci sul serio!!! Ci saranno tantissime sorprese, alcune ve le sveleremo in questi giorni, intanto segnate sull’agenda la data, la porta è spalancata!»

Questa è la pubblicità ed il lancio sui social secondo la logica del celebrare… Ma da qui ritornano le domande ed i dubbi di complicità e connivenza all’interno dell’Asp locale e delle strutture di controllo del Dipartimento alla Salute della regione Calabria, che nei fatti coprono l’ennesima truffa della banda di Amalia Bruni.

Il giorno 27 settembre 2021, data della ripresa delle attività di Casa Alzal, scopriamo che è diventata “un centro di aggregazione sociale per persone con disturbi cognitivi e demenze, quindi ha cambiato sembianze e non è più un centro diurno sottoposto a vincoli ed autorizzazioni, quelli che mancavano secondo la nostra ricostruzione già fatta, sempre nel silenzio complice di tutti e che nei fatti ha messo con il culo al vento la banda della truffa di Amalia Bruni.

Come abbiamo detto, a Lamezia Terme tutto si può fare e magicamente (non dimentichiamoci che il nomignolo della sua cara amica Enza Bruno Bossio è Madame Fifì ovvero una… maga!) Casa Alzal si trasforma da centro diurno in centro di aggregazione sociale per persone con disturbi cognitivi e demenze, un qualcosa che non esiste nelle linee guida previste dalla Regione Calabria.

Mentre nessuno controlla, Amalia Bruni e la sua banda continuano a truffare i cittadini e quanti credono nelle loro favole afflitti dal bisogno. Casa Alzal non risponde alle norme ed alle prescrizioni che sono attive per tutti gli altri operatori in Calabria, perché continua a galleggiare sulle complicità interne all’Asp di Catanzaro e gode della benevolenza che resiste nelle zone d’ombra della burocrazia regionale, continuando a speculare sulle demenze e generando un centro dove possono esserci, sempre secondo la normativa esistente, solo anziani autosufficienti. Cosa c’entra a questo punto la cura delle demenze e della malattia di Alzheimer se non per garantire ai truffatori, buoni ritorni finanziari e buone postazioni per le figlie degli amici?

La solita storia trita e ritrita che si alimenta con il sangue della malattia.

Il punto focale di tutto il discorso e peraltro l’architrave delle truffa di Amalia Bruni e dei suoi complici è il controllo. Quello che da sempre manca e che non restituisce contezza, in termini assoluti ed indiscutibili, del lavoro svolto e del ritorno concreto nel panorama sanitario regionale. Tutto è lasciato alla libera interpretazione, ad una narrazione unilaterale che parla di progressi nella ricerca e nella cura e che non è validato da dati concreti, così come avviene per tutti gli altri soggetti che operano nella sanità calabrese, siano essi convenzionati o meno. Non c’è uno straccio di prova, nessun dato che possa essere convalidato da un semplice Drg se parliamo di strutture ospedaliere pubbliche, così come viene definito il baraccone circense della truffa chiamato Centro Regionale di Neurogenetica, tutto resta nella fantasia e nei numeri lanciati a caso, anche in campagna elettorale, da Lady truffa, la scienziata della nicastrina Amalia Bruni.

Dall’altra parte c’è invece un fondo di dotazione previsto dalla legge regionale istitutiva del CRN, che viene messo a disposizione della cassaforte di famiglia della Bruni, l’ARN onlus la cui dotazione è oscillata negli anni a secondo delle convenienze e delle complicità politiche, ma come abbiamo già detto non risponde a dati scientifici inoppugnabili, salvo non ritenere tali le regalie e gli stipendi garantiti ai complici della truffa ed alla malattia delle demenze che da sempre resta il totem da esibire, facendo attenzione a non scoprire cosa si nasconde dietro il palcoscenico.

Maurizio Rocca

In altri tempi ed in altri luoghi si sarebbe parlato di danno erariale o meglio di appropriazione indebita di fondi pubblici, ma in Calabria negli ambiti protetti questo non emerge, fatto salvo l’incidente di percorso dell’operazione “Stop and go” che in queste ore ha condannato al risarcimento del danno in base ad una sentenza della Corte dei Conti, dipendenti e funzionari dell’Asp di Catanzaro per aver distratto fondi pubblici per circa 329 mila euro.

Come sempre, la stampa di regime è molto attenta ad affondare il pugnale, protegge e glissa su molte posizioni e sulla storia degli eventi, che hanno incrociato proprio il Centro Regionale di Neurogenetica identificato come capofila della sperimentazione a favore degli anziani per la realizzazione di una piattaforma informatica a base scientifica sulla cura delle demenze, per come viene oscurato che nella sentenza emessa c’è un altro amico della truffa di Amalia Bruni, l’attuale direttore del Distretto Sanitario di Catanzaro dell’Asp locale, il dott. Maurizio Rocca chiamato a restituire la somma indebitamente percepita pari a 12.997,16 euro. Storie di Calabria e di una sanità della “città che vorrei”, quello slancio di speranza miseramente fallito sull’ingordigia umana ammantata da una morale cristiana, bacata nel cuore così come è corrotta la sanità calabrese.